03 maggio 2018

K. KRAUS SPIEGA COSA DAVVERO SIGNIFICHI ESSERE COLTI



Che la cultura sia la quintessenza di tutto ciò che si è dimenticato è una nozione giusta. Oltrepassato quel punto, la cultura è una malattia e un peso per chi sta intorno alla persona colta. Una riforma liceale che si adopera per abolire l’insegnamento delle lingue morte sulla base che esse non sarebbero utili per la vita è ridicola. Proprio se fossero utili per la vita bisognerebbe abolirle. Perché certamente non servono a farci trovare la strada in mezzo ai monumenti di Roma o di Atene. Ma esse seminano in noi la capacità di immaginarci quei monumenti. La scuola non serve ad accumulare un sapere pratico. Ma la matematica pulisce i binari cerebrali, e anche se si deve sgobbare per ricordarsi delle date che poi, appena usciti dalla scuola, si dimenticano subito, la cosa non fa male. Sbagliato è soltanto l’insegnamento del tedesco. Ma in compenso si impara la lingua attraverso il latino, che ha anche questo merito speciale. Chi fa dei bei temi diventa un commesso tedesco. Chi li fa male, e in compenso va bene in latino, forse potrà diventare uno scrittore tedesco. Ciò che la scuola può fare è produrre quella vaga bruma delle cose vive da cui poi sguscia fuori un individuo. Se, dopo tanti anni, uno sa ancora da quale dramma classico e da quale atto è presa una certa citazione, la scuola ha fallito. Ma se uno ha idea di dove potrebbe stare quella citazione, allora è una persona veramente colta e la scuola ha raggiunto appieno il suo scopo.
Una vasta cultura è una farmacia ben fornita: ma non c’è modo di avere la sicurezza che non ci venga porto del cianuro per curare un raffreddore.
La cultura gli sta appeso addosso come a un manichino. Studiosi di quel genere sono, nel caso migliore, delle modelle alla sfilata del progresso.
Il valore della cultura si rivela nel modo più chiaro quando una persona colta prende la parola a proposito di un problema che sta fuori dall’ambito della sua cultura.

KARL KRAUS, Detti e contraddetti

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