05 novembre 2014

L'ART. 18 NON E' UN TOTEM IDEOLOGICO MA UN DIRITTO COSTITUZIONALE E UNA TUTELA CONCRETA

Roma, 23 marzo 2002

Roma, 25 ottobre 2014





        Ho ritrovato questa mattina un mio breve  articolo pubblicato su L'UNITA' dodici anni fa, nella rubrica delle Lettere,  all'indomani della grande manifestazione della CGIL tenutasi al Circo Massimo di  Roma per difendere la Costituzione e l'art. 18 dello Statuto dei lavoratori.
        Pur essendosi rivelato illusorio l'auspicio di vedere finalmente unita e rinnovata la Sinistra italiana, che allora sembrò a tanti riconoscersi nelle parole di Sergio Cofferati, mi pare che sia ancora vivo e attuale il valore di quella battaglia  in corso che si può ancora vincere.


IL GRANDE VALORE   DELLA BATTAGLIA DELLA CGIL PER LA DIFESA DELL'ART. 18 DELLO STATUTO DEI LAVORATORI


 Spero che la sinistra italiana, dai no global ai ds, dopo la grande manifestazione  unitaria di ieri, superando  le divisioni e i  personalismi  paralizzanti che hanno contribuito al successo di Berlusconi, riconosca  in Sergio Cofferati  il suo nuovo leader.

Cofferati  è un riformista serio, non un rivoluzionario né tanto meno un’estremista. Uno dei paradossi dell’Italia d’oggi  mi sembra questo: è diventato talmente raro incontrare persone serie, persone che credono davvero a quello che dicono, al punto tale che quando se ne incontra una  pare di vedere un marziano.

 Cosa ha fatto in fondo il segretario della CGIL per convincere milioni di padri e figli, studenti e pensionati, operai e disoccupati – e non soltanto quelli presenti ieri a Roma – a  riconoscersi nelle sue parole, nonostante la martellante propaganda televisiva a reti unificate del governo? 
Semplicemente l’essere riuscito ad apparire credibile dimostrando di essere coerente.  Fino ad oggi è stata soprattutto la coerenza a far difetto alla sinistra italiana: troppe volte si è predicato bene e razzolato male. Sergio Cofferati con ferma  pacatezza  aveva detto che sui diritti non era disposto a trattare, anche a rischio di rompere l’unità sindacale, e l’ha fatto conquistandosi  sul campo la comprensione anche di molti iscritti alla CISL e di altri sindacati.

La forza di persuasione che emana dall’inconsueto modo di comunicare di Sergio Cofferati  l’avevo già notata  l’8 marzo scorso, in occasione di un breve discorso che aveva tenuto  al Biondo di Palermo per la Festa delle donne.
Era dal tempo di Berlinguer che non ascoltavo un leader capace di parlare al cuore ed alla testa delle persone senza retorica. Uno stile così diverso dai tanti tromboni e venditori di fumo del passato e del presente.

Se si analizza bene il discorso tenuto ieri nella P.zza S. Giovanni di Roma, nonostante il tono più concitato e la voce rauca e rotta dall’emozione inevitabile quando si parla davanti ad un mare di persone, gli ingredienti sono sempre gli stessi: la ragione e la passione. Nelle sue parole, oltre all’aspetto della denuncia  circoscritta e documentata, c’è sempre spazio per il sogno e per la speranza di un mondo più  libero e giusto. Non a caso ha  concluso il suo intervento  citando i versi di un anonimo poeta indiano:     “IL CORPO DEL POVERO  /  CADREBBE  SUBITO  IN  PEZZI  / SE NON FOSSE LEGATO BEN STRETTO  /   DAL FILO DEI SOGNI”.




Palermo 24 marzo 2002                                     Francesco Virga




Per una migliore comprensione del documento suddetto  può rivelarsi utile la lettura del seguente articolo  pubblicato su IL FATTO QUOTIDIANO :

NEL 2002 IL CENTROSINISTRA MANIFESTAVA AL CIRCO MASSIMO ASSIEME A COFFERATI. D’ALEMA FIRMAVA, CAPPELLINI ROSSI, RUTELLI RIDEVA E UN BEL PO’ DI “RENZIANI” SFILAVANO COMPATTI.

