02 febbraio 2014

PASOLINI E LA CHIESA CATTOLICA




Questa mattina, nel preparare il mio intervento al dibattito che si terrà venerdì prossimo al Liceo Umberto di Palermo, sono rimasto sorpreso nel leggere su un sito cattolico un articolo di Roberto Carnero su Pier Paolo Pasolini che ripropongo di seguito:


Pasolini e la Chiesa
di ROBERTO CARNERO 
   
   Vita Pastorale n. 10 novembre 2010 - Home PageAl di là di una certa immagine vulgata, in realtà siamo di fronte a una figura di intellettuale per molti aspetti controverso ma, allo stesso tempo, molto vicino alla spiritualità cristiana. La sua critica nei confronti della Chiesa-istituzione.
  
La vita e le trasformazioni della Chiesa tra gli anni ’60 e ’70 – anni fecondi di grandi novità e radicali cambiamenti, nella delicata fase di attuazione del Concilio – hanno sollecitato una serrata riflessione anche in un intellettuale per molti aspetti controverso come Pier Paolo Pasolini (1922-1975). Un autore, al di là di una certa immagine vulgata, molto vicino alla spiritualità cristiana (si pensi anche solo a un capolavoro come il Vangelo secondo Matteo, 1964; in foto sotto: E. Irazoqui che interpreta Gesù), sebbene spesso critico nei confronti della Chiesa-istituzione.
Il cattolicesimo, del resto, è una delle componenti fondamentali di quell’identità italiana che Pasolini vede soggetta a un vorticoso mutamento, per lui in gran parte negativo. A interessarlo è la posizione della Chiesa sullo sfondo della società contemporanea. Se la religione cristiana è stata per secoli legata alla civiltà contadina, ora che quest’ultima è stata travolta dall’industrializzazione, qual è il ruolo della dimensione religiosa? C’è ancora spazio per la fede?
Pasolini ritiene che il nuovo Potere (con la maiuscola, come lo scrive sempre negli Scritti corsari), quello dei consumi di massa, non sappia più che farsene della religione. La omaggia formalmente (del resto a governare è ancora un partito di ispirazione cristiana, la Dc), ma di fatto essa gli è inutile. E la Chiesa come si comporta in questa mutata situazione? Ha capito di essere diventata qualcosa di superfluo, anzi di profondamente antitetico rispetto all’etica materialistica ed edonistica del consumismo?

E. Irazoqui che interpreta Gesù.


Il nuovo potere del consumismo
Pasolini rimprovera alla Chiesa cattolica proprio la mancanza di coraggio nel contrapporsi, nel prendere le distanze, nel resistere a questa nuova china su cui si è avviata la società italiana. È questo un punto su cui lo scrittore insiste a più riprese negli Scritti corsari, il volume uscito nel 1975, che raccoglie articoli scritti tra il ’73 e il ’75. Si legga quanto scrive nel capitolo "22 settembre 1974. Lo storico discorsetto di Castelgandolfo": «Paolo VI ha ammesso esplicitamente che la Chiesa è stata superata dal mondo; che il ruolo della Chiesa è divenuto di colpo incerto e superfluo; che il Potere reale non ha più bisogno della Chiesa, e l’abbandona quindi a sé stessa; che i problemi sociali vengono risolti all’interno di una società in cui la Chiesa non ha più prestigio; che non esiste più il problema dei "poveri", cioè il problema principe della Chiesa, ecc. ecc. Ho riassunto i concetti di Paolo VI con parole mie: cioè con parole che uso già da molto tempo per dire queste cose».
Quale, allora, la soluzione? Per Pasolini è chiara, seppure nella consapevolezza del suo azzardo utopico: «Per evitare una fine ingloriosa» la Chiesa «dovrebbe passare all’opposizione. E, per passare all’opposizione, dovrebbe prima di tutto negare sé stessa. Dovrebbe passare all’opposizione contro un potere che l’ha così cinicamente abbandonata, progettando, senza tante storie, di ridurla a puro folclore. Dovrebbe negare sé stessa, per riconquistare i fedeli (o coloro che hanno un "nuovo" bisogno di fede) che proprio per quello che essa è l’hanno abbandonata». Ciò significherebbe il definitivo distacco dal potere politico: «Riprendendo una lotta che è peraltro nelle sue tradizioni (la lotta del Papato contro l’Impero), ma non per la conquista del potere, la Chiesa potrebbe essere la guida, grandiosa ma non autoritaria, di tutti coloro che rifiutano il nuovo potere consumistico che è completamente irreligioso; totalitario; violento; falsamente tollerante, anzi, più repressivo che mai; corruttore; degradante. È questo rifiuto che potrebbe dunque simboleggiare la Chiesa: ritornando alle origini, cioè all’opposizione e alla rivolta. O fare questo o accettare un potere che non la vuole più: ossia suicidarsi».
Nella conclusione del capitolo successivo, "6 ottobre 1974. Nuove prospettive storiche: la Chiesa è inutile al potere", l’utopia pasoliniana si fa ancora più esplicita nella direzione di un pauperismo di sapore schiettamente evangelico: «E poi è proprio detto che la Chiesa debba coincidere col Vaticano? Se – facendo una donazione della grande scenografia (folcloristica) dell’attuale sede vaticana allo Stato italiano, e regalando il ciarpame (folcloristico) di stole e gabbane, di flabelli e sedie gestatorie agli operai di Cinecittà – il Papa andasse a sistemarsi in clergyman, coi suoi collaboratori, in qualche scantinato di Tormarancio o del Tuscolano, non lontano dalle catacombe di Santa Priscilla – la Chiesa cesserebbe forse di essere Chiesa?».

