05 ottobre 2013

UMBERTO ECO: ELOGIO DEL CLASSICO




Umberto Eco, Elogio del classico

Chi ha fatto buoni studi, se non è capace di fare bene i mestieri esistenti, è più aperto ai mestieri di domani e forse in grado di idearne alcuni.
Certo ci vorrebbe un liceo più moderno di quello
ideato da Gentile. Si legge che diminuiscono sensibilmente le iscrizioni al liceo classico.
Quello che rende perplessi è
che la ragione addotta è che non
offre sbocchi professionali. Mi
pare che, se uno intende arrestarsi alla
maturità senza entrare all'università, il
classico offra le stesse possibilità di ogni
altro liceo. Se si cerca un lavoro immediato
dopo le medie superiori allora è meglio
un buon diploma di ragioniere o di geometra,
professioni di cui si ha sempre bisogno.
Se invece si pensa all'università, il
classico offre la possibilità di fare qualsiasi
facoltà, ingegneria compresa, e quindi il
problema non esiste, ovvero si sposta sugli
sbocchi professionali dopo l'università, ed
è certo che forse diventare dentista piuttosto
che professore di filosofia apre maggiori
possibilità di comperarsi una barca. Ma
so di gente laureata in lettere che ha fatto
grandi carriere, in banca e alle massime
magistrature dello Stato, si veda, tanto per
dirne una, Ciampi. Pertanto nasce il sospetto
che la differenza noi sia tra l'educazione
classica e quella no, bensì tra avere
la testa di Ciampi o quella di qualcun altro.
Ma non vorrei fare del razzismo.
 Ricordo che il vecchio Adriano Olivetti, quando
si stava non solo costruendo (ancora)
delle macchine da scrivere, ma già si lavorava
ai primi grandi computer, quelli che
occupavano uno stanzone e funzionavano
ancora a valvole e schede perforate, assumeva
certamente dei bravi ingegneri, altrimenti
i computer non li avrebbe mai costruiti,
ma non aveva esitazioni ad assumere
un laureato che avesse fatto una tesi
eccellente sui dialetti omerici. Lo mandava
a farsi pratica in fabbrica per sei mesi, lavorando
da operaio (ma più che altro per
fargli capire cos'era una industria) ma poi
lo metteva a lavorare ai grandi progetti, o
addirittura all'amministrazione. Ricordo
che aveva così formato un futuro grande
manager che aveva fatto una tesi su Hegel.
PERCHÉ OLIVETTI FACEVA COSÌ? Perché
aveva già capito che una buona educazione
(media e universitaria) non insegna
solo a fare quello che si sa già (e certamente
una scuola per elettricisti deve anzitutto
insegnare a riparare un impianto elettrico
così come si presenta oggi), ma a
essere abbastanza immaginativi per capire
dove va a parare il futuro (e il buon
elettricista dovrebbe avere abbastanza
flessibilità e fantasia per capire cosa potrebbe
accadere se domani l'illuminazione
e il riscaldamento non fossero più
prodotti dall'energia elettrica).
PREPARARSI AL DOMANI vuole dire
non solo capire come funziona oggi un
programma elettronico ma concepire
nuovi programmi. E accade che gli studi
classici (compreso sapere che cosa aveva
detto Omero, ma soprattutto la capacità
di lavorare filologicamente su un testo
omerico e avere fatto bene filosofia e un
poco di logica) sono quelli che ancora
possono preparare a concepire i mestieri
di domani.
Certamente vorrei un classico concepito
in modo più moderno di quello ideato
nel secolo scorso da Gentile (che poco
aveva compreso delle scienze), dove ci
fosse un poco più di matematica, e naturalmente
di lingue contemporanee oltre
al greco (e forse si potrebbe superare la
distinzione artificiosa tra classico e scientifico),
ma chi ha avuto una buona educazione
classica ha sempre trovato qualcosa
da fare, anche se non era quello che
tutti si aspettavano in quel momento.
Solo chi ha il respiro culturale che può
essere offerto da buoni studi classici è
aperto all'ideazione, all'intuizione di
come andranno le cose quando oggi non lo si sa ancora.
In altre parole, vorrei dire che chi ha
fatto buoni studi classici, se non è forse
capace di fare bene i mestieri esistenti, è
più aperto ai mestieri di domani e forse
capace di idearne alcuni.
Ma certamente è una sfida. Chi ha
paura del classico è meglio prenda
altre strade, perché la vita è crudele e
anche se non è politicamente corretto
dirlo -appartenere alle élites è rischioso
e faticoso. Si può avere una
vita felice a soddisfazioni anche estetiche
studiando ebanisteria, e guai se non ci fosse chi lo fa.

Da L’ESPRESSO,  La bustina di Minerva, 5 ottobre 2013

1 commento:

  1. Conosco da sempre la posizione di Eco e certo non fa una grinza, come barattare la formazione del pensiero con una qualunque abilità tecnica? Tuttavia credo che, in un contesto lavorativo e professionale ormai internazionale, sia necessario investire anche in abilità e competenze, non solo in capacità astrattive e critiche. A condizione che le prime seguano le seconde e da esse vengano guidate. Utopia della formazione? In questi anni di crisi forse sì, ma è l'unica direzione possibile in cui investire risorse, umane ed economiche. Da subito.

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