08 maggio 2024

LA MEDEA PASOLINIANA RITROVATA

 


UNA MEDEA RITROVATA

Roberto Chiesi


Si credeva che Pier Paolo Pasolini avesse girato solo una sequenza, il battesimo di Gesù, del "Vangelo secondo Matteo" alle Cascatelle di Fosso Castello a Chia, un luogo che amava profondamente, tanto da acquistare un'antica torre medievale che sorgeva nelle vicinanze. Invece le ricerche della storica d'arte Maria Andaloro hanno identificato le 115 fotografie di scena di un'altra sequenza, tagliata e perduta, che doveva appartenere al film "Medea" (1969) e che venne girata in quello stesso luogo. Era una crudele sequenza rituale che venne immortalata da uno dei più grandi fotografi di scena del cinema italiano, Mario Tursi (1929-2008).

Finalmente queste fotografie inedite si potranno vedere da domani nella mostra ideata e curata da Maria Andaloro, con la collaborazione di Salvatore Schirmo e Gaetano Alfano.

 

Ne parleremo domani, alle 16,30, a Viterbo, presso l'Università degli studi della Tuscia, nell’Aula Magna “Gian Tommaso Scarascia Mugnozza” (via Santa Maria in Gradi 4).

 

Seguirà l’inaugurazione della mostra "Medea ritrovata" nei chiostri del Complesso di Santa Maria in Gradi.

Il luogo è quel lembo di terra nella Tuscia che si addensa attorno alle Cascatelle di Fosso Castello a Chia, per Pier Paolo Pasolini il “paesaggio più bello del mondo”; la scena è inedita e appartiene al film Medea di Pasolini, girato nel 1969. Tagliata dal montaggio del film, essa tuttavia sopravviveva celata in 115 foto in b/n e in 7 a

colori del fotografo di scena del film Mario Tursi, conservate nell’Archivio Appetito.

Ora, qui, nei chiostri rinascimentale e medievale del complesso di Santa Maria in Gradi a Viterbo, è in mostra la scena dell’uccisione rituale alla Luna, scena “ritrovata”, riconosciuta e ricostruita partendo dalle fotografie di Mario Tursi. Fin dal Trattamento di Medea (primavera 1969), dove l’abbiamo intravista in nuce nella scena 14, essa è pensata da Pasolini fra quelle ambientate nella

mitica Colchide, patria di Medea e custode del vello d’oro; è ancora presente nel piano delle riprese, quando si gira nella Colchide che nella finzione cinematografica ha il volto della Cappadocia (2-21 giugno 1969); ne viene sfilata e inaspettatamente trasferita a Chia dove sarà girata tra il 27 e il 30 giugno.

 

Protagonista di questa scena tutta al femminile è Maria Callas nelle vesti di Medea.

"Medea" è stata, dunque, ritrovata fra la Cappadocia e la Tuscia, come dichiara il titolo della mostra. La troupe, il produttore Franco Rossellini, Maria Callas e il regista Pier Paolo Pasolini volano dall’aeroporto di Kayseri a Fiumicino e il set si sposta da Uçhisar e Göreme – in Cappadocia – a Chia, nella Tuscia.

 

La mostra affonda le sue radici in un’altra mostra, quella dal titolo in parte corrispondente “Parlami, Terra!”

Medea in Cappadocia con Pasolini e Maria Callas, realizzata

dall’Istituto Italiano di Cultura di Istanbul e dalla

Missione di ricerca e restauro dell’Università della Tuscia

in Cappadocia, in occasione del centenario della

nascita del regista (1922-2022)

 

(Göreme e Uçhisar, 10 settembre - 10 novembre 2022, ideazione e progetto di Maria Andaloro, a cura di Maria Andaloro, Salvatore Schirmo, Gaetano Alfano).

 

Tutto ha origine da una premessa, dal fatto che Pasolini,

con felice anacronismo, situa in Cappadocia la mitica

Colchide, proprio in quel pezzo di territorio dove opera

la Missione dell’Università della Tuscia dal 2006, suggerendo

quelle lunghe ricerche che ci hanno portato a

identificare ogni sito, ogni luogo, ripreso dal regista in

Medea. È in questo contesto che, analizzando una decina

di foto di Tursi pubblicate su scene tagliate di Medea,

abbiamo individuato non il paesaggio della Cappadocia,

di Göreme, Uçhisar e Çavuşin, ma quello delle Cascatelle

di Fosso Castello, riconoscendovi lo stesso luogo

dove Pasolini aveva ambientato, nel 1964, la scena del

Battesimo di Cristo nel film "Il Vangelo secondo Matteo". È

da questo riconoscimento del luogo che è germinata la

mostra attuale.

