Quello che nessuno e nessuna dice sulle migrazioni
Stupisce che il fior fiore della stampa e della comunicazione italiana, utilizzata a titoloni su ogni massmedia possibile, non si documenti e non aggiunga al dibattito sempre in voga, puramente politico e piuttosto verso il basso di vendette meschine con la storia e verso la povera umanità proveniente da zone terze in cui nessun europeo o europea vivrebbe, niente che faccia chiarezza su cosa avviene. Non è difficile dimostrare che il problema italiano ed europeo è la pancia della paura, creata ad arte in decine di anni, in Italia almeno 25/30 anni, di allarmi basati solo sul terrore del “diverso”.
I dati aiutano a fare chiarezza, peccato che nessuno li citi, li controlli, perlomeno li guardi: l’UNHCR, acronimo di United Nation High Commissioner for Refugees e in Italiano Alto Commissariato per delle Nazioni Unite per i Rifugiati (espressi solo al maschile nella nostra lingua), cita ogni anno, anche ogni tre mesi, aggiornamenti dei dati mondiali sulla situazione delle persone che scappano dalle guerre, oltre a porre sotto l’attenzione generale il fatto che le guerre sono parecchie, purtroppo non solo quelle in cui siamo direttamente coinvolti noi. Nel mondo, e parliamo dei dati del 2024, sono 122.6 milioni le persone costrette a scappare, di cui 37,9 milioni quelle che hanno effettivamente ottenuto una Protezione Internazionale, basta controllare sul sito, purtroppo per qualcuno o qualcuna in inglese, https://www.unhcr.org/refugee-statistics.
Poi, si sa, alla fine siamo coinvolti, come nazione e come Unione Europea, un po’ in tutte le guerre, queste armi con cui si combatte in Sudan o in Siria qualcuno le venderà, le trasporterà da una fabbrica a un porto sul territorio in cui si affronta militarmente. A quanto pare, la completa indifferenza verso l’ONU ci porta a non considerare neanche le statistiche che fornisce, forse per indifferenza questi numeri neanche sono disconfermati, che però sono chiari e ribaltano in modo convinto l’ottica con cui guardiamo ai fenomeni migratori di massa su tutto il pianeta.
Nessuno cita le statistiche mondiali, però chiunque parla di questo grande movimento mondiale, a cui appartiene tutta l’umanità da millenni in cammino, in senso reale e figurato, verso altri territori in cui sperare e rinascere. Nessuno racconta della propria famiglia, perché in Italia quasi ogni persona può citare un nonno o una nonna, una prozia, un parente che ha dovuto lasciare la sua terra per andare ad ingoiare l’orgoglio e l’amor proprio rispetto ad altri razzisti. Non sono passati più di 50 anni da quando nei negozi del nord Europa esponevano cartelli che vietavano agli emigrati italiani anche solo di prendere un caffè; non sono passati più di 35 anni da quando la Lega, allora anche Nord, emerse contro il Sud pigro, ladro, ruffiano, mafioso, e tutte le possibili offese che il mondo aveva sempre rivolto al Nord ed al Sud italiani quando varcavano, spesso anche in modo illegale, le frontiere nazionali.
Si parla solo di clandestini che sbarcano, nascondendo al dibattito pubblico il fatto che la Costituzione garantisce l’Asilo Politico (purtroppo solo attraverso questa Carta, nessuna legge all’orizzonte da decenni), aiuto espresso chiaramente con l’Articolo 10, ma un po’ tutti i Diritti Fondamentali costituzionali ci impongono un’attenzione a chi è veramente molto meno fortunato di noi, e spesso anche a causa nostra. Chi viene citato come clandestino, in realtà è una persona, uomo e donna oltre che spesso anche minore (il 40% a livello mondiale hanno meno di 18 anni), che fugge da guerre interne ed esterne, da persecuzioni personali e collettive, violenze e povertà spesso preparate su tavoli tra governi corrotti e grandi potenze, o direttamente con grandi multinazionali, che poi sono le potenze più potenti che ci sono. Quello che indigna, oltre che preoccupa e lascia piuttosto allucinati, è che nessuno delle strutture che potrebbero veramente informare, usa i dati UNHCR su queste grandi migrazioni di “clandestini”.
Basta leggere sul sito https://www.unhcr.org/it/risorse/statistiche/, peraltro anche in italiano e quindi non necessari di traduzione perché già stata fatta, per scoprire, purtroppo per molti inaspettatamente, che non è la ricca Europa il principale obiettivo del viaggio dei migranti. Insomma, non vengono con i taxi del mare (come indegnamente riferì un esponente di una forza politica così detta di sinistra), questi poveracci e poveracce provenienti da paesi dove non è possibile vivere, ma spesso si incamminano a piedi nei primi luoghi possibili dove provare a non rischiare la vita. Sono i paesi confinanti agli stati in guerra che ospitano questa moltitudine di persone, ovvero ben il 73%: vale a dire, che dalla Siria si scappa appena si può verso la Turchia, dalla Somalia si corre verso il Kenia, dal Venezuela si preferisce rischiare in Colombia. Considerando l’antica definizione di paesi in via di sviluppo, ed ancora vera, così come fa l’Agenzia ONU, il dato aumenta ed addirittura l’86% di questi luoghi dà rifugio a chi scappa, clandestino anche lì? I paesi poveri del mondo assicurano la protezione, almeno formale, al 27% di questa popolazione deplazada, come fa giustamente capire la lingua spagnola, traducibile con spostato (forzatamente), costretto a muoversi dal suo posto. Rimangono fuori da questi numeri meno di 14 milioni di persone, che vanno verso i paesi più ricchi.
