07 marzo 2014

UCRAINA, CRIMEA E RUSSIA


     I giornali ogni giorno parlano a senso unico delle pesanti ingerenze russe sull'Ucraina. Non danno più notizie, invece, dell'ingerenza USA in Venezuela e nel resto dell'America latina.
     Oggi anche noi torniamo a parlare dell'Ucraina con un pezzo trovato in un sito che seguiamo da tempo con simpatia:

Ucraina, Crimea, Russia

7 marzo 2014
Pubblicato da   su http://www.nazioneindiana.com/
di Giovanni Catelli
porto di Sebastopoli
Dopo il cambio di potere avvenuto a Kiev, in seguito alla fuga del Presidente Viktor F. Janukovyč e al collasso del regime, la Russia ha immediatamente avviato le proprie contromisure per tenere stretta l’Ucraina nella propria sfera d’influenza. Il sostegno dato da Europa e Stati Uniti alla rivolta ucraina, e la connotazione nazionalista-ucrainofona dei rivoltosi, è stato particolarmente indigesto a Mosca, ed anche ai russofoni delle regioni orientali e meridionali dell’Ucraina stessa. A tutto ciò si è unita una propaganda spinta ai massimi livelli, in cui le tv russe e le tv ucraine di proprietà degli oligarchi fedeli al Presidente, mostravano come predominanti nella rivolta le fazioni di estrema destra, come Pravi Sektor, Svoboda e Spilna Sprava, quasi che la rivolta contro un regime di leggendaria corruzione, che soffocava ormai l’intera economia ucraina, fosse prerogativa di pochi facinorosi nazi-fascisti, odiatori dei russi e di chiunque parlasse la lingua russa. E’ chiaro che la ribellione contro uno stato di cose difficilmente tollerabile in un Paese moderno, con l’economia all’orlo del default, e le attività economiche private sempre più taglieggiate o direttamente espropriate dagli emissari del potere, per non parlare delle ricche percentuali sottratte sul valore dei beni importati o esportati, coinvolgeva fasce trasversali della popolazione ucraina, e politicamente in prima posizione il partito dell’ex premier Julija V. Tymošenko, prudentemente incarcerata del regime come esponente più in vista dell’opposizione. Da sempre il partito della Tymošenko riscuote i suoi consensi nella parte occidentale del Paese, quella ucrainofona, mentre Janukovyč raccoglie voti e consensi ad est e nel sud, fra i russofoni e tra coloro che si sentono più vicini alla Russia. Il Paese è effettivamente diviso in due parti, per tradizioni, lingua e mentalità, e, pur se le differenze non sono cospicue, vengono spesso esacerbate a fini di propaganda o convenienza politiche. Nel periodo della rivolta, la differenza di lingua è stata motivo di spaccatura, poiché si identificavano le forze favorevoli alla rivolta come antirusse e contrarie all’uso del russo. Errore madornale del nuovo potere appena insediato è stato quello di annunciare la soppressione del russo come seconda lingua ufficiale : la decisione ha davvero irritato coloro che abitualmente fanno uso del russo nella vita quotidiana, e automaticamente confermato anche nei dubbiosi quello che la propaganda filogovernativa e filorussa sosteneva da sempre, ovvero che gli ucrainofoni e i loro alleati fascistoidi stessero davvero prendendo il potere per favorire le regioni dell’ovest e quanti parlavano ucraino. Mosca ha colto questo segnale come la goccia che faceva traboccare il vaso : Vladimir V. Putin aveva dovuto attendere per intervenire, mordendo il freno, la conclusione dei Giochi Olimpici di Sochi, dopo i quali tutti gli osservatori avveduti attendevano il risveglio dell’Orso russo; puntualmente, e come da un copione a lungo preparato, i russi hanno mosso verso l’obiettivo più prezioso ed imprescindibile dell’Ucraina : la loro base di Sebastopoli, e l’intera Crimea che la ospita, territorio geopoliticamente fondamentale. Dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, la Russia doveva faticosamente trattare con l’Ucraina per rinnovare, ogni volta per qualche anno, la permanenza della base navale di Sebastopoli : ora appariva l’occasione