13 gennaio 2025

UN DOCUMENTO STORICO: LA LETTERA DI KHOMEINI A GORBACIOV DEL GENNAIO 1989

 


La lettera che l'Ayatollah Ruhollah Khomeini scrisse al segretario del PCUS Mihail Sergeevic Gorbacëv Mikail Gorbaciov il 1 gennaio del 1989 è un documento storico di incredibile valore. La guida suprema della Repubblica Islamica dell’Iran scrive al segretario del Partito comunista sovietico. Farian Sabahi racconta il confronto tra misticismo, religione e materialiamo alle soglie della caduta del Muro di Berlino e del collasso dell'URSS. Alle 14:00 sulle frequenze di Radio 3 e. su raiplaysound. https://lnkd.in/dJwiaXkP

 

Nei primi giorni del 1989 una delegazione iraniana costituita dall’ayatollah Abdollah Javadi Amoli, che insegnava filosofia a Qom, dal viceministro degli affari esteri Mohammad Javad Larijani e dalla signora Marzieh Hadidchi, deputata all’Assemblea Nazionale di Teheran, si recò a Mosca per consegnare a Mikhail Gorbačëv, presidente dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche nonché segretario generale del Partito Comunista sovietico, una lettera di cinque pagine manoscritte redatta dall’Imam Khomeyni che recava la data dell’11 Shawwal 1367, corrispondente al 1° Gennaio 1989.

Il 7 Gennaio la delegazione iraniana venne accolta da un rappresentante particolare di Gorbačëv, dal capo del cerimoniale del Cremlino, dal viceministro degli Esteri, dall’Imam della Preghiera del Venerdì di Mosca e da altre personalità sovietiche.

Successivamente la delegazione venne ricevuta da Gorbačëv nel suo ufficio. Dopo un iniziale scambio di cortesie durato una ventina di minuti, un interprete tradusse il testo del messaggio dell’Imam a Gorbačëv e ai funzionari presenti. Se qualche passo della lettera non veniva ben compreso, l’interprete chiedeva ai membri della delegazione di chiarirlo ulteriormente. Gorbačëv ascoltava con attenzione e prendeva appunti.

Al termine della traduzione, Gorbačëv espresse i suoi ringraziamenti per l’Imam Khomeyni e promise che gli avrebbe risposto quanto prima. Inoltre informò la delegazione iraniana che nell’Unione Sovietica stava per essere approvata una nuova legge sulla libertà religiosa e affermò che i due Paesi potevano benissimo avere rapporti cordiali, nonostante le diversità ideologiche. Poi sorridendo disse: “L’Imam Khomeyni ci ha invitati all’Islam; noi dobbiamo invitarlo alla nostra scuola di pensiero?” E aggiunse, più seriamente: “Questo invito è un’interferenza negli affari interni di un Paese, perché ogni Paese è libero di scegliere la propria scuola di pensiero”.

L’ayatollah Amoli, che guidava la delegazione iraniana, replicò in maniera garbata: “In Russia voi siete liberi di fare quello che volete e nessuno ha il diritto di interferire. Ma il testo di questa lettera non ha nulla a che fare col territorio della Russia; esso riguarda le vostre anime”.

Nell’Unione Sovietica, alla lettera dell’Imam Khomeyni non venne data pubblicità. Il testo della lettera fu pubblicato sul quotidiano di Teheran, “Kayhan”; quindi fu tradotto in diverse lingue. In Italia, la Lettera a Gorbaciov fu pubblicata nel febbraio 1989 dalle Edizioni all’insegna del Veltro.

La lettera inviata dall’Imam Khomeyni alla massima autorità dell’Unione Sovietica ricalca essenzialmente un paradigma che risale ai primordi dell’era islamica. Nell’anno 6 dell’Egira, subito dopo il trattato e la tregua di al-Hudaybiyah, il Profeta Muhammad inviò otto ambasciatori ad altrettanti sovrani della penisola araba e dei paesi vicini, con una lettera che li invitava ad accogliere l’Islam.

