06 novembre 2015

MERCANTI, ESATTORI DI TASSE E PROSTITUTE


Marinus van Reymeswaele, l'ufficio dell'avvocato, 1545

Al museo Boijmans di Rotterdam un viaggio nelle viscere delle Fiandre, in mezzo a mendicanti storpi, ciarlatani, esattori delle tasse, giocatori d’azzardo, prostitute. Si comincia da Bosch e si finisce con Bruegel il Vecchio.
Arianna Di Genova
Un quotidiano spinto all'eccesso
In una grande casa di pia­cere, for­mi­co­lante di per­sone, i piani dell’azione si sus­se­guono incal­zanti: c’è chi beve, chi si ingozza, chi suona, chi si prende per i capelli e chi alle­gra­mente fa l’amore, dando sfogo a qual­siasi fan­ta­sia ero­tica. In lon­ta­nanza, seduto su una sof­fice nuvola, c’è Dio, che non può fare a meno di vol­tare le spalle a tutta quella depra­va­zione umana. Siamo nel 1540 e un miste­rioso inci­sore ci cata­pulta al cen­tro di un bor­dello di Anversa, men­tre poco oltre, in una sorta di tea­tro calei­do­sco­pico della quo­ti­dia­nità, vanno in scena scom­po­ste danze con­ta­dine, abbuf­fate di paese, rube­rie e anche assas­si­nii.

In un altro angolo della sala, gli invi­tati ad una festa di nozze bal­lano dimen­ti­chi delle pre­oc­cu­pa­zioni: una sola per­sona resta seduta, immo­bile. È la sposa stessa e un’iscrizione ci dice che è un po’ appe­san­tita nei suoi movi­menti, dato che con molte pro­ba­bi­lità è già incinta. Non è una sup­po­si­zione scan­da­losa: tra i lavo­ra­tori della terra e le fami­glie rurali met­tere in dub­bio la ver­gi­nità della novella moglie del vicino di campo era un diver­ti­mento assi­cu­rato e gli sketch comici pas­sa­vano di farsa in farsa, di piazza in piazza.
     Bosch, trittico del carro da fieno. particolare
Fra terra e cielo

La grande mostra appena inau­gu­ra­tasi al museo Boi­j­mans van Beu­nin­gen di Rot­ter­dam Unco­ve­ring Eve­ry­day Life. From Bosch to Brue­gel (visi­ta­bile fino al 17 gen­naio, a cura di Friso Lam­martse e Peter van der Coe­len), attra­verso qua­ranta dipinti — con alcuni pre­stiti ecce­zio­nali, come il Trit­tico del Carro di fienodi Bosch, mai uscito prima dal Prado di Madrid — e altret­tante stampe, rac­conta una sto­ria che corre paral­lela a quella che attra­ver­sava l’Europa del tempo. Lascia in pace i santi, scende dalle pale d’altare, esce dalle cap­pelle delle chiese, abban­dona le corti e inventa una via Cru­cis tutta seco­lare, abi­tata da per­so­naggi — oggi outsi­der un tempo comu­nis­simi — come i pel­le­grini, ven­di­tori ambu­lanti, ciar­la­tani, put­ta­nieri, ubria­coni, leb­brosi, ladrun­coli, donne lascive, ser­vette, gio­ca­tori d’azzardo, met­tendo in mezzo anche esat­tori delle tasse e avvo­cati arraffa-soldi.
È una spe­cie di con­tro­canto alle gesta glo­riose delle guerre di con­qui­sta che re e prin­cipi anda­vano com­bat­tendo e che i manuali di sto­ria ancora nar­rano. A essere pedi­nata da pit­tori e inci­sori è l’assoluta insen­sa­tezza del vivere, tra­sci­nando il pro­prio corpo verso i pia­ceri forti e l’eccesso, con emo­zioni bestiali, incu­ranti del futuro e del «decoro».
Lo sguardo è fisso sulla terra, la ten­ta­zione cele­ste sem­bra ormai eva­po­rata, roto­lata via ad una distanza side­rale. Se c’è, è un monito ter­ri­bile, lascia imma­gi­nare sup­plizi ter­ri­fi­canti per que­sta con­ti­nua disob­be­dienza all’anima e alle sue esi­genze spi­ri­tuali. La ras­se­gna olan­dese sce­glie di inda­gare gli inizi, i primi passi della nascita di un genere che sgu­sciò via dalla morsa della reli­gione e costruì i suoi ste­reo­tipi per con­fer­mare il pre­sente, la situa­zione eco­no­mica e sociale del XVI secolo nelle Fian­dre.
Secondo i cura­tori della mostra, quell’eve­ry­day con­ti­nua­mente riba­dito nei vari per­so­naggi dise­gnati ad uso e con­sumo del loro pub­blico somi­glia a un Grande Fra­tello «dalle cat­tive maniere, poli­ti­ca­mente scor­retto». Ci si prende gioco della cari­ca­tura di sé e si met­tono alla ber­lina i pro­pri e altrui vizi. La quo­ti­dia­nità debor­dante è lo spec­chio defor­mato di una comu­nità che non può che com­pia­cersi di aver gua­da­gnato un posto di primo piano in quel vol­gere dal Medioevo alla nuova era, incam­mi­nan­dosi verso le Riforme che scos­sero alle radici, meglio sot­to­po­sero a un ter­re­moto (soprat­tutto etico) il rap­porto fra uomo e Dio.

