13 ottobre 2014

UNA NUOVA STORIA DEL MONACHESIMO



«Storia del monachesimo medievale» di Anna Rapetti per Il Mulino. Dai primi eremiti alla ricerca medievale di una «autentica» spiritualità

Marina Montesano

I monaci della vita in comune


Nel mondo tar­doan­tico, la reli­gione cri­stiana si era svi­lup­pata nella con­ti­nua dia­let­tica fra due aspi­ra­zioni: da una parte quella alla fuga dal mondo per rifu­giarsi nel pen­siero d’una parola divina che inse­gnava a disprez­zare i beni ter­reni e soprat­tutto il potere e la ric­chezza; dall’altra quella all’amore del pros­simo, alla carità, che invece indu­ceva a impe­gnarsi nella vita di quag­giù. Espres­sione di que­sto impe­gno, nei primi secoli, erano stati i mar­tiri, i quali ave­vano offerto la loro vita per essere i testi­moni del Cri­sto e quindi sal­vare la vita eterna dei fra­telli.

Espres­sione dell’istanza di nega­zione della vita ter­rena furono invece i cosid­detti «monaci» i quali, in forme dif­fe­renti, accet­ta­rono di vol­ger le spalle alle lusin­ghe e ai pia­ceri del mondo – fu que­sto il loro cosid­detto «mar­ti­rio incruento» – per darsi alla con­tem­pla­zione. Monaco è parola deri­vante dal grecomonos, «solo», cioè «soli­ta­rio». Il feno­meno della ricerca della soli­tu­dine non è nuovo nella sto­ria di parec­chie comu­nità reli­giose o sette filo­so­fi­che: indui­smo e bud­d­hi­smo hanno, ad esem­pio, entrambi una lunga e illu­stre tra­di­zione mona­stica.



Anna Rapetti, nel suo Sto­ria del mona­che­simo medie­vale, rico­strui­sce l’affascinante e com­plessa sto­ria di que­sto feno­meno in volume agile e allo stesso tempo arti­co­lato. All’origine, il mona­che­simo è venuto dall’Oriente. Esso si è svi­lup­pato anzi­tutto nell’Egitto del III secolo, dal quale si dif­fuse in Siria e in Pale­stina: si trat­tava di mona­che­simo «ana­co­re­tico», cioè ere­mi­tico, fatto di indi­vi­dui iso­lati che vive­vano nel deserto dan­dosi alla pre­ghiera, al digiuno e a pra­ti­che asce­ti­che talora in appa­renza strane. Alcuni ana­co­reti non abban­do­na­vano del tutto le città, ma tro­va­vano il modo d’isolarsi comun­que dal con­sor­zio sociale: famoso il caso degli sti­liti, che pas­sa­vano l’esistenza appol­la­iati su alte colonne.

La Chiesa non vedeva tut­ta­via di buon occhio que­ste espe­rienze, che ina­spri­vano i rap­porti fra cri­stia­ne­simo e società e davano spesso luogo a incon­trol­la­bili devia­zioni dot­tri­nali o a stra­va­ganze com­por­ta­men­tali. Essa favorì per con­tro il mona­che­simo sotto la forma detta «ceno­bi­tica», cioè comu­ni­ta­ria, il primo grande nodello della quale si può con­si­de­rare quello di san Paco­mio (292–346), che rac­colse nel deserto della Tebaide (Alto Egitto) una comu­nità di disce­poli dei quali orga­nizzò la vita in comune attra­verso una regola che ne sta­bi­liva le norme di com­por­ta­mento tanto per la vita spi­ri­tuale quanto per le atti­vità mate­riali e pra­ti­che. Un altro impor­tante cen­tro mona­stico fu quello orga­niz­zato da san Basi­lio il Grande (330ca.-370) in Cap­pa­do­cia, nel cen­tro della peni­sola ana­to­lica.

Ma al cen­tro della Sto­ria del mona­che­simo medie­vale vi è soprat­tutto lo svi­luppo occi­den­tale del movi­mento. Il carat­tere pra­tico, prag­ma­tico, dell’esperienza ceno­bi­tica fu accolto in Occi­dente con mag­gior favore che non la ten­sione mistica sot­tesa all’anacoretismo. La società euro­pea, spe­cie dopo la rovina dell’impero, era scon­volta dalle incur­sioni bar­ba­ri­che, minac­ciata dalla guerra, atta­na­gliata dalle crisi eco­no­mi­che; le città non erano più sicure, e anche nelle cam­pa­gne si ten­deva a vivere sem­pre più arroc­cati nelle vil­lae, in fortezze-fattorie. V’era biso­gno di rior­ga­niz­zare non solo i ritmi dell’esistenza, ma anche la pro­du­zione. A tutto que­sto avrebbe prov­ve­duto il mona­che­simo bene­det­tino, dive­nuto cen­trale nell’Europa caro­lin­gia. 






Anna Rapetti pre­sta altret­tanta atten­zione, però, agli svi­luppi dei secoli cen­trali e tardi del medioevo, quando l’esperienza mona­stica divenne pro­ta­go­ni­sta (gra­zie a Cluny e agli altri movi­menti rifor­mati pure usciti dal ramo bene­det­tino) del rin­no­va­mento del papato. In quest’epoca il cat­to­li­ce­simo s’incontrava e spesso si scon­trava con le istanze di par­te­ci­pa­zione alla vita reli­giosa che il mondo laico comin­ciava ad espri­mere in una plu­ra­lità di forme. Dinanzi al dis­senso, anche il mona­che­simo dovette mutare, e pro­fon­da­mente: un muta­mento espresso dagli Ordini men­di­canti, fran­ce­scani e dome­ni­cani, che spo­sta­rono con suc­cesso la loro azione dalle cam­pa­gne alle città in fibril­la­zione.

Il volume riserva il giu­sto spa­zio ai movi­menti fem­mi­nili, pure impor­tanti, e ad alcuni indi­vi­dui di spicco: da Abe­lardo ed Eloisa alla grande badessa tede­sca Ilde­garda di Bin­gen. Con­clu­dendo con una rifles­sione sulle sorti del mona­che­simo nell’autunno del medioevo, quando nuove forme di reli­gio­sità si faranno strada nella società europea.



Il Manifesto – 20 agosto 2014
Anna Rapetti
Storia del monachesimo medievale
il Mulino, 2014
22 euro

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