Il messaggio esordiva con questo versetto coranico:

Qul: Yā ayyuhā an-nāsu, innī rasūlu Allāhi ilaykum jamī`an, alladhī lahu mulku as-samāwāti wa al-‘arđi. Lā ilāha illā Huwa, yuĥyī wa yumītu. Fa’āminū billāhi wa rasūlihi n-nabīyi l-ummī, alladhī yu’minu billāhi wa kalimātihi wa ttabi`ūhu, la`allakum tahtadūn” (“Di’: O uomini, in verità io sono inviato a voi tutti come Messaggero di Dio, al quale appartiene il regno dei cieli e della terra. Non c’è dio se non Lui: dà la vita e dà la morte. Credete dunque in Dio e nel Suo messaggero, il Profeta illetterato, che crede in Dio e nelle Sue parole; e seguitelo, se volete essere ben guidati”) (Corano, VII, 158).

Seguivano queste parole: “Pace a colui che segue la via retta. Mettiti al riparo dal castigo di Dio, nel Giorno della Resurrezione, ed avrai il Paradiso. Se non lo fai, ebbene, io ti ho fatto pervenire questo messaggio”.

Stando a quello che possiamo leggere nella Cronaca di Tabari, tra i destinatari della lettera inviata dal Profeta vi fu chi abbracciò l’Islam, come l’imperatore bizantino Eraclio, mentre altri, come il sovrano sassanide della Persia, respinsero sdegnosamente l’invito.

L’Imam Khomeyni volle imitare il gesto del Profeta scegliendo il presidente Mikhail Gorbačëv come destinatario del proprio appello all’Islam. Evidentemente egli pensava che l’Islam potesse riempire il vuoto lasciato da un sistema ormai entrato in una fase di crisi profonda e irreversibile.

La lettera a Gorbačëv è un’eccellente dimostrazione del fatto che l’Imam Khomeyni “fu in senso stretto un uomo della tradizione, della quale egli voleva essere testimone nel suo secolo, e non un uomo del secolo che avrebbe voluto modernizzare la tradizione” (Christian Bonaud, L’Imam Khomeyni, un gnostique méconnu du XX siècle, Al-Bouraq, Beyrouth s. d. [1997], p. 24). Così scrive Christian Bonaud, autore di una biografia intellettuale e spirituale dell’Imam Khomeyni della quale in Italia è apparsa purtroppo soltanto la prima parte, sotto il titolo Uno gnostico sconosciuto del XX secolo (Il Cerchio 2010). Per un uomo come l’Imam, che rivolgeva il proprio interesse alla metafisica ed alla realizzazione spirituale, dice Bonaud, modernizzare la tradizione non aveva significato alcuno, perché la metafisica e la spiritualità non appartengono al mondo del cambiamento: “esiste una verità eterna, parzialmente accessibile all’intelligenza attraverso la meditazione filosofica e soprattutto per mezzo della gnosi, una verità trascendente a cui chiama e conduce la Parola di Dio, una verità che si tratta di conoscere e di vivere attualmente nel mondo d’oggi. Non vi è altro rapporto possibile con la modernità” (Ibidem).

Ciò non significa che i metafisici e gli spirituali siano destinati ad essere degli impolitici e che, mentre contemplano le cose celesti, debbano necessariamente cadere in un pozzo, come capitò al povero Talete secondo l’aneddoto raccontato da Platone. Al contrario.

Con la sua lettera a Gorbačëv, infatti, l’Imam Khomeyni diede prova di una prodigiosa perspicacia politica, poiché preannunciò la fine del sistema sovietico come un evento sicuro e già in atto: “d’ora in poi – leggiamo nella lettera – bisognerà cercare il comunismo nei musei della storia politica mondiale”.

La causa del fallimento comunista viene individuata dall’Imam nel fatto che il marxismo non fornisce una risposta ai reali bisogni dell’uomo, poiché, egli scrive, “si tratta di una dottrina materialistica e col materialismo non si può certo far uscire l’umanità dalla crisi provocata proprio dalla mancanza di fede nello spirito”.

Il materialismo, ritenuto dall’Imam il male principale della società umana, viene indicato come il denominatore comune del mondo comunista e di quello occidentale, tant’è vero, dice la lettera, che anche l’Occidente “è stato trascinato o sarà trascinato in un vicolo cieco, nel nulla”.

