23 marzo 2014

I SONETTI DI W. SHAKESPEARE

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I  SONETTI DI WILLIAM SHAKESPEARE


Giuliana Lucchini



I sonetti di W. Shakespeare vengono pubblicati nel 1609 a Londra  presso Thorpe in formato ‘in-quarto’, sono rimaste 13 copie dell’originale, conservate in Biblioteche di Gran Bretagna e Stati Uniti.
Poesia d’amore fine secolo XVI. Spontaneità e artificio. La naturalezza lirica del sentimento d’amore viene a inserirsi perfettamente entro lo schema pre-costituito del ‘sonetto’ di moda. Petrarca nella mente, i poeti vi si esibiscono intorno alla corte di Elisabetta I. L’amore per la persona, vera o presunta, si concentra in amore per l’arte poetica, ne diventa un solo obiettivo, con tutto il trasporto che l’emozione comporta, sia il sentimento autentico o d’invenzione, messo al tornio dell’arte retorica e dell’immaginazione letteraria a vari livelli di bravura, secondo la forza del poeta coinvolto.
Perché Shakespeare eccelle sugli altri poeti suoi contemporanei? Perché il suo grado di eccellenza si manifesta non solo in un’opera lirica, ma anche in quella drammatica, in cui il suo talento non è più paragonabile, in quanto sovrasta tutti gli altri del suo tempo. Il suo genio creativo è di qualità unica, non ripetibile.

 
Shakespeare 3 

Shakespeare non  si limita a proseguire la traccia petrarchesca. Shakespeare inventa. Così la rigida forma del sonetto prenderà nome da lui (sonetto shakespeariano/sonetto inglese), per lo scarto inventivo sul sistema rimato con chiusura in distico finale, a soluzione dei 14 versi del testo fissati in pentapodia giambica : ABAB CDCD EFEF GG.

giuliana lucchini con chitarra 

Amore sacro e amore profano: amore spirituale e, per la prima volta in un testo lirico, amore carnale. Il puro afflato celebrativo dello spirito desiderante muove pulsioni scrittorie contaminato da contingenze di realtà quotidiane.
L’opera, composta di 154 ‘sonetti’, si articola per segmenti e gruppi, di argomento e tono diversi. Indirizzata alla persona amata – per la prima volta in letteratura da uomo a uomo – vi si muovono, non per voce propria ma condotti a mano dell’autore, ‘personae’, personaggi reali, almeno tre in rappresentazione : l’amato, oggetto del verso sublime; un poeta rivale che dedica poesie alla stessa persona amata, suscitando gelosie; una misteriosa e sensuale ‘dark lady’ enigmatica traditrice, in virtù della quale si consacra il triangolo amoroso, con effetto di novità per il verso canonico ancora una volta in gestazione anticonvenzionale.

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Ad essi si aggiungono i personaggi astratti, quasi tangibili, del Tempo, e della classica Musa, la Poesia. Natura e Morte non mancano, secondo l’immaginativa comune. Il non detto affiora. C’è tutto l’occorrente per una storia d’intrighi. Tale da rendere questo Canzoniere, lirico per natura, pronto ad affrontare anche le luci della ribalta del secolo XXI per un confronto drammatico. Secondo la profezia del sonetto 81, v. 11 : “And tongues to be, your being shall rehearse”.

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Gli ultimi due sonetti (153-154) sono invececonvenzionali e indipendenti dal contesto (sebbene vi si trovino passaggi ironici che lo connettono a chiusura del ciclo della ‘dark lady’). Vere esercitazioni di composizione poetica secondo canoni classici, le due variazioni, stile poetico-narrativo, possono essere state scritte in qualunque momento della vita del Poeta, a partire da sollecitazioni imitative di unepigramma greco del V secolo, ascritto a Marianus Scholasticus poeta bizantino, inserito nell’Antologia Palatina (in traduzione latina 1603, ma probabilmente tradotto prima in inglese da Ben Jonson – come sostengono gli studiosi).