Se l’apice di que­sto «modello arti­stico», con la per­fetta messa a punto di un nuovo codice visivo, venne rag­giunto da Brue­gel il Vec­chio, il viag­gio nelle viscere dei Paesi Bassi dovrà par­tire da quel monu­men­tale Trit­tico di Hie­ro­ny­mus Bosch dove un carro che tra­sporta fieno fa da spar­tiac­que fra due «momenti esi­sten­ziali», sci­vo­lando verso l’apocalisse. Intorno, sotto, davanti e die­tro, pul­lula la vita ordi­na­ria (e allu­ci­nata) del popolo.
Il Trit­tico, una grande alle­go­ria morale e sati­rica che le più recenti data­zioni col­lo­cano nell’ultimo anno di vita del pit­tore (morto nel 1516), venne com­prato da Filippo II, ma ebbe una esi­stenza dis­se­stata: venne smem­brato, più volte copiato e infine ricom­po­sto nei suoi pan­nelli al Prado, nel 1914.
Quel pellegrino-vagabondo mal­con­cio, vestito di stracci, pen­sie­roso e spa­ven­tato che appare sulle «ante» esterne chiuse, rap­pre­senta il cam­mino incerto lungo le strade del mondo. Anche il pon­ti­cello davanti a lui non sem­bra gran­ché solido; alle sue spalle, si con­suma una rapina, forse ci sarà una impic­ca­gione, men­tre l’odore del pec­cato si espande nell’aria. Sarà lo stesso pec­cato — con più mali­zia e minor senso di colpa — che vedremo pren­dere pos­sesso della realtà nelle tante raf­fi­gu­ra­zioni dei bor­delli che cir­co­la­vano all’epoca, diver­tendo con la loro licen­zio­sità tra­sver­sal­mente la nuova bor­ghe­sia, i bot­te­gai e i «rurali».
    Bosch, trittico del carro da fieno. particolare
I nuovi inter­preti

Per cer­care di com­pren­dere l’ossessiva e stra­lu­nata ima­gi­ne­rie di Bosch si è detto di tutto, anche che l’artista non disde­gnasse la com­pa­gnia dei mem­bri delle sette sata­ni­che. In realtà, con la sua linea inci­siva e moderna, i suoi colori ariosi, non ha fatto altro che dare vita, tra­sfor­man­dolo in visione, a ciò che acca­deva nei Paesi Bassi , quando si veniva per­se­gui­tati sulle pub­bli­che piazze con esor­ci­smi vio­lenti o si assi­steva a bru­tali sac­cheggi delle città e paesi. Bosch non era un pre­cur­sore del Sur­rea­li­smo ma un con­tem­po­ra­neo per­vaso da una fer­vente fede alla fiam­minga. La stella che splen­derà nel fir­ma­mento con­cet­tuale della sua matu­rità sarà quella casti­ga­trice Nave dei folli di Seba­stian Brant, illu­strata magi­stral­mente da Dürer e poi ripro­dotta da lui stesso.
I nuovi attori della scena sociale sono ormai mer­canti nelle taverne, avvo­cati rapaci, monaci fis­sati col sesso, con­ta­dini inge­nui che ogni volta che vanno in visita in città ven­gono deru­bati (è una delle tipiz­za­zioni più in voga, pro­po­sta da nume­rosi qua­dri e stampe). L’esposizione al Boi­j­mans ha uno dei suoi punti di forza in una serie di inci­sioni poco viste prima d’ora e nella sezione dedi­cata a Lucas van Ley­den, pre­sente con una ven­tina di stampe.
Ado­le­scente pro­di­gio, nato a Leida nel 1494 (morì poi nel 1533), ebbe un rap­porto intenso di allievo e mae­stro (anche inter­scam­bia­bile) con Dürer. Il suo inte­resse, nelle opere pro­po­ste a Rot­ter­dam, è tutto foca­liz­zato sulle par­tite di carte che non hanno nulla dell’innocente pas­sa­tempo, ma sono meta­fore del desi­de­rio ero­tico. Die­tro gli sguardi di fan­ciulle e gio­vani al tavolo, si covano amori clan­de­stini e cor­teg­gia­menti proi­biti: trian­goli pas­sio­nali e mariti cor­nuti vanno di pari passo con la vin­cita o la per­dita alle carte.

Il manifesto – 14 ottobre 2015

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