04 marzo 2018

E. MALATESTA MEDICO RIVOLUZIONARIO



     Errico Malatesta fu di certo un utopista, ma anche militante concreto e di grande buon senso. Riprendiamo un suo breve scritto del 1924 garbatamente in polemica con quella parte del mondo libertario che pensava che essere anarchici significasse essere contro tutto, compresa la medicina “ufficiale”. Chissà cosa il vecchio combattente anarchico avrebbe pensato dei No Vax e di chi ancora oggi pensa che essere alternativi al sistema voglia dire “famolo strano” a partire dalla vaccinazione dei bambini?
Errico Malatesta
Medicina e… anarchismo
Sotto questo titolo nella posta redazionale del nostro n. 5 pubblicammo una nota con la quale rifiutavamo l’invito di alcuni compagni a far propaganda a favore di certi sistemi curativi contrastanti con la scienza e con la pratica medica generalmente accettata. Questo è dispiaciuto al compagno N. Cuneo di Nuova York, il quale pur riconoscendo che «Pensiero e Volontà» non è luogo adatto per discussioni mediche (ed infatti egli non è tra coloro che ci avevano sollecitati a quella propaganda) sorge, in «Libero Accordo» del 15 aprile, a difesa della «cura naturale», cioè senza droghe, che pare faccia grandi progressi e sia stata già riconosciuta e legalizzata in molti Stati dell’Unione americana.
Si vede che non riuscimmo a farci comprendere. Noi non intendevamo «mettere all’indice» metodo alcuno; ma volevamo solamente dichiarare la nostra incompetenza, la nostra ignoranza... ed anche un po’ richiamare certi compagni alla coscienza dell’ignoranza loro. Vi è tra noi la tendenza a trovare vero, bello e buono tutto ciò che si presenta sotto il simpatico manto della rivolta contro «le verità» ammesse, specie se è sostenuto da chi è, o si dice, anarchico. Il che dimostra una deficienza di quello spirito di esame e di critica che dovrebbe essere sviluppatissimo negli anarchici.
Sta bene il non considerare come definitiva nessuna delle conquiste dell’intelligenza umana ed aspirare sempre a nuove scoperte, a nuovi progressi, ma bisogna badare che non sempre il nuovo è migliore del vecchio, e che la qualità di anarchico non porta con sé il dono della scienza infusa. La medicina è scienza eminentemente sperimentale, ed è scienza giovane che, si può dire, sta ancora ai suoi inizi.
Quindi è bene che si guardi con simpatia ogni tentativo, onesto ed illuminante di aprirle vie novelle. Ma non ci pare troppo il pretendere che chi vuole criticare e combattere i metodi vecchi sappia quali essi sono e quali sono i fatti accertati in favore o contro di essi. In altri termini, noi domandiamo semplicemente che chi vuole parlare di una cosa si prenda prima la briga di studiarla.
Se vi sono dunque dei compagni che si sentono la competenza di discutere di materie sanitarie lo facciano pure, ma non domandino a noi di parlare di quello che noi non sappiamo. Del resto, noi conosciamo dei valenti medici che professano le idee anarchiche; ma essi non parlano di anarchia quando fanno della scienza, o ne parlano solo quando la questione scientifica diventa questione sociale, cioè quando constatano che l’attuale organizzazione sociale inceppa i progressi della medicina ed impedisce che essi siano applicati a beneficio di tutta l’umanità.
(«Pensiero e Volontà», 1° maggio 1924, posta redazionale)

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