Ci avete mai fatto caso che tutti quelli (di destra e di sinistra. La collocazione in questo caso non conta) che straparlano di mondialismo, massoneria, Bildenberg, strapotere delle banche, signoraggio dopo un po' abbassano la voce e con l'aria di chi svela il segreto dei segreti incominciano a parlare degli ebrei, della “lobby ebraica” americana e, se sono di sinistra, di Israele? Succede quasi sempre sia che si tratti di iniziative pubbliche che di conversazioni private. Alla fine è sempre sul complotto ebraico che il discorso va a cadere. E guai a definirli antisemiti. Loro non ce l'hanno con gli ebrei, semmai con la "finanza ebraica"!
Stefano Jesurum
Quant’è dura a sparire la leggenda del
complotto ebraico
Anni fa, proprio su queste pagine, Ranieri Polese,
recensendo Cospirazioni. Trame, complotti, depistaggi e altre
inquietanti verità nascoste di Kate Tuckett (Castelvecchi),
lamentava il silenzio di quello scritto sul massimo esempio di
costruzione di un complotto mondiale, i Protocolli dei savi anziani
di Sion . Gli faceva poi eco (scusate la cacofonia) Umberto Eco, che
sollecitava una ristampa einaudiana di Licenza per un genocidio di
Norman Cohn, «che sulla storia dello pseudo-complotto ebraico aveva
scritto nel 1967 cose definitive».
Lacuna adesso meritevolmente colmata da Castelvecchi
con la riedizione del lavoro di Cohn, definito da Isaiah Berlin «uno
dei più grandi tra gli storici moderni». E ben venga in questa
stagione dove le costruzioni mitologico-complottarde sono all’ordine
del giorno e riempiono la bocca nonché, ahinoi, la testa di troppi
soggetti: dai grillini più ignoranti agli anti-israeliani
patologici, per finire con molteplici frange della galassia
neonazista.
In Licenza per un genocidio si racconta scientificamente, ma al tempo stesso in maniera godibilissima, il lungo viaggio del mito del complotto ebraico, che dalle origini protocristiane, tra il II e il IV secolo, si trasforma 7-8 secoli più tardi nell’Europa occidentale in terrificante demonologia, sempre cristiana, fino all’età moderna, quando conquista la destra ottocentesca abitata da spie e occultisti, diventando così definitivamente strumento di azione politica. Ed ecco apparire i veri e propri Protocolli . Costruiti a Parigi a fine Ottocento da agenti segreti zaristi, successivamente diffusi e usati dal nazismo, dal fascismo e dallo stalinismo, dilagati quindi da un continente all’altro, dall’Urss all’America Latina, dall’Europa ai Paesi arabi. Sempre dimostrando la medesima stupefacente capacità, scrive Cohn, «di trasformare certi individui in ciechi fanatici, inaccessibili e sordi all’evidenza, e di turbare e confondere in varia misura molta gente in altri casi assai assennata».
Licenza per un genocidio si occupa dunque, sì,
soprattutto di storia, però anche di psicopatologia. Proprio in
questo senso la lettura del libro di Cohn aiuta a comprendere alcuni
atteggiamenti e slogan e «analisi» di chi nel conflitto
israelo-palestinese fa rivivere, forse perché è il suo inconscio ad
averne un bisogno profondo, una sorta di lotta all’ultimo respiro
tra il Male e il Bene. A scanso di equivoci dirò che non mi
riferisco affatto alle differenti, contrapposte e legittime visioni
politiche sul Medio Oriente, quanto invece, appunto, ad approcci che
a mio avviso hanno sovente più la natura dell’ossessione
patologica, a volte delirante.
Il supposto avvelenamento di Yasser Arafat a opera degli israeliani? «I Protocolli parlano non soltanto di servirsi di alcolici e donne dissipate per indebolire il fisico dei gentili, ma anche di inoculare loro direttamente le malattie». L’11 settembre 2001 e la quasi totalità degli orrori contemporanei ispirati e/o attuati dal Grande Satana sionista? Come i «Misteri quando insegnavano al popolo che l’Anticristo sarebbe stato un ebreo e che i suoi più devoti seguaci sarebbero stati ebrei»...
Si potrebbe andare avanti per pagine e pagine. Perché — sempre parafrasando Norman Cohn (Londra 1915 - Cambridge 2007) — esiste un universo sotterraneo dove fantasie patologiche, camuffate da idee, vengono rimuginate da imbroglioni e fanatici poco acculturati. «Ci sono momenti in cui questo universo sotterraneo emerge dalle profondità e di colpo stordisce, affascina e cattura una moltitudine di persone generalmente sane di mente e coscienziose, fino a spingerle ad abbandonare ogni ragione e ogni senso di responsabilità. Di tanto in tanto, può capitare che questo mondo sotterraneo irrompa sulla scena politica e intervenga ad alterare il corso della storia».
Un auspicio: che la lettura di Cohn possa servire da
antidoto universale, dal momento che le aberrazioni protocolliane e
le loro implicazioni hanno portato e possono purtroppo portare a
conseguenze che, tragicamente, vanno assai al di là
dell’antisemitismo e della sorte degli ebrei.
Il Corriere della Sera – 4 gennaio 2014
Norman Cohn
Licenza per un genocidio
«I Protocolli dei savi anziani di Sion» e il mito della cospirazione ebraica
Castelvecchi, 2013
22 euro
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