28 novembre 2012

PIRANDELLO E IL FASCISMO





Luigi Pirandello è stato, senza alcun dubbio, uno degli autori più grandi del 900. Eppure, nonostante la sua indiscutibile grandezza, qualche debolezza l’ha avuta nella vita. Tra queste si annovera senz’altro quella che un caro amico denuncia in questo suo breve articolo.  Per noi, comunque, Pirandello rimane  grande e la sua opera non può essere valutata sulla base delle sue discutibili scelte politiche.

Bernardo Puleio - Pirandello, Mussolini e l’adesione al fascismo

Il 28 ottobre 1923 Pirandello  dichiara a <<L’idea nazionale>> che Mussolini per lui è benedetto  perché incarna il dualismo di vita  e forma sotto forma di movimento che debba trovare,  in una forma ordinata il suo freno. Il 19 settembre 1924  Pirandello pubblica su <<L’impero>>, la richiesta di affiliazione al PNF:

Eccellenza, sento che per me questo è il momento più propizio di dichiarare una fede nutrita e servita sempre in silenzio. Se l’E. V.mi stima degno di entrare nel Partio Nazionale fascista, pregierò come massimo onore tenervi il posto del più umile  e obbediente gregario. Con devozione intera.

Il 23 settembre del 1924, Telesio Interlandi in un articolo apparso su <<L’impero>>, intitolato Perché Pirandello è fascista, spiegava, anche a seguito di una sua conversazione con l’autore le ragioni del fascismo di Pirandello:

Pirandello ha spiegato il suo atto con una sola parola: Matteotti. L’oscena speculazione compiuta sul cadavere del deputato unitario, l’industrializzazione di quel cadavere spinta fino alle più rivoltanti conclusioni, la campagna di menzogne e di falsità prosperante su quel macabro terreno, il tentativo, in parte riuscito, di ridurre il Fascismo da fenomeno storico a fenomeno di malavita politica, la chiara percezione del tremendo pericolo che corre il paese abbandonato ai suoi avvelenatori; tutto questo ha spinto Pirandello a dar forma concreta a quello che fu sempre un atteggiamento del suo spirito.

Oscene e rivoltanti sono le affermazioni di Interlandi: in pratica, Pirandello non ha chiarezza, o peggio ce l’ha, di che cosa significhi per la vita liberale del paese l’assassinio Matteotti: e proprio quando il fascismo getta la maschera, decide di iscriversi.
Che Interlandi su questo punto abbia in pieno interpretato il pensiero di Pirandello lo dimostra il fatto che Pirandello scriverà una smentita delle opinioni attribuitegli dal giornalista solo relativamente alla libertà di stampa per la quale  fa notare come inutili siano apparse le restrizioni che non hanno calmato il clima di odio in chi quasi retoricamente si riempie il petto di libertà ma in effetti (<<L’impero>>, 24 settembre 1924, bisognerebbe andare contro risolutamente  queste parole (libertà) e farle scappare illividite di paura (dunque nella sostanza il letterato si schiera a favore di leggi liberticide purché non siano colorate tanto di sangue).
Ma un’altra cosa Interlandi attribuisce a Pirandello e Pirandello non smentisce, quando afferma che a giudizio dello scrittore solo errore di Mussolini  e del fascismo era stato p. 1252  valorizzare i loro avversari:

Mussolini e il Fascismo hanno avuto il torto di valorizzare i loro avversari. Questo Pirandello non lo perdonerà mai, specialmente al Duce. L’avere fatto d’un mediocre politicante una specie di Anti – mussolini, l’avere parlato di Capi delle forze (?) avversarie, l’avere discusso tutti i gesti  e le parole degli oppositori, anche dei più spregevoli, questo è il torto massimo del fascismo.