Il ruolo marginale della ChiesaPasolini pronuncia queste riflessioni di fronte al ruolo sempre più marginale della Chiesa a livello sociale. C’è un capitolo particolarmente indicativo, soprattutto se confrontiamo la scena con quanto accade oggi in circostanze simili. Venerdì santo 1974: Pasolini si trova per caso a passare di sera nei pressi del Colosseo e nota un gruppetto di persone, circondato – come scrive in "Marzo 1974. Altra previsione della vittoria al referendum" (si trattava del referendum, voluto da Dc e Msi, con l’esplicito sostegno della Chiesa cattolica, per abrogare la legge sul divorzio promulgata nel ’71) – «da un enorme "apparato" di polizia e vigili urbani che controllavano i passanti e facevano girare al largo le macchine». Lo scrittore inizialmente non capisce cosa stia succedendo: «Ho creduto in un primo momento che si trattasse del gesto di qualche disoccupato arrampicato in cima al Colosseo». Solo dopo un po’ comprende di cosa si tratta: la funzione religiosa della Via Crucis a cui doveva partecipare Paolo VI.
La descrizione di Pasolini è desolante: «C’erano quattro gatti; il traffico avrebbe potuto benissimo continuare regolarmente. Di questi quattro gatti la metà erano turisti e soldati in libera uscita (una dozzina); poi un po’ di vecchie, e un gruppo di quelle suore semi-laiche, seguaci di Charles De Foucauld, che osservano la regola del silenzio. Credo che non ci fosse nessun romano. Un insuccesso più completo era impossibile immaginarlo». Colpisce, leggendo questa cronaca d’autore, l’abissale distanza da quanto accade oggi (si pensi alle affollatissime Via Crucis al Colosseo di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, trasmesse dalla tv in mondovisione, o anche alle adunate oceaniche in piazza S. Pietro o alle masse di ragazzi alle Giornate mondiali della gioventù), tanto che sembra che la Chiesa cattolica abbia riguadagnato terreno, almeno a livello di visibilità mediatica. All’inizio degli anni Settanta, invece, la sua presenza nella società italiana appariva minoritaria.
Non a caso scrive Pasolini subito dopo: «La gente non sente non solo più il prestigio, ma neanche il valore della Chiesa. Ha inconsciamente abiurato da una delle sue più cieche abitudini. Per qualcosa di peggio della religione, indubbiamente». Alla fede in Dio e nella Chiesa è subentrato il nuovo credo consumistico, che per Pasolini è quanto di peggio potesse capitare al popolo italiano.
Roberto Carnero

Da: Vita Pastorale n.10 novembre 2010 

Nessun commento:

Posta un commento