27 novembre 2019

F. FORTINI, C'era una donna






C’era una donna che sola ho amata
come nei sogni si ama se stessi
e di bene e di male l’ho colmata
come gli uomini fanno con se stessi.
Essa era quella che avevo voluta
per essere chiamata col mio nome
e lo diceva, quando l’ho perduta.
Ma forse quello era il mio nome.
E vo per altre stagioni e pensieri
altro cercando al di là del suo viso;
ma più mi stanco per nuovi sentieri
sempre più chiaro conosco il suo viso.
Forse è vero, e più savi l’hanno scritto:
oltre l’amore c’è ancora l’amore.
Si sperde il fiore e poi si vede il frutto:
noi ci perdiamo e si vede l’amore


Franco Fortini

R. K. SALINARI, ALIAS: ALEPH





Giorgio Amico
Vivere in un mondo e sognarne un altro
La modernità capitalistica in cui abbiamo la ventura di vivere si connota, per usare il titolo di una fortunata opera di René Guénon, come il regno della quantità a partire da una onnipervasiva presenza delle merci. È il mondo del molteplice, della progressiva frammentazione di tutto ciò che prima rappresentava comunque un'unità, della separazione dell'uomo da se stesso e dunque dagli altri uomini e dalla natura.
Si vive in un eterno presente, connotato da un consumo ipertrofico e compulsivo, in una eterna illusoria primavera che rifiuta l'idea stessa della malattia, dell'invecchiamento e della morte. L'avvento del mondo moderno con il suo razionalismo esasperato e il suo culto della tecnica e della scienza segna una perdita profonda di significato:
“Quanto più si è sviluppata la coscienza scientifica – annota Jung in uno dei suoi ultimi scritti – tanto più il mondo si è disumanizzato. L'uomo si sente isolato nel cosmo, perché non è più inserito nella natura e ha perduto la sua «identità inconscia» emotiva con i fenomeni naturali (…) Nessuna voce giunge più all'uomo da pietre, piante o animali, né l'uomo si rivolge ad essi sicuro di venire ascoltato. Il suo contatto con la natura è perduto, e con esso è venuta meno quella profonda energia emotiva che questo contatto simbolico sprigionava. Questa perdita enorme è compensata solo dai simboli dei sogni. Essi ci ripropongono la nostra natura originaria, con i suoi istinti e il suo particolare pensiero”.
Concetto ripreso e sviluppato da Raffaele Salinari che evidenzia il carattere di vera e propria sofferenza psichica causata da questa radicale trasformazione del vivere e del sentire:
"La ricerca di livelli sempre più nevrotici di sicurezza fisica individuale è degenerata in una insicurezza generalizzata, e questo ha prodotto una tecnologia sempre più energivora ed aggressiva; la dipendenza da ciò che di fatto non controlliamo - le reti globali sfuggono alla gestione del singolo - sono la fonte maggiore di instabilità profonda, sia per le singole persone, sia per l'umanità intera.
In definitiva, il decadimento del sacro dal nostro orizzonte immaginale, e il conseguente svuotamento simbolico dei suoi gesti, genera a sua volta una visionarietà «perturbata» delle relazioni natura/cultura che mette a repentaglio il nostro stesso equilibrio psichico, ammorbato dalla volontà di affermazione prometeica e di sottrazione all'ordine superiore delle cose".
È un passo di Alias:Aleph , volume in cui l'autore (medico, docente universitario, scrittore, attivista nel campo della tutela dei diritti umani) raccoglie una corposa serie di scritti apparsi negli anni scorsi sul supplemento culturale de il manifesto e ispirati dal famoso racconto di Borges, preso a simbolo della condizione umana e di possibili percorsi di liberazione da questo stato di estrema alienazione simbolizzati dalla ricerca dei luoghi dove si manifesta l'Aleph, prima lettera dell'alfabeto ebraico e dunque simbolo di quell'unità primordiale di tutto ciò che esiste che, come la tradizione ci insegna, è compito di ogni uomo tentare di ricomporre.
Tema di tutti gli scritti, che riuniti in volume manifestano a pieno la loro organicità quasi a ricomporre un ideale percorso di ricerca, è il ritorno a questa unità primordiale, la ricerca instancabile della "parola perduta" del mito hiramico che, tradotta nel nostro linguaggio moderno, significa superamento della frammentazione del mondo fenomenico e dunque attribuzione di senso e significato alla nostra stessa esistenza individuale.
Leggere questo libro è compiere un viaggio simile al volo mistico dello sciamano alla ricerca dell'anima perduta, fondamento della guarigione della malattia del vivere in tutte le sue manifestazioni comprese quelle fisiologiche. Un percorso verso il centro del labirinto degli stati molteplici dell'essere che, come ci ricorda Dante nella Commedia, che di questo tratta, non porta fuori dal mondo, ma rendendoci pienamente umani ci avvicina all'altro, ci rende veramente capaci di compassione, cioè di sentire la sofferenza degli altri come nostra.
E allora, ai tanti luoghi alefici raccontati con estrema maestria dall'autore noi ci permettiamo di aggiungere Lampedusa, oggi la porta cardine della ri/scoperta dell'altro come parte essenziale della nostra stessa esistenza di uomini capaci di "virtute e canoscenza" o, come dice una tradizione di cui ci sentiamo profondamente parte, "liberi e di buoni costumi".
Articolo ripreso da: http://cedocsv.blogspot.com/2019/11/

22 novembre 2019

J.A. BRODSKIJ, VERSO IL MARE DELLA DIMENTICANZA







Verso il mare della dimenticanza 

Non è necessario che tu mi ascolti, non è importante che tu senta le mie parole,
no, non è importante, ma io ti scrivo lo stesso (eppure sapessi com’è strano, per me, scriverti di nuovo,
com’è bizzarro rivivere un addio…
Ciao, sono io che entro nel tuo silenzio.

