06 maggio 2023

GRAMSCI E PASOLINI. 1. IL POETA DELLE CENERI

 



IL POETA DELLE CENERI.

Da Le ceneri di Gramsci (1957) al Poeta delle ceneri (1966)

 

Nel 1956, sul n.17-18 della rivista Nuovi Argomenti, diretta da Alberto Carocci e Alberto Moravia, escono alcuni versi di Pier Paolo Pasolini intitolati Le ceneri di Gramsci, scritti nel 1954 dopo aver visitato la tomba del pensatore sardo nel cimitero inglese di Roma.

Italo Calvino, qualche giorno dopo la pubblicazione delle terzine pasoliniane, su Rinascita scrive: «sono convinto che con Le ceneri di Gramsci si apre una nuova epoca della poesia italiana”. [1]

Nel 1957 esce in volume, per i tipi della Garzanti, una nuova raccolta di versi di Pasolini, che si aggiungono a quelli pubblicati l'anno precedente su Nuovi Argomenti, con lo stesso titolo. Il libro registra immediatamente un successo di pubblico e di critica.


Questi i versi centrali del poemetto:

 

Lo scandalo del contraddirmi, dell'essere

con te e contro te; con te nel cuore,

in luce, contro te nelle buie viscere;

 

del mio paterno stato traditore

- nel pensiero, in un'ombra di azione -

mi so ad esso attaccato nel calore

 

degli istinti, dell'estetica passione;

attratto da una vita proletaria

a te anteriore, è per me religione

 

la sua allegria, non la millenaria

sua lotta: la sua natura, non la sua

coscienza; è la forza originaria

 

dell'uomo, che nell' atto s'è perduta,

a darle l'ebbrezza della nostalgia,

una luce poetica: ed altro più

 

io non so dirne, che non sia

giusto ma non sincero, astratto

amore, non accorante simpatia...

 

Come i poveri povero, mi attacco

come loro a umilianti speranze,

come loro per vivere mi batto

 

ogni giorno. Ma nella desolante

mia condizione di diseredato,

io possiedo: ed è il più esaltante

 

dei possessi borghesi, lo stato

più assoluto. Ma come io possiedo la storia,

essa mi possiede; ne sono illuminato:

ma a che serve la luce?"

Sbaglia, secondo me, chi pensa di trovare in questi versi la spiegazione del conflitto vissuto da Pasolini di fronte a Gramsci. 

Ancora più lucidi e profetici appaiono i versi conclusivi di questo straordinario testo, laddove Pasolini tornerà a parlare dell' attrazione profonda - anche se, in primo luogo,   istintiva - provata per il brusio della vita scoperta nei primi anni cinquanta nei quartieri periferici romani, che descriverà nei minimi dettagli e con le stesse parole romanesche dei suoi protagonisti in Ragazzi di vita e Una vita violenta. Il poeta, pur  essendo attratto dalla serenità mostrata dai persi, miseri e inermi, sa che soltanto nella storia si ha vita; ma drammaticamente si domanda:

potrò mai più con pura passione operare,

se so che la nostra storia è finita?

        Tra i tanti interventi critici fece clamore immediatamente quello di Franco Fortini, amico e collaboratore di Pasolini nella rivista OFFICINA[2], che il corsaro aveva creato nel 1955, insieme a Francesco Leonetti, Roberto Roversi e Gianni Scalia.

 Pasolini, quando voleva, sapeva anche essere autocritico. E, più di una volta, ha temuto che la sua "incorreggibile mania"(Trasumanar e organizzar, 1971) di cercare e di dire la verità, oltre a fargli perdere amici cui teneva tanto (come Fortini), avrebbe potuto condurlo a sbattere la testa contro i muri del potere. Leonardo SCIASCIA, che amava la verità non meno di PPP, sapendo cosa si rischia a gridarla ai quattro venti, è stato più prudente dell'amico.

Spesso si dimentica che il visionario Pasolini aveva gli occhi più aperti di quanto comunemente si crede e, pur avendo sognato un PCI diverso da quello reale, sapeva - molto meglio di tanti intellettuali operaisti che criticavano da sinistra il Pci (Alberto Asor Rosa, Mario Tronti e lo stesso Franco Fortini) – che «gli operai vogliono il PCI com'esso in sostanza è».[3]

 CONTINUA



[1]CALVINO Italo,

[2]Una fondamentale ricostruzione storica e critica della rivista  si deve a Gian Carlo Ferretti: “Officina”, Cultura, letteratura e politica negli anni cinquanta, Einaudi, Torino 1975. Va ricordato anche il giudizio pieno di entusiasmo dato da Leonardo Sciascia alla stessa rivista che aveva ospitato diversi suoi scritti.

[3]PASOLINI, Trasumanar e organizzar, Garzanti, Milano 1971, p. 69. In queste pagine Pasolini polemizza duramente con questi intellettuali.


Nessun commento:

Posta un commento