Quindi l’Imam invita il suo interlocutore a riflettere sulla differenza che intercorre tra la visione materialistica del mondo e della vita, tipica sia del mondo comunista sia di quello occidentale, e la visione metafisica (elâhî), ispirata alla dottrina dell’unità divina. Mentre per il materialismo il criterio della conoscenza è dato dai sensi, cosicché l’esistente coincide col materiale e ciò che non è materiale è considerato inesistente, nella visione metafisica, invece,

il criterio della conoscenza comprende sia i sensi sia l’intelligenza: ciò che è percepibile dall’intelligenza appartiene al dominio del sapere, anche se non può essere percepito dai sensi. Così, l’esistenza comprende insieme il sensibile e il soprasensibile, per cui anche una realtà immateriale può benissimo esistere. E come l’esistente materiale presuppone un fondamento immateriale, così la conoscenza sensibile è sostenuta dalla conoscenza intelligibile.

Tralasciando le argomentazioni coraniche, perché ritiene che il destinatario del messaggio sia ancora un principiante, l’Imam propone a quest’ultimo due semplici constatazioni, facilmente ricavabili dall’osservazione della natura.

La prima:

È un dato di fatto che un corpo materiale inanimato è incosciente di sé: ogni singola parte di una statua di pietra che rappresenti un uomo, ad esempio, non ha consapevolezza delle altre parti. Invece, noi constatiamo che l’uomo e l’animale hanno coscienza di ogni parte del loro corpo, sanno dove si trovano e che cosa accade intorno a loro… Quindi dobbiamo pensare che nell’animale e nell’uomo c’è qualcosa che non è materiale e perciò non muore con la materia, ma sopravvive alla morte di questa.

La seconda:

L’uomo, per sua stessa natura, aspira alla perfezione e vorrebbe disporre di un’assoluta potenza nel mondo. Anche se tenesse il mondo intero in proprio potere e gli si dicesse che esiste un altro mondo ancora, egli, data la sua natura, vorrebbe tenere in proprio potere anche quest’altro mondo. E per quanto sapiente sia un uomo, se gli si dicesse che esistono altri saperi ancora, egli, data la sua natura, vorrebbe apprendere anche quelli. Bisogna dunque, perché l’uomo vi si attacchi così, che vi siano una ‘potenza assoluta’ e un ‘sapere assoluto’: si tratta di Dio Onnipotente e Onnisciente, verso il quale tutti noi siamo orientati, anche se non ce ne rendiamo conto. L’uomo vuole raggiungere la Realtà assoluta, desidera fondersi in Dio. Infatti, l’ardente aspirazione ad una vita eterna, aspirazione insita in ogni uomo, è un segno che esiste un mondo eterno, nel quale la morte non ha luogo.

Per approfondire questa ricerca, prosegue l’Imam, bisognerebbe che il segretario del PCUS incaricasse i suoi “brillanti esperti, ben ferrati in questo genere di problemi”, di studiare anche i filosofi dell’Islam, a cominciare dai peripatetici Avicenna e Al-Farabi, affinché risulti ben chiaro che

il principio di causalità – sul quale riposa ogni forma di conoscenza – rientra nella sfera intelligibile e non in quella sensibile e che la comprensione delle idee e dei principi universali – sui quali si fonda ogni forma di argomentazione – è, parimenti, intelligibile e non sensibile.

Oltre ad Avicenna e ad Al-Farabi, l’Imam schiera contro il materialismo altri tre grandi maestri spirituali: Sohravardi, Molla Sadra e Ibn ‘Arabi. Dalla filosofia illuminativa di Sohravardi, dice l’Imam,

Sua Eccellenza potrà capire che il corpo ed ogni altro ente materiale hanno bisogno, per esistere, della Pura Luce assoluta che trascende il dominio sensibile e che la coscienza intuitiva che l’uomo ha della propria realtà non ha nulla a che fare coi sensi.

Molla Sadra lo aiuterà a capire che

la conoscenza prescinde dalla materia e che ogni pensiero trascende la materia e non è soggetto alle leggi della materia.

Infine, se qualche intellettuale sovietico verrà mandato a studiare a Qom, in capo ad alcuni anni potrà cominciare a capire qualcosa della dottrina degli stadi della vera conoscenza contenuta nell’opera di Mohyiddin Ibn ‘Arabi, ash-shaykh al-akbar, il doctor maximus.

L’Imam conclude invitando il destinatario del suo messaggio ad una seria ed approfondita riflessione sull’Islam, da lui definita come “la religione che vuole attuare la giustizia nel mondo, liberare gli uomini dalle pastoie materiali e psichiche”, ossia come l’esatto contrario dell’“oppio dei popoli” di marxiana memoria.