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Sezione I.
La sequenza si presenta in struttura omogenea per stile e tema. Comprende il ciclo dei sonetti 1-17, d’argomento ‘matrimoniale’: il poeta in pratica esorta il giovinetto a sposarsi, perché la Bellezza eterna che in lui si raffigura possa, in contrasto con il Tempo distruggitore, rinnovarsi e vivere nella sua progenie. Tutto questo, impreziosito di riflessioni su natura e arte, verità e artefatto. Si celebra un mondo spirituale che esalta l’amore platonico del bello e benedice il santo riprodursi della creazione. Sebbene ossequioso, il sentimento d’amore è altruistico e fraterno fra uomini legati da rispetto e amicizia reciproca, con le dovute distanze di ceto, di censo, e d’età – il giovane appartenendo alla più alta nobiltà, bellissimo allo sguardo contemplativo del poeta: distanze sottolineate, nei più alti esiti, dall’uso letterario e aristocratico della seconda persona singolare, thou/thee (e conseguenti thy/thine) – eccezione fatta per il metaforico sonetto 5, che coinvolge il Tempo in modo diretto; e per i sonetti 13, 15, 16, 17, quando già affiora un più disinvolto coinvolgimento di relazione amichevole che permette al poeta di rivolgersi al nobile giovane con il più quotidiano, seppure reverente, uso del you (your/yours).

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Con la seconda più larga sezione dei sonetti, 18-126, inizia un rapporto interpersonale tra amato e amante, quasi metafisico, sviluppato in atteggiamento d’adorazione da parte dell’amante verso la Bellezza unica e totale – maschile/femminile (Master-Mistress) – che l’amato impersona (reso immortale nel sonetto 20 “A woman’s face, with Nature’s own hand painted”, v.1).
Il poeta prosegue nel tono deferente, con la dovuta devozione, mentre i termini del thou/you si interscambiano in testi susseguenti, a seconda dell’umore. È chiara una maggiore intimità fra poeta e destinatario. La bellezza, di cui l’occhio-pittore diventa lo specchio (son.24), è ancora il miraggio della contemplazione; mentre lo specchio come oggetto, di moda fra i nobili, presentato nel son. 3, si ripropone al son. 22 “My glass will not persuade me that I am old”, v.1, e al son. 77 “Thy glass will show you how the beauties wear”, v.1.
Un nutrito gruppo di sonetti coinvolge il tema della lontananza, in specie per un viaggio, che induce il poeta a riflettere su contrasti di carne e pensiero, conflitti fra occhio e cuore, ombra e sostanza, verità/illusione (son.43,44,46,47, 48, 50, 51, 52,53,54,56). (L’argomento sarà ripreso nei son. 98,113).

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La pulsione emotiva del processo scrittorio porta il pensiero d’amore, platonico e altruistico per il bene dell’altro nella prima sezione, a trasformarsi gradualmente in sentimento ossessivo, al punto da fare vedere al poeta rappresentati in questo amore tutti i suoi altri amori (son.31“Thy bosom is endearèd with all hearts”, v.1), cui rinuncia offrendoli in somma all’amato, (son. 40 “Take all my loves, my love, yea, take them all”, v.1) in uno slancio che supera ogni gelosia. A una sola condizione però, che si escluda l’inganno (idem : “But yet be blamed, if thou thyself eceivest/ By wilful taste of what thyself refusest/ I do forgive thy robbery, gentle thief”, vv. 7-9), portando a concludere “.. yet we must not be foes” (idem : v.14). Problemi di fedeltà/infedeltà sono sviluppati nei son. 41-42. L’amore innocente, devoto alla Bellezza, si trasforma in possessività. L’infedeltà dell’amato, graziosamente accennata al son. 41 (“Those pretty wrongs that liberty commits”, v.1), è chiaramente annunciata come tradimento al son. 42 (“ That thou hast her it is not all my grief ”, v.1. Sospetto, gelosia, sottomissione appaiono ancora nei son. 57-58.

