“I codici dell'amore cambiano, più rapidamente ancora che non quelli del linguaggio e della dignità di essere uomo. Ciò che invece resta immodificato è la paura della conoscenza amorosa, la paura di vivere, il terrore profondo, imbecille, dell'eros, che spinge alla mortificazione. Nel 1948, dei comunisti hanno ritenuto giusto di cacciarmi dal partito; ho dovuto lasciare tutto quello che amavo, la morte dell'anima. Sono stati gli stessi, dopo, ad aver parlato sull'Unità' di "Ragazzi di vita" in termini che avevano ben poco da invidiare agli insulti della stampa di destra tipo "Il Borghese", per esempio.
Da Giancarlo Vigorelli a Giovanni Berlinguer, dall'"Unità" a "Rinascita", non fu soltanto il realismo (falso o equivoco, naturalmente) ad essere preso come bersaglio, ma fu il mio cosiddetto "disprezzo e disamore" per gli uomini, il mio gusto morbido per la sporcizia. Ora mi piacerebbe chiedere a qualcuno di essi, che oggi di nuovo mi riconoscono non tanto lontano da loro nel mio rifiuto critico della società borghese, della società consumistica italiana e della sua classe politica corrotta, mi piacerebbe chiedere loro se era veramente allora solo una questione di realismo.
Vorrei che mi spiegassero perché, in trent'anni che scrivo nell'ambito della letteratura, e di questa stampa, praticamente nessuno si è avveduto di quanto fosse contraddittorio sostenere che tutto ciò che creavo (i miei personaggi e la loro cornice) fosse contemporaneamente il frutto di un'immaginazione astratta, irrealistica, e quello di un'esperienza abietta e obbrobriosa.
Come mai non hanno capito che il diritto dello scrittore a dire tutto presuppone il dovere di inventare tutto, in altre parole di cogliere la verità, tutte le verità, senza per questo compromettersi nell'esperienza dell'abiezione.”
Pier Paolo #Pasolini
"Il sogno del centauro. Incontro con Pier Paolo Pasolini" (1982) pp.154-57
Pezzo ripreso da CITTAPASOLINI
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