È stata la manifestazione più grande di sempre, il “lungo fiume rosso” che parlava di “speranza” e di “futuro”. Questi i titoli dell’Unità il giorno dopo il grande corteo della Cgil al Circo Massimo, il 23 marzo 2002, quando il sindacato di Sergio Cofferati portò in piazza tre milioni di persone per difendere l’articolo 18. Allora era minacciato dal governo di Silvio Berlusconi e tutto il centrosinistra si ritrovò in quella piazza per difendere i diritti dei lavoratori.   Massimo D’Alema, allora presidente dei Ds, si spinse a dire che per il Cavaliere “la sfida con questo sindacato sarà perdente”. Ma le parole di sdegno anti-padronale e di solidarietà operaista riguardavano tutti, Ds e Margherita (scontato il sostegno della Rifondazione comunista di Fausto Bertinotti). Tutti, anche i più fieri avversari di Cofferati si misero dietro il “cinese” della Cgil e si piegarono alla sua dimostrazione di forza.   QUEL GIORNO D’Alema autografava cappellini rossi e si appuntava rose rosse sul petto.
Il presidente dei Ds guidava la delegazione del suo partito insieme a Piero Fassino, il segretario nazionale, oggi sindaco di Torino e sponsor indefesso di Matteo Renzi. Mentre allora affermava con nettezza che “sull’articolo 18 il governo ha fatto una sciocchezza” e si compiaceva per una “manifestazione serena e compatta” segno di un “grande movimento di opposizione”. Insieme ai due dirigenti principali c’erano tutti gli altri esponenti del centrosinistra: Walter Veltroni, nel frattempo sindaco di Roma, Rosy Bindi oppure un capogruppo dei Ds che oggi sta manovrando per essere eletto alla Corte costituzionale: Luciano Violante. C’era tutta la sinistra di quel partito, Pietro Ingrao, Fabio Mussi, ma anche i suoi esponenti liberisti tra cui un Enrico Morando che sfilava in difesa dell’articolo 18 mentre oggi lo affossa da viceministro dell’Economia del governo Renzi.   Quella manifestazione rappresentò l’avvio della riscossa del centrosinistra nei confronti di Berlusconi che portò poi allavittoria elettorale, sia pure di misura, del 2006. In quella piazza il centrosinistra c’era tutto. Se avesse avuto ruoli di primo piano ci sarebbe stato anche Renzi. C’era, ad esempio, il suo partito di allora, la Margherita. Il presidente, Francesco Rutelli, ritornò apposta da Parma, dove era alle prese con le beghe del congresso nazionale, per poi ritornarci la sera stessa. Una navetta obbligata da “una manifestazione immensa, forte e serena”.   NON SI SPOSTÒ invece, Dario Franceschini, che però dal congresso di Parma sottolineo che quella di Roma era “una rivolta morale sacrosanta” anche se precisava che non tutto quello che si diceva in piazza era condivisibile al 100%. Più coraggioso di lui, invece, un democristiano di lungo corso come Giuseppe Fioroni, oggi messo un po’ in disparte da Renzi, che attaccava a testa bassa il governo Berlusconi: “Tre milioni di cittadini che liberamente manifestano il dissenso sono stati additati come sovversivi. Ora il governo fa marcia indietro. Delle due l’una: o il governo mentiva quando parlava o mente ora che scrive. O forse mente tutte e due le volte perché, dal suo insediamento, non ha fatto altro”. Franco Marini, ex sindacalista e padre nobile dei popolari nella Margherita era ancora più schietto: “Gratta, gratta, dietro alla faccia del presidente-operaio viene fuori quella del padrone”. Mentre il più morbido Paolo Gentiloni, anche lui margheritino e oggi al fianco di Renzi, sosteneva, dal congresso del suo partito che “la manifestazione di Roma non è lontana da Parma, non è in contrasto con il nuovo riformismo”. Anzi: “Quella di Roma è una manifestazione straordinaria”.   Entusiasmo a piene mani di un gruppo dirigente che presagiva la rivincita anche se, quel giorno, doveva accettare di mettersi sulla scia del “massimalismo” della Cgil e dietro la forza di un segretario sindacale, Cofferati, che dopo quella prova di forza, vinta, tentò di incassare un risultato politico prendendo la testa dell’Ulivo. Non ci riuscì. Fu ingabbiato dalle manovre dei D’Alema e Fassino e alla fine scelse di fare il sindaco di Bologna. Poi venne la seconda volta di Prodi, vennero altrigoverni di centrosinistra fino all’avvento di Renzi che l’articolo 18, forse, lo cancellerà davvero. Di quella giornata, della foto-ricordo della sinistra che fu, resta oggi un po’ di mal di pancia nel Pd che proverà a strappare qualche risultato. Restano scene come quella che andò in onda sotto il palco del Circo Massimo con la “iena” Enrico Lucci che mette il microfono davanti alla faccia di D’Alema: “Perché uno è di sinistra?” “Perché crede nella propria dignità”, fu la risposta. “E perché un giovane dovrebbe essere di sinistra?” chiede ancora Lucci. “Se non si è di sinistra da giovani…”, rispose D’Alema. Matteo Renzi non avrebbe certamente sottoscritto.