Per conoscere di più, basterebbe che la stampa direi piuttosto embedded controllasse i dati forniti dall’Unione Europea, sul sito sempre in italiano https://www.europarl.europa.eu/topics/it/article/20170629STO78630/statistiche-su-asilo-e-immigrazione, e scoprirebbe che nel 2022 l’aumento considerevole delle richieste di Asilo Politico è in Irlanda (+421,8%), in Croazia (+367,9%) e in Austria (+181,4%) e non in Italia. A scansare qualsiasi obiezione, i dati ufficiali riportano che il paese che fa più accoglienza è la Germania, che assolve il 24,7% delle richieste di Protezione internazionale; in Italia, sempre nel 2022, le richieste di Asilo sono 84.290, rispetto alle 243.835 totali ricevute dalla Germania. Il primato che abbiamo, e che condividiamo con Grecia e Malta, è quello della responsabilità del maggior numero di morti comunitario, grazie al mancato aiuto su quella che il sito ufficiale UE definisce “ la più letale tra tutte le tratte di migrazione verso l’Europa”: nel 2024, almeno fino ad ora, le persone affogate (morte o scomparse, per la precisione) nel Mediterraneo centrale sono 1.262, sul totale di 2.483 persone scomparse o decedute per entrare nella Fortezza Europa. Gli altri, muoiono a piedi sulle frontiere dell’Est europeo, oppure negli altri mari, ma i più bravi a far morire le persone che scappano siamo noi in Italia. E tanti morti non rientrano nelle statistiche ufficiali.
Insomma, tranne qualche voce isolata e spesso tacitata, i numeri fornirebbero ai mass media la possibilità di fare una seria informazione e, perché no, anche una robusta controinformazione, un vero contributo al servizio pubblico, che la comunicazione deve alla cittadinanza. Ma in Italia no, la comunicazione deve contribuire al tema di pancia dell’odio verso il diverso, vero e puro razzismo, che un po’ tutte le compagini governative e politiche fanno da anni in Italia, un soffiare sul fuoco e sul fascismo mai abbandonato della politica nazionale. Basterebbe che qualche redattore, qualche voce di grido della televisione e di internet leggesse per qualche ora qualche statistica ufficiale, versione ufficiale mai contestata dai nostri governi, per rendere informata l’opinione pubblica italiana di quanto la migrazione non è per niente un’invasione.
Poi ci sono i problemi del permesso di soggiorno da rinnovare ogni due anni se sei un migrante economico, la cattiveria istituzionale attraverso cui è veramente difficile avere la cittadinanza italiana anche se sei nato o nata qui: ormai parliamo anche di terze generazioni anche per quelle migrazioni più recenti, non parliamo delle antiche comunità migratorie in Italia come quelle dell’Etiopia e dell’Eritrea, o dalla Tunisia o la Cina. Poi c’è il problema dei flussi migratori, per cui è praticamente impossibile arrivare in Europa senza rischiare la vita nel mare Nostrum, in cui ci bagniamo appena possibile l’estate. Tutti a farsi riprendere mentre compilano la scaletta della clandestinità, a commentare senza sosta l’orgoglio puro italico di quanto siamo poveretti noi rispetto all’Europa cattiva che non ci aiuta con i clandestini, e neanche ci fa applicare le nostre creative proposte di lager, complice la magistratura di sinistra che non sa leggere bene le direttive in francese.
Basterebbe poco per tornare a parlare dei problemi veri dell’Italia, di cui nessun organo di informazione intende cimentarsi più di tanto, quasi nessuna grande testata fa inchieste continue sul debito pubblico, sul lavoro, sulla sanità: tutti temi accennati spesso, ma mai realmente approfonditi. Come le migrazioni, appunto, problema creato ad arte per mantenere la mente occupata e non pensare ai drammi reali che si nascondono dietro la ricerca dello scontro etnico, religioso, di classe e patriarcale. Non si approfondiscono le morti sul lavoro, vera piaga a cui si dedicano titoli quotidiani; non si parla bene della vendita delle armi a paesi in guerra, così è verso Israele, e non solo lì. Non si parla mai dei veri problemi, mai fino in fondo.
Poi, capita che su un autobus della capitale romana, neanche troppo in periferia, due donne migranti, una dell’Est e una dall’Africa, parlino in perfetto italiano di come stanno, dei problemi dell’affitto, di un trasloco verso un’altra periferia dove la vita è meno cara e più sostenibile. Problemi romani, problemi italiani, da qualsiasi parte del mondo si venga.
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