03 aprile 2018

Il gattopardo e la principessa lettone


Un film su Alexandra Wolff Stomersee, allieva di Freud e moglie di Tomasi di Lampedusa Laura Anello

Secondo la casa di produzione, la tedesca Kick Film, questa storia farà impallidire persino il Gattopardo, inteso sia come il romanzo best seller che spaccò l’intelligenza di destra e di sinistra di cui a novembre ricorrono i sessant’anni dalla pubblicazione, sia come il film di Visconti che ne bissò il successo planetario. Premio Strega il libro nel 1959, Palma d’oro la pellicola nel 1963.
Non poco ambizioso il progetto incentrato sulla figura della moglie di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, la principessa lettone Alexandra Wolff Stomersee detta Licy, allieva diretta di Freud, prima donna a guidare la Società psicoanalitica italiana, sopravvissuta al marito per 25 anni, testimone dello strepitoso successo che lui - rifiutato in prima battuta da diverse case editrici, un caso letterario diventato leggenda - non riuscì a vedere. Ebbene, sarà proprio la principessa, finora oscurata dalla fama di Tomasi, la protagonista del film-documentario di cui dopo l’estate cominceranno le riprese, tra la Lettonia e la Sicilia. Lei e i suoi amori: quelli ufficiali, cioè il primo marito André Pilar, noto omosessuale, e lo scrittore, a lungo ritenuto rapporto freddo e intellettuale e poi rivelatosi - alla luce di un carteggio recentemente studiato - denso di passione e di tenerezza. Ma anche quelli non ufficiali, come il barone estone Peter Herman von Wrangell, detto per la sua altezza Pike (il luccio), e gli altri che emergono da un diario da poco venuto alla luce.
«Una donna libera, anche sessualmente, un vero manifesto del femminismo», dice Gioacchino Lanza Tomasi, il figlio adottivo dello scrittore, che pure non le fa sconti. «Freud? L’ha visto a malapena - racconta -. E negli anni della rovina, quando vivevano con un solo cameriere e potevano permettersi di offrire un tè alla settimana, lei incitava il marito a mantenere comportamenti da aristocratico».
Proprio Lanza Tomasi ha accolto in quella dimora - tornata agli antichi splendori - la delegazione arrivata per presentare a Palermo il progetto del film, capitanata dall’ambasciatore lettone Artis Bertulis, con l’Accademia d’arte di Riga, l’Università Sigmund Freud di Vienna, l’Accademia di Belle Arti di Palermo, le tre istituzioni che hanno collaborato al progetto, destinato alla tv e al cinema. Il produttore è Jörg Bundschuh, direttore della Kick Film di Monaco di Baviera, in collaborazione con le due reti televisive tedesche Ard e la Zdf e il sostegno della Film Commission della Regione siciliana.
Certo è che la figura della principessa, un donnone che nelle fotografie sovrasta il marito mingherlino, è tutta da scoprire. Figlia del barone Boris von Wolff-Stomersee, maestro di corte dello zar Nicola II di Russia, e della cantante lirica modenese Alice Barbi. Intellettuale, libera, ma anche sorprendentemente legata allo scrittore, nonostante Lanza Tomasi la butti giù così: «Avevano trovato un equilibrio nell’evitarsi, come tante coppie: lei andava a letto alle quattro del mattino e si alzava a mezzogiorno».
Eppure il carteggio con Tomasi di Lampedusa racconta un altro punto di vista. «Mio angelo», scrive lei. «Muri mia», risponde lui. Le lettere viaggiano tra Palermo, Roma, Berlino, Riga. Raccontano un quarto di secolo, dall’anno delle nozze, il 1932, fino al 27 maggio 1957, quando lo scrittore avrebbe lasciato poche dolenti disposizioni testamentarie tra cui il desiderio «che si faccia il possibile affinché sia pubblicato Il Gattopardo», ma «non a spese dei miei eredi, considererei ciò come un grossa umiliazione».
Un capolavoro che proprio lei avrebbe ispirato, secondo quanto raccontò all’allieva Susy Izzo: «Io e mio marito stavamo seduti sulla panchina a guardare la luna, lui era triste, inquieto, non riusciva ad abituarsi al nuovo palazzo, io volli avvicinarmi e parlargli come una moglie sa fare. Gli dissi: la luna è uguale in ogni posto, è luce nella fantasia e nell’immaginario, perché - gli chiesi - non ti eserciti a immaginare la vita che ha vissuto il palazzo, com’era, cosa succedeva? Scrivi e tutto vivrà come prima».

“La Stampa”, 31 marzo 2018

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