Da Il Fatto Quotidiano del 19/09/2014.





1 commento:

  1. Riproduco di seguito il dibattito che questo post ha suscitato questa mattina sul mio diario di Facebook:

    Matteo Troiano: è un bel articolo.In quella piazza c'ero anch'io con il mio piccolo gruppo.Le considerazioni e riflessioni da fare sono tante.Una.dagli anni '80 in poi a sinistra non si è più pensato e si è creduto di uscire dalla crisi modificando l'0rganizzazione delle strutture del potere concentrandolo in poche mani dalla preferenza unica al sistema elettorale in maniera disarticolata.Ingrao nell''86 proponena di convocare un'assemblea costituente per una nuove costituzione,ma si è proceduto a spizzico e morsi con esiti disastrosi.Ecc.ecc. ciao

    Siviana Libbra: Bellissimo articolo. Anche io c'ero..ma ormai ( saro'pessimista) e' tutto morto persino il sindacato.
    Peccato

    Irene Fantini: ne è passata di acqua sotto i ponti il sindacalisti poi... tutti in politica a guadagnare soldi morti tutti

    Maria Ludovica Moro: Cofferati è vivo e vegeto, e dopo aver lanciato il sasso ritirò la mano....La nostra storia recente è costellata di questi grandi "campioni di coerenza"...

    Dodi Lazzarini: credo che sia giusto pretendere un sindacato rinnovato, efficiente e attivo, ma non mi piace chi ubbidisce alla corrente 'il sindacato non serve...' certo, lo possono dire gli imprenditori, che così possono usare i lavoratori senza regole, ma non lo possono dire i lavoratori, perchè senza sindacato chi tutela il lavoratore? il contratto interno? fatto come? con chi, se non ci sono rsu...la politica? pensate che la politica tuteli il lavoratore?....allora rinforziamo l'unica tutela che abbiamo, partecipando e criticando, se è il caso.

    Francesco Virga: Concordo con te Dodi anche se vanno tenute presenti tutte le osservazioni critiche.

    Dodi Lazzarini: ovvio....sempre!!! è giusto ascoltare tutti i pareri, servono a rendersi conto dei pensieri altrui....e per cercare di capire!

    Maria Ludovica Moro: Trentacinque anni in Telecom Italia con ogni genere di ribaltone e soprusi di ogni genere sui lavoratori (molti anche sulla mia pelle) mi fanno sentire in diritto e in dovere verso il mio prossimo di testimoniare che, nel caso della mia azienda, non solo i sindacati sono stati silenti o assenti già dagli anni '80, ma negli ultimi tempi anche correi senza appello di scelte manageriali e aziendali a dir poco CRIMINALI

    Dodi Lazzarini: un'esperienza terribile....io, nella scuola da 38 anni e devo dire che il sindacato ha sempre dato informazione e assistito e a volte tutelato, rsu in ogni scuola per le contrattazioni interne...critico le linee nazionali, i contenuti, non l'operato in sede provinciale...ma non tutte le realtà sono così.

    Maria Ludovica Moro: Per fortuna, dico io, ma non si può giocare con la fortuna, in queste cose...

    Siviana Libbra: Ho lasciato la tessere della Cgil dopo 29 anni ..con enorme dispiacere..nessuno e' venuto a chiedermi il perche' di tale decisione..forse perche' avrebbero dovuto ascoltare ...qualcosa avevo da dire...

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