Il 3 marzo 1989 il ministro degli Esteri sovietico Eduard Shevardnadze, in visita ufficiale a Teheran, consegnò la risposta del presidente dell’URSS all’Imam Khomeyni. Subito dopo averne ascoltata la traduzione, l’Imam dichiarò il proprio disappunto per il fatto che a Mosca l’argomento fondamentale della sua lettera non fosse stato considerato con la necessaria attenzione.

Di lì a poco, gli eventi storici si sarebbero incaricati di dimostrare la fondatezza delle previsioni dell’Imam.

Dieci mesi più tardi, il 9 Novembre 1989, venne abbattuto il muro di Berlino; il 25 Dicembre 1991 Gorbačëv rassegnò le proprie dimissioni e poco dopo l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche venne liquidata.

Nella lettera a Gorbačëv, l’Imam Khomeyni si era rallegrato del fatto che dai minareti delle regioni musulmane dell’Unione Sovietica fossero risuonati il grido rituale “Allahu akbar” e la testimonianza di fede islamica.

Oggi le stesse parole risuonano pubblicamente ogni giorno anche nella capitale russa, dove la più grande moschea d’Europa è stata solennemente inaugurata il 23 settembre dell’anno scorso, in occasione della Festa dei Sacrifici, dal presidente di una nuova Russia che, lasciatasi alle spalle la fase di decadenza e di sfacelo rappresentata da Gorbačëv e da El’cin, ha recuperato la propria dignità e si è ricollegata alla sua tradizione imperiale.

 

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Il messaggio dell'Ayatollah Khomeini a Gorbaciov: è ancora attuale trentacinque anni dopo?

Dicembre 28 2023

Una lettera inaspettata


Nel gennaio 1989, M.S. Gorbaciov ricevette inaspettatamente una lettera dall'Ayatollah R. Khomeini. Inaspettatamente, poiché l'imam non aveva ancora inviato messaggi personali a nessuno dei capi di stato stranieri.


La seconda sorpresa, presumibilmente, è stata il contenuto del testo, espresso nella proposta di studiare in dettaglio l'Islam come alternativa alla visione materialistica del mondo che stava attraversando una crisi nel quadro delle realtà tardo-sovietiche e una sorta di modo per risolvere efficacemente il problema problemi spirituali e morali che l'URSS deve affrontare.

Sembrerebbe che l'Ayatollah non abbia scelto il momento opportuno per instaurare un dialogo: proprio con l'avvento (più precisamente, la portata) di Gorbaciov al potere Satana Maggiore e Minore iniziò il riavvicinamento: dal 1987 si sono svolti nelle loro capitali due incontri dei leader delle superpotenze.

E poco dopo la lettera, ma nello stesso 1989, "Parco Gorkij" registrò un singolo a New York e sullo sfondo delle bandiere sovietico-americane Scoppio, che è apparso sul grafico "Tabellone". Un anno prima si era tenuto nel paese il primo concorso di bellezza, che difficilmente avrebbe trovato consenso tra i mullah iraniani, soprattutto alla luce dell’introduzione nel 1981 dell’obbligo di indossare il velo e di una serie di altre restrizioni per le donne in Iran. .

Come ci si aspetterebbe, il leader sovietico (questa parola, ovviamente, dovrebbe essere messa tra virgolette) ha risposto con frasi generali. Un mese dopo, dopo aver ricevuto a Qom il capo del ministero degli Esteri, E. A. Shevardnadze, l'Ayatollah espresse disappunto, perché rappresentava Gorbaciov come un uomo pensante.

No, il Segretario Generale era un uomo pensante ma, contrariamente alle speranze di Khomeini, non un pensatore. E i suoi passi spericolati e persino ingenui nell’arena della politica estera testimoniavano la mancanza di talento come politico nel vero senso machiavellico del termine.

Perché altrimenti, dietro il tono della lettera, il fascino delle frasi generali, anche se non prive di profondità teologica, Mikhail Sergeevich avrebbe discernito qualcosa di più che ragionare su argomenti religiosi di scarso interesse per lui.

Penso che avrebbe visto, seppure velatamente, una proposta per l'attuazione congiunta in ambito internazionale della strategia che il Cremlino sta attualmente costruendo in Medio Oriente, di cui ho recentemente scritto: “La visita del Presidente negli Emirati Arabi Uniti e in Arabia Saudita: una postfazione senza euforia”.