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(Tale séguito di testi, ma specialmente il son.42, anticipando per argomento i sonetti della ‘dark lady’, sembra posizionato impropriamente nell’intera sequenza). Non mancano sonetti in cui una certa artificiosità di linguaggio denuncia un raffreddamento di rapporti, un distacco del coinvolgimento emotivo. Il poeta infine si autoaccusa, nei son. 110, 111, 112. Entro questo contesto si situano i sonetti più celebri : il son. 18 “Shall I compare thee to a summer’s day?”, v.1, inno alla bellezza del giovane – per la prima volta il Poeta vi ostenta il valore eternante della sua Poesia; il son. 33 “Full many a glorious morning have I seen”, v. 1 (tradotto anche da Ungaretti e Montale), descrittivo del sorgere del sole, metafora dell’amato (proseguirà nei son. 34 e 35); il son. 49 “Against that time, if ever that time come” v.1, in cui il poeta si fa piccolo di fronte all’amore; il son. 55 “Not marble not the gilded monuments”, v.1, orgogliosa affermazione della superiorità della Poesia sul Tempo; ripetuta nel son. 65 “Sine brass, nor stone, nor earth, nor boundless sea”, v.1; il son. 66 “Tired with all these, for restful death I cry”, v.1, quando il poeta dispera del bene terreno a causa della corruzione dei tempi; il son.116 “Let me not to the marriage of true minds”, v.1, inno all’Amore signore del Tempo, al passo di scoperte e invenzioni.
Il ‘poeta rivale’ fa la sua apparizione nel gruppo dei son. 78/86. Il nostro poeta ne parla mosso di gelosia, ma ostenta la superiorità dei versi propri (son. 81).

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Il Tempo quale personaggio reale, signore della rovina, è falsariga di tutto il canzoniere, moltiplicazione rinascimentale barocca della Morte. Dopo la prima serie dei sonetti ‘matrimoniali’, in cui risalta nei son. 15-16, torna in scena nel gruppo dei son. 19, 22, 63-64, 123-124, 126. Per contro, il personaggio della Musa ispiratrice è accennato nei son. 21,32,38,78,82,85,100-101,103. La Poesia eternante si identifica nei versi stessi del Poeta mentre innalza il suo monumento alla Parola (son. 15-16/18-19, 54-55, 60, 63, 74,79, 81,107).
La sequenza dedicata alla ‘darl lady’, 127-152, è quasi omogenea nel suo svolgersi, come la prima sezione, uniformemente condotta nell’uso letterario del thou artificioso e nobilitante – e per ciò in contrasto espressivo quando la materia è trattata con ironia e ambiguità di livello basso (sonetti del ‘Will’, 135-136). Fanno eccezione i son. 127,130,138,144,145 (indiretti o con uso della terza persona singolare). Dopo la rivelazione del poeta di avere ‘due amori’ (son.144), esplode nei versi la passione carnale, argomento sempre escluso dalla pratica poetica. Dapprima a passo cauto, con ironia e gentilezza (vedasi il son. 127, e il son. 128, gentile quadretto in cui la ‘dark lady’ suona il virginale); poi gradualmente con violenza, sarcasmo, doppi sensi (osceni). Il poeta libera il suo linguaggio, quasi in una sceneggiatura teatrale. È in gioco la donna a formare il triangolo d’amore, un po’ amata, un po’ detestata, a causa di tresca con il ‘lovely boy’.

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L’amore definitivamente non è più ‘cortese’. La fisicità prende il posto dell’astrazione platonica.
Nella medesima sequenza si inseriscono due intervalli di meditazione e ripiegamento, dibattiti fra Anima e Corpo (son. 129 “Th’expense of spirit in a waste of shame”, v.1; e 146 “Poor soul, the centre of my sinful earth”, v.1 ). Il mondo dei sensi e il mondo dello spirito sono messi a contrasto. Alcuni sonetti escono dal consueto. Il son. 99 “The forward violet thus did I chide”, v.1, stranamente composto di 15 versi, rientra in una formalità espressiva, comune fra i ‘sonneteers’, di esaurimento dei modelli d’imitazione petrarchesca. Interessante da considerare dal punto di vista metrico il son. 145 “Those lips that Love’s own hands did make”, v.1, lavorato in tetrapodia giambica, l’unico di tale metro in tutto il canzoniere. E il caso del son. 126 “O thou my lovely boy who in thy power”, v.1, in distici a rima baciata, mancante del distico finale (tuttavia ne conserva lo spazio bianco in parentesi), con il quale si è conclusa la sequenza del ‘lovely boy’.

Da:  http://lombradelleparole.wordpress.com/2014/03/23/i-sonetti-di-william-shakespeare-presentazione-di-giuliana-lucchini/


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