04 dicembre 2015

LEGGERE FATEMA MERNISSI PER CAPIRE MEGLIO IL MONDO ARABO



Francesca Caferri
Addio a Fatema Mernissi voce delle donne arabe


Se n'è andata quando avremmo avuto più bisogno della sua voce, Fatema Mernissi. A 75 anni la scrittrice e sociologa marocchina è morta ieri mattina nella sua casa di Rabat. Una casa piena di colori, idee, luce, libri e confusione che rispecchiava in pieno l'animo della sua padrona: vulcanica, esplosiva, iperattiva ma mai confusa.

Con Mernissi il mondo arabo perde una delle sue voci più importanti, una pioniera, una stella: colei che per prima, in tempi non sospetti e sulla base di severi studi coranici, aveva smontato punto per punto le argomentazioni degli ultraconservatori raccontando il ruolo fondamentale che avevano le donne nella società nuova immaginata da Maometto ( Le donne del Profeta) o spiegando perché l'idea che Islam e democrazia siano incompatibili fosse sbagliata ( Islam e democrazia).

A sfatare il mito che questi siano argomenti marginali, ogni libro di Mernissi arrivava sugli scaffali come un ciclone, accolto da un successo di pubblico che a lungo non ha avuto paragoni fra gli autori di questa sua parte di mondo. Ogni suo incontro era salutato dal tutto esaurito: qualche anno fa, quando a Mantova gli organizzatori del Festivaletteratura ebbero l'idea di mettere a disposizione gli audio degli interventi degli scrittori nelle precedenti edizioni del festival, quello della Mernissi era fra i più gettonati.

Fatema Mernissi era una grande affabulatrice, ma questo non le impediva di guardare la realtà con uno sguardo lucido e ficcante: negli anni '90 era stata fra le prime a pronosticare quello che l'arrivo delle televisioni satellitari avrebbe significato per il mondo arabo, fino ad allora abituato solo all'informazione di Stato. Quando il nuovo secolo arrivò, fu la prima in assoluto a intuire la potenzialità di Internet nella regione: «È una rivoluzione: il monopolio della conoscenza è rotto, i giovani non resteranno immobili a lungo», scrisse in Karawan e poi disse a Repubblica nel 2007. Si entusiasmò per le Primavere arabe e non si fece rattristare quando iniziò a soffiare il vento d'autunno: «Il meccanismo è partito e non si fermerà: è la fine dei vecchi equilibri».

Solo il trionfo della violenza estremista la deprimeva: la considerava un abominio, sosteneva di aver contestato tutto prima ancora che venisse detto, che bastava prendere una pagina qualunque dei suoi libri per capire come tutto fosse falso e sbagliato.

Parlava dall'alto di chi aveva fatto un percorso lunghissimo: era nata nel 1940 in un harem di Fez. Come tutte le ragazze di quell'era non poteva uscire di casa: le pareti del grande palazzo di famiglia le erano strette, si rifugiava in terrazza in cerca di libertà: «Devi solo concentrarti, c'è sempre un pezzetto di cielo verso cui alzare la testa» le diceva la sua compagna di fughe, Mina, una ex schiava. Fatema la prese in parola: si dimostrò talmente brava da costringere la famiglia a ritirarla dalla scuola coranica e a lasciarle frequentare le prime scuole pubbliche del Marocco post- coloniale, e poi l'università.

Di lì spiccò il volo: Parigi, l'Onu, gli Stati Uniti. Successo dopo successo, libro dopo libro, progetto dopo progetto, per esaudire una promessa fatta alla madre: «Cambierai il mondo, vero Fatema? Costruirai un pianeta senza pareti e senza frontiere. Dirai a tutti che Allah ci ha fatto uguali, uomini e donne».

Il mondo, Fatema Mernissi lo ha cambiato: facendo scoprire a migliaia di persone di cosa si parlasse quando si parlava di Islam, di donne, di velo, di democrazia. Entusiasta, mai banale, mai arrendevole, sempre pronta ad ascoltare: la sua voce ci mancherà.

La repubblica – 1 dicembre 2015

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