E dunque Pirandello è pienamente fascista  e spregevole nell’animo. Giovanni Amendola replica in un articolo al vetriolo apparso su <<Il Mondo>> del 25 settembre 1924, titolo <<Un uomo volgare>> prima facendo riferimento ad un geniale uomo che ha fatto una di quelle pensate che nel paese di Pulcinella si chiamano mascole, p. 1255, diventando apostolo mussulmano della  fede fascista.
Quindi dichiara che la sua pensata di sopprimere la Camera dei deputati (in contrasto con l’intuizione fascista dello stato), di cambiare il senato, in un’assemblea mista di tecnici (per metà di nomina regia e per metà di nomina delle deputazioni provinciali), costituisce un’audacia,   da far vergognare, come pantofolaio della più deplorevole risma, il Duce medesimo ed  i suoi più accesi seguaci – che ancora non ci avevano pensato! Di fatto  è quello che Mussolini farà minacciando  e poi trasformando la Camera dei deputati: qualsivoglia cosa si vuol pensare dell’intervento duro  e appassionato di Amendola qui l’analisi storica e politica del liberale  è chiarissima: Pirandello è  più guerrafondaio e antiliberale, più azionista, in senso autoritario e antidemocratico, del Duce: è più fascista del capo per il suo atteggiamento di disprezzo verso gli organi di controllo parlamentare inoltre, letto l’episodio col senno di poi e con i tanti pericoli che giustamente Amendola scorgeva nel discorso unilaterale di Pirandello,  il suo pensiero è l’anticamera del più becero e violento e volgare controllo, della più inaudita soppressione di organi giuridici indipendenti: questa minaccia coglie Amendola e per questo il suo discorso è violento  e non privo di invettive: c’è in gioco la libertà e la dignità del Parlamento  e della nazione e i suggerimenti di Pirandello sono scandalosamente autoritari  e fascisti. Quindi, con sarcasmo  spregiativamente, Amendola chiamerà Pirandello autore di commedie:

Ahimè, povero autore di commedie! Si sente, si sente in queste tue volgari scemenze l’umile origine del fabbricatore nostrano di bella letteratura, prono dinanzi alla Dea réclame ed ai suoi sacerdoti . . . E così questo povero autore, che peregrinò venti anni in cerca di fama – come uno dei suoi personaggi in cerca d’autore – e che finalmente trovò il suo autore  e l’inventore della sua più generosa valutazione non troppo lontano dal bersaglio odierno dei suoi strali sine ictu – oggi generalizza da sé al prossimo e, cieco e sordo alla realtà che lo circonda, proclama solennemente: senza la réclame  del fascismo l’Opposizione non esisterebbe.
No caro personaggio che ha trovato il suo autore! Noi siamo di quelli che fabbricano i giornali, non di quelli – come voi – che sono fabbricati dai giornali.  E restate  pure con la coscienza tranquilla: il vostro Duce e il vostro fascismo non ci hanno creato in alcun modo, perché anzi ci avrebbero distrutti assai volentieri.

Come, poi, auspice anche il discorso, la pensata geniale di Luigi Pirandello,  sarebbe accaduto col blocco delle attività delle camere.
Pirandello rispose un mese dopo, il 30 ottobre del 1924  su <<L’impero>> con una lettera aperta ad alcuni amici che lo avevano spinto a intervenire dicendo:

Chi mi conosce sa bene che io non sono <<un uomo volgare>>.

Precisando che non per ottenere un seggio al senato (di cui con insistenza già da diversi mesi si discuteva) si era iscritto al Partito fascista ma nulla rispondendo nella sostanza alle accuse rivolte alla sua bella pensata sul ruolo della camera.

Bernardo Puleio

N. B. : Le citazioni sono tratte da  L. PIRANDELLO, Saggi  e interventi, a cura di F. TAVIANI, <<I meridiani>>, Mondadori, Milano 2006, pp. 1249-57.

1 commento:

  1. Ringrazio l'amico Francesco Virga per avere pubblicato sul suo interessantissimo e colto blog questo mio piccolo intervento sull'adesione al fascismo di Pirandello.
    Bernardo

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