11 gennaio 2014

L'EDUCAZIONE MAIEUTICA SECONDO DANILO DOLCI





Dossier: Danilo Dolci e l’educarsi maieutico





La storia è di quelle esemplari: un giovane studente di architettura che, mosso da un’urgenza religiosa ed etica, abbandona gli studi per vivere la vita dei poveri di un villaggio minimo della Sicilia e lotta con loro per conquistare pane e dignità, combattendo senza violenza l’indifferenza, la mafia, la cattiva politica. Eppure questa storia esemplare è una storia quasi del tutto dimenticata. Mentre la Chiesa cattolica procede con le beatificazioni e santificazioni dei suoi uomini rappresentativi, la coscienza laica ha lasciato che alcuni dei nomi più nobili della storia recente di questo paese cadessero nell’oblio. Si tratta di uno spreco, per usare un temine centrale nell’analisi di Dolci della situazione di sottosviluppo civile e politico, prima che economico, del nostro paese. Uno spreco di esperienze, di sperimentazioni, di pratiche, di lotte, di passioni che vengono dall’Italia migliore, quella che ha tentato la via della democrazia autentica, dello sviluppo nonviolento, della partecipazione popolare alle decisioni politiche negli anni della complicità tra mafia e politica, delle stragi, della corruzione eretta a sistema. Danilo Dolci ha attraversato quasi cinquant’anni della nostra vita pubblica con il candore del suo maglione bianco, dei suoi pantaloni sdruciti, del suo linguaggio attento al significato di ogni parola, alla ricerca dell’esattezza, del comunicare che non inganna ma feconda.
Da alcuni segni pare che si possa parlare di una riscoperta di Dolci. Solo due esempi tra i più recenti: dall’11 al 15 maggio si è tenuto a Città della Pieve il Right Profit Guitar Festival 2011, dedicato quest’anno a Danilo Dolci, con proiezione del film Danilo Dolci: memoria e utopia di Alberto Castiglione e diverse iniziative con le scuole, mentre è di pochi giorni dopo un focus su Dolci all’interno della quarta edizione del Viva Festival di Macerata, con la presentazione del libro Danilo Dolci: una rivoluzione nonviolenta (Altreconomia) di Giuseppe Barone, laboratori maieutici con Barone ed Amico Dolci, figlio di Danilo, e le prove aperte dello spettacolo Io non so cominciare, un progetto del Teatro Rebis dedicato a Dolci. Molte altre iniziative, piccole ma significative, si potrebbero citare. Non mancano anche circoli di movimenti politici intitolati a Danilo Dolci: segno che una certa sinistra sta tornando a guardare con interesse alla sua figura.
Con il dossier che apre questo numero intendiamo dare il nostro contributo ad una riscoperta non più rimandabile. Il titolo, con il riferimento all’educarsi maieutico, fissa il punto centrale della complessa (e qua e là anche controversa) azione di Dolci. Educarsi vuol dire educare sé stessi insieme agli altri. L’educazione non è una cosa che alcuni fanno ad altri; gli uomini si educano gli uni con gli altri. In questo senso l’educare è reciprocamente maieutico. Ogni uomo è maieuta dell’altro, ognuno aiuta gli altri ed è aiutato dagli altri a cercare ciò che è essenziale per l’umanità. Il metodo della maieutica reciproca è l’eredità di Danilo Dolci. Esso è stato sperimentato nel campo dello sviluppo comunitario, dell’educazione degli adulti (ma meglio sarebbe dire: tra adulti), dell’educazione scolastica. Le sue potenzialità appaiono enormi a chi ha partecipato almeno una volta ad un laboratorio, per la sua capacità di provocare cambiamenti profondi, di stimolare la creatività, di aprire a nuove forme di socialità.
Il dossier si apre con un saggio di Domingo Paola, che presenta i temi fondamentali della pedagogia (parola che non amava) di Dolci, rilevando l’importanza dei temi del dominio e della nonviolenza. Seguono quattro testimonianze di persone che in modi diversi sono state vicine a Dolci: quella di Giuseppe Casarrubea, studioso appassionato e puntuale dei rapporti tra mafia e servizi segreti, che di Dolci è stato collaboratore, dando un suo contributo anche all’esperienza del centro educativo di Mirto; quella di Bruna Alasia, figlia di Franco, che di Dolci è stato il collaboratore più fidato e costante; quella di Benedetto Zenone, il cui intervento è particolarmente toccante per il racconto degli ultimi giorni di vita di Danilo; quella di don Giovanni Catti, che Dolci lo aveva incontrato negli anni Ottanta a Barbiana. Seguono una serie di studi che approfondiscono diversi aspetti dell’opera di Dolci. Giuseppe Barone, tra coloro che maggiormente si è adoperato per manterene viva la memoria di Dolci, si sofferma su Banditi a Partinico, una delle grandi inchieste sociologiche degli anni Cinquanta, di cui Bobbio segnalò tempestivamente lo straordinario valore civile; Antonio Vigilante tenta una lettura complessiva dell’azione di Dolci sotto il segno dello sviluppo comunitario; Stefano Raia ripercorre la travagliata vicenda del premio Lenin, che tante polemiche suscitò, provocando anche l’allontanamento di diversi amici e sostenitori; Vincenzo Schirripa, autore di una recente e puntualissima ricostruzione storica del lavoro di Dolci negli anni Cinquanta ‒ Borgo di Dio. La Sicilia di Danilo Dolci (1952-1956), FrancoAngeli ‒ ci guida nella scoperta del Dolci agitatore, quale emerge dai fascicoli del ministero dell’Interno; Serena Marroncini si sofferma sul tema della mediazione sociale, mentre Francesco Cappello, anch’egli collaboratore e amico di Dolci, si interroga sulla possibilità ed i modi per introdurre la mauieutica reciproca nella scuola pubblica; Giuseppe La Rocca presenta il Centro Studi ed Iniziative Europeo (CESIE) ed il Centro Danilo Dolci per lo sviluppo creativo, due associazioni che hanno raccolto in maniera diretta l’eredità di Dolci e ne portano avanti l’impegno per la diffusione della maieutica reciproca.
Abbiamo scelto di concludere il dossier riproponendo la Bozza di manifesto, un testo che Dolci ha rielaborato a più riprese ed offerto alla discussione, e che rappresenta un po’ il manifesto (inevitabilmente dialogico) della ricerca dei suoi ultimi anni. Lo abbiamo pubblicato nella medesima forma tipografica con la quale compare in Comunicare, legge della vita: ad ogni pagina di testo corrisponde a fronte una pagina vuota, in modo che il lettore possa scrivere i propri appunti e confrontarsi con il testo. Sarebbe bello se i lettori volessero mandarci i loro appunti: se giungessero in numero congruo potremmo pubblicarli nel prossimo numero come nuovi contributi alla Bozza di Dolci.
Come si vede, si tratta di un dossier corposo e, si spera, sufficientemente organico, che approfondisce diversi aspetti della ricca personalità di Dolci e della sua vasta eredità. In contemporanea con l’uscita di questo numero di Educazione Democratica pubblichiamo inoltre il volume di Michele Ragone Le parole di Danilo Dolci. Anatomia lessicale-concettuale, un dizionario concettuale utilissimo per un primo approccio alla figura di Dolci, ma importante anche per un esame più approfondito, per lo scandaglio attento dei testi. Il volume di Ragone dà avvio alla collana Biblioteca di Educazione Democratica, che affiancherà la rivista completandone l’offerta culturale. Come la rivista, i libri della collana saranno rilasciati con licenza Creative Commons.

Tratto da: http://educazionedemocratica.org/?p=683 

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