20 settembre 2015

MAFIA E ANTIMAFIA OGGI








Ricordate cosa scrivevo circa un mese fa?
Per coloro che hanno la memoria corta, lo ripeto:

"Le parole oggi sembrano aver perduto il loro originario significato. Siamo vicini all'antica babele delle lingue e non ci si comprende più. Siamo arrivati al punto che i mafiosi fanno finta di combattere la mafia e sul banco degli imputati si trovano spesso magistrati e rappresentanti delle istituzioni. Tutto questo disorienta e rafforza il sistema mafioso.
A quanti ci rimproverano di non aver aperto bocca su recenti fatti di cronaca, ricordiamo che in questo blog, creato esattamente quattro anni fa, più della metà dei suoi pezzi sono stati dedicati all'analisi del sistema di potere clientelare-mafioso che ha distrutto il nostro amato Paese."

Il recente COMUNICATO STAMPA di LIBERO FUTURO non fa che confermare quanto detto sopra.

 "Il terremoto giudiziario che sta colpendo il Tribunale di Palermo, se le accuse più pesanti dovessero essere provate, darebbe un duro colpo alla credibilità delle istituzioni preposte alla lotta alla mafia. In gioco non c’è soltanto il futuro professionale di alcuni giudici e di una miriade di professionisti chiamati a gestire i beni sequestrati ma la tenuta stessa della legislazione sulle misure di prevenzione che rimane strumento strategico per la lotta alla Mafia.
CSM,   Ministero della giustizia, e  Ordini professionali, si sono disinteressati, quando addirittura, vedi il caso della Commissione antimafia, sono arrivati a umiliare chi come il Prefetto Caruso denunciava pubblicamente gravi irregolarità nella gestione dei beni sequestrati.
Bisogna ricordare che la cancellazione delle misure di prevenzione era una delle richieste avanzate dai mafiosi con il Papello nella trattativa Stato-Mafia. E’ evidente che nessuno oggi può proporre l’abrogazione delle norme introdotte con la legge Rognoni-La Torre, e l’unica strada è quella di una cattiva applicazione della normativa e di una cattiva gestione dei beni, che faccia saltare il sistema.
Pertanto, oggi più che mai, si impone una riflessione complessiva che ci consenta di capire cosa è successo e perché certe distorsioni dei procedimenti giudiziari siano potute avvenire.1) Il primo dato certo è che troppi beni e aziende confiscate vanno in malora. Le norme sui sequestri, infatti, sono ispirate a quelle sui fallimenti, mentre tutti sanno che la normativa prevede altri approcci, dall’amministrazione controllata alla legge c.d. Prodi, per le grandi aziende in crisi, alla più recente normativa sulle imprese coinvolti in attività di riciclaggio. Sappiamo che gestire beni sequestrati non è semplice, ma certi scempi sono sotto gli occhi di tutti. Anche le cose più semplici da gestire e mettere a frutto, come le abitazioni o i terreni quasi sempre restano in abbandono per anni.
2) Troppi sequestri non finiscono in confisca. La normativa, come interpretata dalla giurisprudenza, prevede che il sequestro possa essere disposto anche in presenza di soli indizi, ma questo non deve comportare che in ogni caso di dubbio si propenda per la misura cautelare, considerando sempre che sia meglio sequestrare che non farlo, perché è più facile e meno problematico rispetto all’agire con cautele ed approfondimenti. D’altro verso, i tempi che occorrono per un’analisi serena della proposta sono inevitabilmente lunghi per ragioni connesse all’enorme carico di sequestri e le necessità di approfondimenti ed obiettive analisi contabili, che sebbene in futuro, verosimilmente saranno evase con margini temporali più contenuti, resteranno comunque superiori all’anno. L’attuale impianto normativo non prevede peraltro (circostanza che non è gradita alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo come rimarcato in diverse pronunzie) un riesame immediato in altro grado di giudizio delle valutazioni operate dal Tribunale nella fase cautelare del sequestro. In altre parole se questo fosse partito da un errore di valutazione percepibile già in quella fase nessun Giudice del Riesame è oggi chiamato a valutarlo e quando questo dovesse refluire nel provvedimento di restituzione, per l’economia dell’azienda potrebbe essere già troppo tardi. Un gran numero di beni ed aziende leciti, infatti, vengono sequestrati e poi restituiti malconci, determinando un grave danno sociale.
3) Non vi è sufficiente trasparenza nell’assegnare incarichi e ciò non giova certamente alla sana gestione dei beni. C’è da chiedersi, come mai non siano stati predisposti gli albi dei professionisti presso i Tribunali delle misure di prevenzione. Il regolamento del 2013 sugli Albi Nazionali (destinato a dare esecuzione alla norma già emanata nel 2010) aveva esplicitamente previsto cosa dovesse essere consultabile da chiunque in ossequio a condivisi principi di trasparenza e cosa soltanto dagli operatori del settore e le forze di Polizia, ma ancora risulta inattuato
4) Da tempo giacciono in Commissione Giustizia alla Camera proposte di riforma della normativa sulle confische avanzate ad esempio da CGIL o LIBERA che dovrebbero al più presto essere approvate. (Le proposte di LIBERA) (La proposta di legge di iniziativa popolare della CGIL  ) (L’iniziativa della CGIL).
In questo momento di emergenza e di crisi determinata dai fatti palermitani, comunque vadano le indagini, urge una discussione approfondita su questi temi cruciali alla quale nessuno puo sottrarsi.
Dal canto nostro, non ci limitiamo a fare critiche ma stiamo promuovendo esperienze concrete di collaborazione con il Tribunale delle misure di prevenzione di Trapani, l’Agenzia nazionale ed alcuni Amministratori giudiziari. Siamo certi, infatti che l’esperienza e la professionalità degli imprenditori antiracket può essere determinante per la sana e produttiva gestione dei beni sequestrati e confiscati e lo stiamo dimostrando già con le prime esperienze. (DUE VILLE SEQUESTRATE DIVENTANO SPAZIO LIBERO) (EXTRA ETICO, UN MARCHIO PER I PRODOTTI DELLE AZIENDE SEQUESTRATE).
Concludendo: quanto le cronache hanno raccontato in ordine allo “scandalo” palermitano potrà risultare sicuramente frutto dell’elaborazione soggettiva che di tale normativa hanno fatto alcuni degli operatori chiamati ad applicarla. Certo però è che se la norma fosse scritta in termini chiari e precisi, con parametri applicativi ed operativi oggettivi, si faciliterebbe il compito di Chi è chiamato ad applicarla costituendo contestualmente una guida univoca per l’interprete ed una garanzia di equanimità applicativa.

LiberoFUTURO

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