E sono passati "solo" trentacinque anni: un colpo alla porta euro-atlantica chiusa, che, sì, era leggermente aperta, ma era lasciata entrare solo nel corridoio, a volte con l'accompagnamento di risate e una pacca condiscendente sulla spalla - Ricordare amico Bill.


Ricordare? È ancora un peccato da guardare. Khomeini metteva in guardia contro questa strada


Il motivo è semplice: la strategia del neocolonialismo del club d'élite dei miliardi di dollari è stata attuata in relazione alla Russia (territorio, risorse, base produttiva, mercato del lavoro, potenziale scientifico) - qui, tuttavia, i cinesi si sono impegnati di più, grazie al quale hanno effettuato un volo spaziale con equipaggio nel 2003), e non insieme a lei.

E, inoltre, i politici d'oltremare più lungimiranti nei confronti dell'URSS deideologizzata hanno iniziato ad attuare una strategia simile proprio durante il periodo qui considerato. Eh, a questo proposito, vorrei frugare negli archivi di G. Kissinger, che ha recentemente lasciato il nostro mondo, o, meglio ancora, dell'allora Segretario di Stato D. Shultz.


Gorbaciov tra Scilla e Cariddi


Tuttavia, l’URSS non era in una situazione di stallo, né per quanto riguarda la propria economia, né, soprattutto, per quanto riguarda la situazione sulla scena internazionale. Sebbene i fenomeni di crisi permeassero tutti gli aspetti della sua vita socio-economica. Permettetemi di ricordarvi che alla fine degli anni '1980, la popolarità di Mikhail Sergeevich, che era esteriormente democratico e amava comunicare con le persone davanti alla telecamera, venne meno. Le ragioni erano complesse.

Il più memorabile di questi: una campagna anti-alcol mal eseguita, una modellistica miope martire di B. N. Eltsin alla XIX Conferenza del Partito. Niente gli ha impedito di essere tolto dalla politica a porte chiuse, ma no: il famoso Ligachev "Boris, ti sbagli" si diffuse in tutto il paese e divenne uno dei primi meme.

Ciò ha giocato a favore di coloro che hanno spinto l’ex sindaco di Sverdlovsk-Mosca al livello più alto della piramide del potere. Ciò dovrebbe includere anche l’ingenuo tentativo di Gorbaciov di camminare tra la Scilla del liberalismo e il Cariddi del conservatorismo.

Tutto ciò alla fine portò a un goffo passo da parte dell’apparato del partito e dello Stato per salvare una parte dell’apparato del partito e dello Stato dal crollo dell’URSS nell’agosto 1991, che tre mesi dopo si trasformò nel trionfo dell’eltsinismo e nella formazione di un oligarchia sulle rovine dello stato socialista, il sanguinoso splendore delle guerre criminali e il rapido impoverimento di una parte significativa della popolazione.


L’Ayatollah indica la strada


Cosa c’entra Khomeini con tutto questo? - chiedere. Naturalmente l’Ayatollah era a conoscenza della crisi interna che stava attraversando l’URSS. Non è da qui che provengono le righe della lettera:

Naturalmente, i metodi sbagliati e le azioni errate degli ex leader comunisti nella sfera economica potrebbero portare al fatto che il giardino fiorito dell'Occidente ti è apparso e ti ha stregato.


L’imam era consapevole, almeno in termini generali, del percorso del Cremlino sulla scena internazionale, e vedeva anche l’impasse politica che si è creata per noi nella DRA:

Un approccio serio all’Islam probabilmente ti salverà per sempre da problemi come l’Afghanistan.


Presumibilmente era preoccupato per il riavvicinamento tra Mosca e Washington.

Ma, a differenza di Gorbaciov, era improbabile che l’Ayatollah si facesse illusioni sui veri obiettivi degli Stati Uniti in relazione al loro principale concorrente geopolitico, nascosti dietro il sorriso hollywoodiano di Reagan. A proposito, penso che anche il pragmatico Deng Xiaoping lo abbia capito.


Ora non è difficile indovinare cosa si nascondesse dietro il sorriso di Reagan. In realtà, Khomeini scrisse direttamente:

Tuttavia, vi esorto fortemente a garantire che, distruggendo l’edificio delle illusioni marxiste, non diventiate prigionieri dell’Occidente.


E, probabilmente, è stato su questo piano che l'imam ha cercato un terreno comune con Mosca, sperando di sviluppare in futuro una strategia di relazioni con essa che consentisse di impedire la formazione di un mondo unipolare, sotto l'egida di gli Stati Uniti, che era già iniziato.

