Chiara Saraceno
La sfiducia nel welfare in una vita alla giornata
La Stampa, 6 dicembre 2025
Quest’anno il Censis ha dedicato la consueta metafora con cui sintetizza l’immagine di una società e un’epoca non all’Italia, ma al mondo: una «età selvaggia», «del ferro e del fuoco», preda di «pulsioni antropologiche profonde» che poco o nulla hanno di razionale.
Una lettura di sicuro effetto comunicativo, ma che temo segua troppo la strada facile dell’imputazione di irrazionalità a processi che indubbiamente stanno squassando equilibri, rapporti di potere, procedure, istituzioni che sembravano consolidati. Ne deriva un’immagine di “barbari alle porte” e di imminente Apocalisse di cui gli italiani, non è chiaro se perché inguaribilmente sventati o testardamente resilienti, tuttavia sembrano non essere particolarmente spaventati secondo la lettura del Censis. E sì che, oltre alle guerre non più solo in Paesi lontani, ma anche vicinissimi, l’Italia ha problemi suoi non piccoli: una de-industrializzazione strisciante, un invecchiamento demografico inarrestabile, un impoverimento di una fascia crescente della popolazione, un debito pubblico di proporzioni mostruose che riduce lo spazio per gli investimenti per la crescita e il welfare.
In realtà, a leggere i dati, più che non spaventati gli italiani sembrerebbero sfiduciati nella capacità delle istituzioni di risolvere i loro problemi e rassegnati a dover contare solo sulle proprie risorse.
Se il 53% ritiene che l’Ue ormai abbia un ruolo marginale nello scacchiere mondiale, oltre il 70% condivide la sfiducia nei confronti dei partiti e dei loro leader, cosa che può spiegare i tassi di assenteismo elettorale ed anche la diffusione dell’idea che la democrazia abbia fatto il suo corso: non (solo) per voglia di autoritarismo, credo, ma per sconforto rispetto a chi dovrebbe concretamente farla vivere e funzionare con un’idea del bene comune e azioni coerenti. Un bene comune che invece si sperimenta sempre più evanescente quando riguarda bisogni primari.
Il 78,5% esprime sfiducia nei confronti di servizi sanitari e assistenziali, ritenendo che, se si trovasse in condizione di non autosufficienza, non potrebbe contare su adeguati sostegni. Una sfiducia drammatica, ancorché purtroppo fondata, in una società in cui gli anziani e i grandi anziani, i più vulnerabili al rischio di non autosufficienza, sono un numero sempre più consistente. Lo stesso vale per i rischi ambientali: il 72,3% crede che, in caso di eventi atmosferici estremi o catastrofi naturali, gli aiuti finanziari dello Stato sarebbero insufficienti. Anche in questo caso, le esperienze anche recenti di disastri ambientali, il ritardo degli aiuti il rimpallo delle responsabilità ha contribuito a minare la fiducia in uno Stato sempre pronto ai condoni, ma troppo spesso inadempiente rispetto ai diritti e ai bisogni.
È a motivo di questa sfiducia che oltre la metà del campione intervistato ritiene che sarebbe necessario assicurarsi privatamente contro queste evenienze, anche se la maggior parte non lo fa, per scarsità di risorse o per fatalismo. Ma intanto si erode anche la fiducia nel welfare, indebolendo ulteriormente la legittimità del prelievo fiscale. Un rischio che dovrebbe preoccupare i governanti, che invece troppo spesso, tra un condono e una regalia a questo o a quel particolare gruppo sociale si dedicano loro stessi a delegittimarlo, anche se non ne diminuiscono il peso.
Gli italiani avranno anche una vita sessuale attiva e soddisfacente, come segnala il Rapporto, quasi fosse un segno della loro non volontà di prendere sul serio i molti segnali negativi da cui sono circondati. Ma ciò non toglie la fatica del vivere e la difficoltà a programmare il futuro, specie per i giovani. La sfiducia nelle istituzioni e la percezione di marginalità dell’Italia e dell’Unione Europea non sembra offrire alternative al limitarsi a vivere giorno per giorno.

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