Come nella mostra di Göreme e Uçhisar, anche in questa

di Viterbo, davanti alla scena “ritrovata”, oscilleremo

fra la geografia reale – le Cascatelle di Fosso Castello

– e la geografia immaginaria di Pasolini – la Colchide

– solo che qui la Colchide non ha il volto della Cappadocia

ma quello di Chia. Nel luogo incantato, “dove l’Ariosto

sarebbe impazzito di gioia”, Pasolini osa mettere in scena un sacrificio umano, l’uccisione rituale alla Luna,

un soggetto sideralmente distante dal nostro orizzonte

culturale ma quanto mai identificativo del mondo sacrale

della Colchide e cruciale nella visione che Pasolini

proietta su Medea:

“Il tema (di Medea), come sempre nei miei film, è una

specie di rapporto ideale, e sempre irrisolto tra mondo

povero e plebeo, diciamo sottoproletario, e mondo colto,

borghese storico. Questa volta ho affrontato direttamente,

esplicitamente questo tema. Medea è l’eroina di

un mondo sottoproletario, arcaico, religioso, Giasone

invece è l’eroe di un mondo razionale, laico, moderno.

E il loro amore rappresenta il conflitto tra questi due

mondi” (Pier Paolo Pasolini, intervista televisiva, 1969).

Alla luce della citazione, il paesaggio delle Cascatelle di

Fosso Castello ci apparirà sì il pezzo incantato che fa da

sfondo alla scena dell’uccisione rituale, crudele e paradossalmente

piena di grazia, ma finisce nel contempo

per assurgere a quello statuto di paesaggio sacro che è

proprio della mitica Colchide e che finora coincideva

solo con la Cappadocia.

Inoltre, come sempre avviene nei film di Pasolini, anche

il paesaggio della scena “ritrovata” associa a sé le

persone del luogo che a decine il regista reclutò tra le

cittadine di Chia e del territorio, richiamandone anche

qualcuna che aveva partecipato al Battesimo di Cristo

ne Il Vangelo secondo Matteo. Come il paesaggio non è

semplice sfondo, così le comparse non sono anonime

ma hanno una forza e una centralità da coprotagoniste

accanto a Medea, la “divina” Maria Callas.

 

La mostra si articola in due sezioni corrispondenti ciascuna

ai tematismi contenuti nel titolo:

1. Medea Ritrovata. Sezione incentrata sulla presentazione

della scena, l’uccisione rituale alla Luna, ricomposta

partendo dallo studio delle 115 foto di Mario

Tursi (Archivio Appetito);

2. Fra la Cappadocia e la Tuscia con Pasolini e Maria

Callas, un percorso che prevede uno sguardo curioso

sul set di Medea, uno sguardo partecipe su Pasolini

dolente per le sorti del paesaggio in Tuscia e in

Cappadocia e infine una “visita” alla Missione di ricerca

e restauro dell’Università della Tuscia in Cappadocia.

E il percorso si conclude nella Saletta proiezioni con la

visione di alcuni video.

La scena “ritrovata” rimbalzerà alla vista del visitatore

lungo il percorso della mostra secondo diverse angolature.

In progressione, attraverso la galleria delle foto

sospese in b/n, poi, attraverso le sette foto a colori, a

seguire, nel chiostro medievale, attraverso quella che

vorremmo chiamare la “camera picta” della scena, un

esperimento ardito ma che Pasolini avrebbe approvato.

Infine, attraverso il video realizzato sulla base delle

foto di Tursi. Questo video restituisce il fantasma, l’abbozzo

dell’uccisione rituale alla Luna di Pier Paolo Pasolini,

ripresa però dal punto di vista del fotografo di

scena che era prossimo a quello scelto dal regista ma

non coincidente.

 

Fonte: Diario Facebook di Roberto Chiesi


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