Credevate nella stabilità interna dell'Unione Sovietica? Probabilmente sì, chiaramente sopravvalutando Gorbaciov. Altrimenti come spiegare le seguenti righe della lettera:

Il tuo coraggio e la tua audacia nell’affrontare gli eventi del mondo reale possono essere la fonte di trasformazioni che cambiano la situazione generale nel mondo.


Tutti conoscono un detto un po’ offensivo ma vero: Non giudicano le persone da soli. Ma l'uomo è così costruito che giudica solo da se stesso.

Ecco Khomeini: in un certo senso, nel 1979 si trovò in una situazione ancora più dura di quella di Gorbaciov dieci anni dopo, affrontando sia un’opposizione armata che una serie di movimenti politici in cerca di potere dopo la fuga dello Scià. E non tutto andava bene per l’economia iraniana, e la guerra con l’Iraq sarebbe presto rimasta sospesa come una spada di Damocle. Inoltre, la mancanza di unità nella società iraniana non dovrebbe essere sottovalutata.

No, l'imam tornato da Parigi ha ottenuto il sostegno della maggioranza della popolazione: dai contadini comuni all'intellighenzia. Ma la minoranza che si opponeva alla sua politica era pronta a morire, uccidere e rappresentava una parte molto appassionata della società, come ho scritto in un recente articolo “Illusione nelle fotografie: perché Khomeini vinse”.


È richiesta l’esperienza iraniana?


A differenza di Gorbaciov, l’imam riuscì a farcela, e non solo attraverso la repressione. Probabilmente si aspettava che anche la sua controparte sopravvivesse sotto il peso di problemi opprimenti ma superabili. E, forse, uno studio più attento dell’esperienza iraniana, una riflessione più profonda sulla lettera, avrebbero costretto Gorbaciov a limitare almeno il suo flirt con le forze distruttive che cercano di distruggere il paese.

Diciamo, non affrettatevi a fare un inchino ad A.I. Solzhenitsyn (ovviamente non ho resistito, ma la logica stessa del suo soggiorno all'estero non mi lascia dubbi sulla cooperazione Recluso del Vermont con la CIA), per porre fine, politicamente, allo yakovlevismo, senza il quale "Eco di Mosca" non avrebbe ricevuto un biglietto aereo. Ma Gorbaciov non era Khomeini.

Naturalmente, con alcune riserve, la lettera dell’imam può essere considerata nel quadro del concetto di esportazione della rivoluzione islamica. Ma qui l’Ayatollah si sbagliava, valutando erroneamente la situazione in URSS e indirizzando al Segretario Generale le seguenti righe:

Quando settant’anni dopo si udì “Allahu Akbar!” dai minareti delle moschee di alcune delle vostre repubbliche. e la testimonianza della missione profetica dell'Ultimo Messaggero di Allah (che Allah benedica lui e la sua famiglia!), tutti coloro che professavano il vero Islam di Muhammad piansero di gioia.


Il processo di islamizzazione, nella sua forma radicale, ha sì interessato, ma solo la regione menzionata, più la regione del Volga, che aveva una percentuale considerevole della popolazione musulmana.

Non valeva la pena estrapolarlo all'intero Paese, soprattutto sullo sfondo della celebrazione del millennio del Battesimo della Rus' e del Rinascimento dell'Ortodossia. L'intellighenzia sovietica sperimentò quindi un maggiore interesse per il Roerichianesimo e le sette distruttive orientali ("Aum Shinrikyo") piuttosto che l'Islam.

Ma tutto quanto sopra è un ragionamento generale. Ora un po' di dettagli.

I primi passi di Khomeini come capo di Stato (poiché l'Ayatollah solo formalmente non ricopriva alcun incarico) furono, nonostante la sua retorica antimarxista, complementari a quelli dell'URSS: il ritiro dell'Iran dal CENTO antisovietico - qualcosa di simile all'Intesa mediorientale creata sotto gli auspici degli Stati Uniti; l’eliminazione delle stazioni di localizzazione americane vicino ai nostri confini, la sospensione delle relazioni diplomatiche con l’Egitto, che aveva litigato con Mosca e si è avviato verso un riavvicinamento con Washington, anche attraverso Camp David.