Che vuoi che sia se non potrai vedere come qui ritorna primavera
mentre un uccello scuro ricomincia a frequentare questi rami,
proprio quando il vento riappare tra i lampioni, sotto i quali passavi in solitudine.
Torna anche il giorno e con lui il silenzio del tuo amore.

Io sono qui, ancora a passare le ore in quel luogo chiaro che ti vide amare e soffrire…

Difendo in me il ricordo del tuo volto, così inquietamente vinto;
so bene quanto questo ti sia indifferente, e non per cattiveria, bensì solo per la tenerezza
della tua solitudine, per la tua coriacea fermezza,
per il tuo imbarazzo, per quella tua silenziosa gioventù che non perdona.

Tutto quello che valichi e rimuovi
tutto quello che lambisci e poi nascondi,
tutto quello che è stato e ancora è, tutto quello che cancellerai in un colpo
di sera, di mattina, d’inverno, d’estate o a primavera
o sugli spenti prati autunnali - tutto resterà sempre con me.

Io accolgo il tuo regalo, il tuo mai spedito, leggero regalo,
un semplice peccato rimosso che permette però alla mia vita di aprirsi in centinaia di varchi,
sull’amicizia che hai voluto concedermi
e che ti restituisco affinché tu non abbia a perderti.

Arrivederci, o magari addio.
Lìbrati, impossèssati del cielo con le ali del silenzio
oppure conquista, con il vascello dell’oblio, il vasto mare della dimenticanza.

Josif Aleksandrovič Brodskij

20 novembre 2019

A FUTURA MEMORIA





QUANDO LA PENNA ERA UNA SPADA



"Ho tentato di raccontare qualcosa della vita di un paese che amo, e spero di aver dato il senso di quanto lontana sia questa vita dalla libertà e dalla giustizia, cioè dalla ragione. La povera gente di questo paese ha una gran fede nella scrittura, dice - basta un colpo di penna - come dicesse - un colpo di spada – e crede che un colpo vibratile ed esatto della penna basti a ristabilire un diritto, a fugare l'ingiustizia e il sopruso. Paolo Luigi Courier, vignaiuolo della Turenna e membro della Legion d'onore, sapeva dare colpi di penna che erano come colpi di spada; mi piacerebbe avere il polso di Paolo Luigi per dare qualche buon colpo di penna: una «petizione alle due Camere» per i salinari di Regalpetra per i braccianti per i vecchi senza pensione per i bambini che vanno a servizio. Certo, un po' di fede nelle cose scritte ce l’ho anch'io come la povera gente di Regalpetra: e questa è la sola giustificazione che avanzo per queste pagine.
Regalpetra, si capisce, non esiste: «ogni riferimento a fatti accaduti e a persone esistenti è puramente casuale». Esistono in Sicilia tanti paesi che a Regalpetra somigliano; ma Regalpetra non esiste. Esistono a Racalmuto, un paese che nella mia immaginazione confina con Regalpetra, i salinari; in tutta la Sicilia ma sono braccianti che campano 365 giorni, un lungo anno di pioggia e di sole, con 60.000 lire; ci sono bambini che vanno a servizio, vecchi che muoiono di fame, persone che lasciano come unico segno del loro passaggio sulla terra - diceva Brancati - un'affossatura nella poltrona di un circolo. La Sicilia è ancora una terra amara. Si fanno strade e case, anche Regalpetra conosce l'asfalto e le nuove case, ma in fondo la situazione dell'uomo non si può dire molto diversa da quella che era nell'anno in cui Filippo II firmava un privilegio che dava titolo di conti ai del Carretto e Regalpetra elevava a contea.
Giorni addietro un mio parente mi diceva - ho saputo che hai scritto delle castronerie sui ragazzi che vanno a servizio, davvero castronerie sono, io sto cercando per terra e per mare un ragazzo per i servizi di casa, manco a pagarlo a peso d'oro lo trovi. Dico - bene, è segno che si sta meglio. Bestemmiando mi
investe - bene un c...; io non posso trovare un ragazzo e tu mi dici bene, capisci che senza un ragazzo non posso andare in campagna?; e poi non credere che sia impossibile trovarlo perché ora si sta meglio; meglio un c... si sta; è che non vogliono venire a servizio per orgoglio, si contentano morire di fame.
Involontariamente dico ancora - bene. Per fortuna non sente, continua - sai che mi disse una mamma che voleva allogare il figlio da me?, mi disse che era delicato e almeno un uovo al giorno avrei dovuto dargli; così sono fatti oggi i poveri, e tu scrivi...
Questo c'è di nuovo: l'orgoglio; e l'orgoglio maschera la miseria, le ragazze figlie di braccianti e di salinari passeggiano la domenica vestite da non sfigurare accanto alle figlie dei galantuomini, e galantuomini commentano - guardate come vestono, il pane di bocca si levano per vestire così -; e io penso - bene, questo è forse un principio, comunque si cominci l'importante è cominciare. Ma è un greve cominciare, è come se la meridiana della Matrice segnasse un'ora del 13 luglio 1789, domani passerà sulla meridiana l'ombra della Rivoluzione francese, poi Napoleone il Risorgimento la rivoluzione russa la Resistenza, chissà quando la meridiana segnerà l'ora di oggi, quella che è per tanti altri uomini nel mondo l'ora giusta. "

Leonardo Sciascia ( 8 gennaio 1921 – 20 novembre 1989) - da " Le Parrocchie di Regalpetra " Pag. 5

Leonardo Sciascia © Ferdinando Scianna/Magnum Photos 1979