di risolvere il problema una volta per tutte. Le condizioni per un intervento erano del tutto favorevoli : la maggioranza della popolazione, etnicamente russa e storicamente indifferente all’Ucraina, alla quale apparteneva per una superficiale decisione amministrativa di Nikita S. Chruščëv, si è sempre sentita vicina alla Russia; lo status di Repubblica autonoma della Crimea consentiva uno scarso dislocamento di truppe ucraine, mentre i russi disponevano di ingenti forze nella base di Sebastopoli e potevano rapidamente farne affluire altre senza rischi; il vuoto di potere effettivo a Kiev dopo la caduta di Janukovyč permetteva di operare con rapidità prendendo sul tempo le nuove autorità ucraine. In pochi giorni, mentre noti cronisti, abbagliati dal sole della Crimea, non si accorgevano del pericolo, e delle prime mosse di preparazione, la Russia, senza colpo ferire, ha trasportato più di seimila uomini in armi e si è impadronita della penisola. Con sublime ipocrisia sovietica, ha vestito i suoi soldati con uniformi anonime, e ancora ieri il ministro degli Esteri Lavrov osava sostenere di non riconoscere quei soldati, che certo sarebbero membri di milizie filorusse autoformatesi in loco. Un esercito fantasma ha dunque invaso la Crimea, per difendere la maggioranza russa dalle minacce di nessuno, poiché nessuno si era sognato di muovere dalla terraferma ucraina verso la penisola. La propaganda televisiva contro i “fascisti” che avevano preso il potere a Kiev era stata così forte e martellante che la popolazione si mostrava felice dell’arrivo dei soldati, giunti a salvarli dalla marmaglia fascista dell’ovest. Ora, le regioni russofone dell’est hanno subito lo stesso martellamento mediatico , e folle inferocite hanno assaltato i palazzi del potere in varie città, per rispondere alla presa del potere dei “nazionalisti” a Kiev. Ora il dilemma è se Putin, di fronte alla risposta dell’Europa e degli Usa di fronte alla violazione della sovranità ucraina, intenderà ugualmente attaccare l’Ucraina continentale per giungere ad impadronirsi delle regioni russofone, o se si accontenterà della Crimea e di Sebastopoli: con rapidità folgorante, il neo-eletto (dai russi) Presidente della Crimea Sergey Valeryevich Aksyonov, ha indetto e anticipato già due volte la data di un referendum per acquisire maggiore autonomia dall’Ucraina, mentre per la città di Sebastopoli, sede della flotta russa, si prepara un referendum speciale, per la diretta annessione alla Russia : ciò che veramente Putin vuole ed otterrà. Sul terreno, tutte le condizioni sono a suo favore, e nessuno può concretamente impedirgli di fare ciò che vuole. La Crimea è il suo obiettivo primario : poi si occuperà di ricondurre l’intera Ucraina sotto la sua tradizionale sfera d’influenza, secondo la Storia e all’ombra degli accordi di Yalta; qualora scorgesse il rischio di doverla condividere con l’Occidente, potrebbe decidere di smembrarla con la forza: ci riuscirebbe, ma in quel caso sarebbe difficile evitare un bagno di sangue. L’Occidente, assecondando e probabilmente aiutando i rivoltosi di Kiev a far cadere il regime, ha posto le mani su un Paese considerato intoccabile da Putin nel suo progetto di sostanziale ricostituzione dello spazio sovietico : è dunque comprensibile la sua reazione, forse trascurata e sottovalutata in occidente. Anche a livello mediatico, oltre che politico, si avverte una sostanziale scarsa conoscenza della mentalità e dei metodi in vigore in questa parte del mondo, che ancora non si discostano affatto da quelli consolidati e sperimentati della guerra fredda. Ora sarà il caso di rendersi conto che sul terreno Putin dispone di forze tali da poter imporre le sue decisioni, anche a costo di una guerra : sarebbe inoltre bene ricordare che da queste parti la sola e vera ragione, come il solo e vero diritto, sono costituiti dalla forza.

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