E infatti, il posto degli Stati Uniti nella vita economica dell'Iran è stato preso dai paesi del campo socialista. Così, Cina, Corea del Nord e Unione Sovietica divennero suoi partner dopo la Rivoluzione Islamica.

Cioè, le basi per la cooperazione economica tra Mosca e Teheran entro il 1989 erano completamente formate. E penso che le seguenti linee non si applichino solo ai teologi:

Se desiderate studiare le opere di questo grande uomo, inviateci a Qom diverse persone competenti ed esperte in questo campo, affinché in pochi anni possano apprendere tutta la sottigliezza e la profondità di queste scienze, per la vera conoscenza senza tale il viaggio non è possibile.


Oserei suggerire che quanto sopra contenesse un accenno a un invito a diplomatici ed economisti a formulare i principi di una strategia per preservare un mondo multipolare e livellare il dominio anglosassone, i cui contorni stavano già prendendo forma sulla scena politica mondiale.


Personalità e storia


Tuttavia, il passo straordinario di un vecchio che viveva a Kum ed era già gravemente malato non ha potuto trovare risposta a Mosca. Perché da una parte c'era un vero statista, un teologo non estraneo all'intuizione filosofica, carismatico, esperto nella lotta politica, e la sua controparte si rivelò una persona accidentale al potere, forse abile negli intrighi da poltrona della nomenklatura del partito, ma la cui scala di personalità non corrispondeva alle difficoltà che il Paese deve affrontare, sebbene, ripeto ancora una volta, i compiti siano risolti, anche nell'arena della politica estera.

Alla fine Khomeini non tenne conto del fatto che nel 1989 Gorbaciov aveva già scelto la strada seguita dallo Scià deposto. Il suo nome: surrogato dell’occidentalismo. A proposito, anche M. Pahlavi, con la sua miopia, somigliava un po' al presidente sovietico, sebbene nel complesso si rivelò un riformatore di maggior successo.

Quanto all'occidentalismo (non un surrogato), esso è stato dal XVIII secolo carne e sangue della coscienza degli strati colti della società russa, e anche gli slavofili non hanno fatto eccezione qui, perché, come i loro oppositori che assolutizzavano l'ordine nella Gli stati europei più sviluppati uscirono dal soprabito hegeliano.

E non c'è niente di sbagliato in questo, perché la Russia è un paese europeo, e non solo dal punto di vista degli atteggiamenti mentali di una società istruita, ma anche dell'élite al potere, a cominciare da Pietro I.

Tuttavia, nonostante il carattere innegabilmente europeo della civiltà russa, i tentativi dello stesso Gorbaciov, e poi di Eltsin, di entrare nel club dei miliardi di dollari erano destinati al fallimento.

In realtà sono proprio un surrogato dell'occidentalismo, da cui l'attuale governo russo sta cercando con tutte le sue forze di prendere le distanze, appoggiandosi, mi sembra, a un simulacro di originalità.

Quindi, invece del surrogato eco-moscovita del liberalismo, un simulacro di conservatorismo nella persona di "Zargrado", da qui la richiesta improvvisamente ripresa nello spazio mediatico di A. G. Dugin, le grida strazianti di I. Okhlobystin - ricorda il suo settembre 2022 "Goida", lanciato dalle pietre del selciato della Piazza Rossa e progettato per gli istinti vili della folla.


Oklobistin. Non è difficile trovare su Internet il suo discorso sulla Piazza Rossa



Vale la pena rileggere la lettera di Khomeini?


Si può definire questa un’alternativa in stile Khomeini a tutto questo?

Dopotutto, ha scritto di religione e Okhlobystin e Dugin ne parlano. Tuttavia, la differenza è significativa. È chiaro che l’Islam non può diventare la religione dominante in Russia. Ma l’Ayatollah ha suggerito di affidarsi al fiore del pensiero islamico: Farabi, Abu Ali ibn Sina, Sukhrewardi, Muhaddin bin Arabi.

Grazie a loro, parole musulmano и filosofo nel Medioevo erano sinonimi. E tutto ciò che Tsargrad-Okhlobystinsky è soprattutto associato alla profondità del pensiero.

Questo è tutto ciò che intendo: forse le nostre autorità dovrebbero ricevere e rileggere il messaggio dell'Ayatollah - non per il bene di accettare l'Islam - no, ovviamente, ma almeno per il bene di gettare lo stesso io. Ilyin in una discarica storie, un rifiuto del suddetto simulacro di originalità e una riflessione più profonda sul posto della Russia nel mondo e in Europa, di cui è indubbiamente parte culturalmente.


