01 luglio 2024

IL VOTO FRANCESE

 


Il voto francese che interessa tutta l’Europa

di Andrea Inglese

A sentire qualche amico italiano, la situazione francese è davvero preoccupante, perché l’estrema destra francese non è come quella italiana, in fondo moderata e “bonacciona”, come il nostro popolo che sembrerebbe intrinsecamente inefficace anche nel fare il male. A me sembra, invece, di tremenda efficacia il governo Meloni, che per primo sancisce in Europa l’esternalizzazione del trattamento dei migranti giunti sul proprio suolo. Anzi, ancora una volta all’avanguardia del peggio, dal momento che i centri sovvenzionati in Albania per la “raccolta” dei nostri migranti possono costituire un modello da estendere ad altri paesi europei. Siamo già ampiamente fuori da un quadro di principi e di garanzie democratiche. Ma il governo Meloni non si occupa solo dei nemici esterni, ma anche di quelli interni, e quindi ecco il disegno di legge sicurezza, che prevede pene di prigione per il reato di blocco stradale con il solo corpo. Le proteste non-violente saranno punite con il carcere. Il superamento della frontiera tra democrazia e Stato autoritario è un processo per tappe. Lo si sa dalla storia novecentesca, e lo si sa ancora meglio dalla storia recentissima. È sufficiente osservate quello che è successo nella Russia di Putin. Nel 1993 la Russia si è dotata di una nuova Costituzione democratica e federale in linea con quelle delle democrazie occidentali. Dal 2000 ad oggi, ossia dalle elezioni che gli permisero di essere presidente della Russia per la prima volta al suo attuale quinto mandato presidenziale, Putin ha progressivamente imposto, nei fatti e in parte nelle leggi, un potere dittatoriale.

Le elezioni legislative francesi sono decisive anche per tutta l’Europa non solo perché il Rassemblement National costituirebbe un’estrema destra più “dura” di quella che governa attualmente in Italia, ma perché avrebbe la possibilità di cambiare ulteriormente gli equilibri europei, seguendo la via già aperta da Meloni e grazie alla maggioranza di elettori italiani. Il progetto di queste destre estreme è chiaro: distruggere spirito e forme della democrazia, nel rispetto di un’organizzazione capitalistica della società. “I nuovi fascismi si limitano a rinsaldare le gerarchie di razza, genere e classe; la strategia politica rimane quella neoliberista. La missione dei nuovi fascismi non è combattere un’opposizione inesistente, ma portare a termine il progetto politico che è alla base delle politiche neoliberiste”. È Maurizio Lazzarato che lo scrive in un libro del 2019, Il capitalismo odia tutti. Fascismo o rivoluzione (DerriveApprodi). Cinque anni dopo la sua pubblicazione, le vicende statunitensi, israeliane, italiane, francesi e più generalmente “occidentali” non fanno che confermare il nucleo delle analisi svolte in esso. Sono in disaccordo solo con l’idea che i nuovi fascismi abbiano da combattere un’opposizione inesistente. Un’opposizione esiste, e lo si vede almeno nel caso francese, che dal primo mandato presidenziale di Macron ha conosciuto un ciclo di lotte sociali estremamente duro – quasi del tutto assente, in Italia, invece. Ma queste lotte sono state represse in piazza da una gestione estremamente violenta della polizia e in parlamento da un politica di governo estremamente autoritaria. In un articolo apparso su “doppiozero” il 23 giugno, intitolato Elezioni europee: tragicommedia alla francese, ho messo in luce la strategia del tecnocrate Macron per liquidare politicamente la sinistra e puntare tutto su un duello con l’estrema destra. La strategia di Macron ha doppiamente fallito: le sue riforme anti-sociali sono state platealmente condannate dall’elettorato francese, ed è il Rassemblement National che raccoglie i maggiori risultati di questa condanna.

La situazione attuale è questa: la sinistra si è unita e ha proposto un programma che io, pur non essendo votante alle legislative in Francia, voterei. E lo dico dopo aver votato per diversi anni una sinistra italiana che, invece, non mi rappresentava. I risultati definitivi del voto, dopo il primo turno, vedono il Rassemblement National e i suoi alleati a 34,34%, il Front de Gauche a 27,99%, i macronisti a 20,04%. (Gli ultrafascisti di Zemmour non sono riusciti ad arrivare all’1%.) La sinistra ha dunque resistito e non ha perso voti rispetto alle precedenti legislative. Ora, sulla carta, ci sarebbero i numeri per creare un fronte repubblicano, in grado di sbarrare la strada all’estrema destra. La maggioranza di questo schieramento sarebbe costituito dal Front de Gauche, a cui dovrebbero sommarsi i voti dell’elettorato macronista. È quanto ha chiesto ufficialmente il primo ministro Attal, ma la proposta è venuta ancora prima dalla sinistra. Il secondo turno delle legislative, fra una settimana, prevede una serie di ballottaggi, in cui rischierebbero di presentarsi almeno tre candidature: estrema destra, unione delle sinistre e macronisti. Affinché non ci sia dispersione di voti, e viga lo sbarramento repubblicano, se il candidato o la candidata di sinistra è al terzo posto, non si presenterà e proporrà al proprio elettorato di votare per candidato/a della uscente maggioranza di governo. E così dovrebbe fare quest’ultima, favorendo una candidatura del Front de Gauche, nel caso un suo candidato o una sua candidata si trovi in terza posizione. Ma a questo punto entra in gioco la cultura politica della galassia della destra che ha sostenuto il governo Macron. Una galassia di neoliberisti convinti o moderati, che ha assimilato perfettamente l’equivalenza tra nuovi fascisti e sinistra radicale (La France insoumise), seguendo in questo la vulgata mediatica, e che quindi si sente dispensata da eseguire le indicazioni di voto del suo primo ministro. In poche parole, è molto probabile che sarà una fetta di quel 20% di voti macronisti, e una parte di candidati della maggioranza uscente che deciderà della conquista del governo o meno da parte di Bardella. Stavolta, almeno qui in Francia, i dirigenti delle sinistre non potevano fare di meglio, in termini di chiarezza e di presa di responsabilità. Quello che accadrà al secondo turno non potrà essere imputato loro. Di fronte a un pericolo estremo, hanno dimostrato coraggio e lucidità. Hanno saputo unirsi, hanno proposto un programma di sinistra e hanno accettato di fare compromessi, in grado di distinguere tra avversari politici (i macronisti) e nemici della democrazia (i nuovi fascisti). Ma anche questo il passato ce lo insegna: l’antifascismo per funzionare non può essere circoscritto ai partiti e agli elettori di sinistra.



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