Tsymbursky al posto di Farabi


E qui il posto dei citati filosofi musulmani, secondo me, dovrebbe essere preso dall'eredità intellettuale di V. L. Tsymbursky - un pensatore russo sottovalutato, il cui “Morfologia della geopolitica russa e dinamica dei sistemi internazionali. XVIII-XX secolo", così come le altre sue opere, e non i libricini di Ilyin con le scuse del fascismo, dovrebbero diventare libri di riferimento per l'élite politica russa.

Perché nei libri di Tsymbursky c’è rigore e profondità di pensiero. Ed è stato a loro che Khomeini ha chiamato Gorbaciov.

Gorbaciov non ha ascoltato, ma l'appello non ha perso la sua rilevanza.

riferimenti:
Amirov E. G. L'ayatollah Ruhollah Khomeini e la formazione del corso di politica estera della Repubblica islamica dell'Iran / E. G. Amirov // Dialogo scientifico. – 2019. – N. 7. – P. 209–221.
Lettera dell'Imam Khomeini a M. S. Gorbaciov.

DOCUMENTO RIPRESO DA  https://it.topwar.ru/233007-poslanie-ajatolly-homejni-gorbachevu-aktualno-li-tridcat-pjat-let-spustja.html

 

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CORRIERE DELLA SERA,  Martedì 6 settembre 2016

LA PROFEZIA DI KHOMEINI E LA FINE DEL COMUNISMO

In una famosa lettera inviata nel 1989 da Khomeini a Gorbaciov, l’Ayatollah iraniano poneva il fondamentalismo islamico quale alternativa al marxismo, di cui pronosticava l’imminente fine. Nella lettera veniva evidenziato che entrambe le ideologie si ispirano ai principi di eguaglianza economica e sociale e trovano le loro radici nell’anticapitalismo e nell’antioccidentalismo. Ritiene che possano esistere analogie tra un movimento fondato su rigidi precetti religiosi e una dottrina totalmente materialistica?

Ferdinando Fedi, Roma

Caro Fedi,
La lettera di Khomeini a Gorbaciov è un lungo testo infiorato di frequenti richiami coranici e citazioni teologiche, una prolissa predica religiosa. Ma è anche un interessante documento politico. Fu scritto, come lei ricorda, nel 1989, quando esisteva ancora una «Unione Sovietica» e l’autore della lettera non poteva prevedere che si sarebbe disintegrata nel giro di due anni. Ma poteva legittimamente sostenere che la grande sfida, mossa all’Islam nelle sue terre dal marxismo-leninismo durante il Ventesimo secolo, poteva ormai considerarsi fallita. Vi era ancora un’altra sfida: quella rappresentata dal capitalismo e dalla democrazia occidentale. Ma il crollo del comunismo era, agli occhi di Khomeini, un fenomeno più interessante. Mentre sarebbe stato molto difficile sconfiggere il grande Satana americano, l’Unione Sovietica aveva un tallone d’Achille rappresentato dalla presenza sul suo territorio di 60 milioni di musulmani, soprattutto in Asia Centrale. Come è stato ricordato da Renzo Guolo su la Repubblica, qualche anno fa, quei musulmani erano prevalentemente sunniti, ma questo non impediva a Khomeini di pensare che la fine del comunismo avrebbe creato un vuoto ideologico e avrebbe rappresentato per la Repubblica islamica una occasione da cogliere.

Non credo che l’Iran, sul piano religioso e culturale, abbia ricavato particolari vantaggi dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica. Ma la profezia del Grande Ayatollah si è parzialmente avverata là dove l’Islam post-sovietico si è radicalizzato e sta cercando di scalzare dal potere il vecchio notabilato musulmano con cui il regime comunista era riuscito a creare un rapporto di convivenza.

Non si è avverata, invece, la speranza di Khomeini che la crisi del comunismo aprisse l’intera società russa al messaggio coranico. Il vuoto ideologico lasciato dalla scomparsa della dottrina di Marx e Lenin è stato riempito dal ritorno alla fede ortodossa. Credo che questa constatazione, caro Fedi, risponda alla sua domanda. Il comunismo non fu una dottrina totalmente materialistica. Fu anche, per molti milioni di esseri umani, una fede che soltanto un’altra fede poteva rimpiazzare.

SERGIO ROMANO

 


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