Parigi per noi è
stata tante cose. Le barricate del Maggio e Maigret, i boquinistes del lungo
Senna e i vecchi bistrot di Montmartre, Guy Debord e i lettro-situazionisti. Una città che forse non è mai
esistita se non nei nostri sogni e che comunque non c'è più.
Anais Ginori - Parigi, Pigalle addio: si spengono le luci rosse che ispirarono
Manet
L'ultimo "bar
americano" ha abbassato la saracinesca qualche mese fa,
chiudendo un'epoca. Nella rue Frochot ormai si vedono solo ragazzi
modaioli che ascoltano concerti rock e sono in cerca di incontri non
mercenari. All'angolo della mitica strada a luci rosse ha aperto un
supermercato biologico, il massimo della trasgressione è comprare
frutta e verdura senza pesticidi. Anche i vecchi sex shop stanno
chiudendo oppure si riconvertono in più frequentabili "love
store" dove le coppie arrivano per scegliere insieme lingerie e
giocattoli erotici.
Addio a Pigalle, benvenuti a SoPi, ovvero South Pigalle, il perimetro del nono arrondissement tra il boulevard Clichy, un tempo via del peccato, e la Butte Montmartre, che non è più la collina bohème degli artisti, e nemmeno quel crocevia tra sesso e criminalità. Ci sono sempre le carovane di turisti che scendono dai pullman davanti al Moulin Rouge ma di rosso è rimasto ben poco. Nonostante il nome sporcaccione, il Dirty Dick è un locale di tendenza per sorseggiare cocktail hawaiani. A Le Scandal, dove una volta le squillo allietavano le serate di inconsolabili clienti, si viene per ballare e tutt'al più è concesso fumare.
"Pigalle
farà la fine del Marais?", si domandava ieri il Journal du
Dimanche, ricordando come la zona dei bassifondi intorno alla place
des Vosges sia stata ripulita e trasformata in quartiere ultrachic.
La rapida trasformazione di quella che nell'Ottocento fu la Nouvelle
Athènes, laddove vissero innumerevoli scrittori e artisti, è
fotografata dal declino dei "bar americani", i night club
con accompagnatrici che avevano fatto la felicità dei soldati
statunitensi durante la Liberazione. Le ragazze erano chiamate
"bouchonneuse" perché pagate in percentuale sui tappi,
bouchons, di champagne che riuscivano a far stappare ai clienti.
All'inizio degli anni Duemila c'erano ancora un centinaio di questi
"bar", oggi ne rimangono meno di venti e quattro sono sotto
sfratto. La febbre immobiliare, con aumenti del 25 per cento
nell'ultimo decennio, ha costretto molti proprietari a traslocare
verso gli Champs-Elysées.
"Il quartiere si è gentrificato", racconta Antoine Fleury, ricercatore al Cnrs e studioso dell'evoluzione sociologica di Pigalle. "Il business del sesso non piace più ai residenti". È la fine di una tradizione durata oltre un secolo, con i primi club aperti alla fine dell'Ottocento, seguendo le tante evoluzioni del costume, dai bordelli di inizio Novecento ai peep show degli anni Settanta. Il nightclub F'Exhib, in rue Frochot, che ha resistito alla gentrificazione fino all'estate scorsa, adesso è stato sostituto da un locale meno equivoco ma più trendy, Le Glass. L'ex sala a luci rosse Divan du Monde è diventata un centro culturale. Il nuovo Café Pigalle, boulevard Clichy, ha mantenuto solo fotografie vintage di ragazze discinte per ricordare il suo passato hard. Tra il 2007 e il 2011, un terzo dei sex shop di Pigalle è scomparso. Agli incorreggibili nostalgici rimane solo il Sexodrome, su tre piani, con sauna e bar "libertino".
Le atmosfere depravate che piacevano a Toulouse-Lautrec, Manet e tanti altri pittori sono sempre più rarefatte. Pauline Véron, la candidata socialista nel nono arrondissement alle prossime elezioni di marzo, ha chiesto di vincolare le nuove licenze a SoPi per trasformare tutti i nightclub e sex shop in librerie e boutique di moda. Ma non è solo una questione di gentrificazione, com'è accaduto in altre capitali. La vecchia Pigalle scompare anche perché l'immaginario sessuale è cambiato. "Molte persone non cercano più corpi ma solo immagini, che trovano facilmente online", spiega Alain Plumey, nato nel 1948 ai piedi della Butte Montmartre, e fondatore del Museo dell'Erotismo sul boulevard Clichy. Il sesso, dice, si consuma sempre più in solitudine, davanti a uno schermo. E alla fine la Buoncostume ha ceduto il passo ai vigili che devono intervenire per le proteste dei bobo, bourgeois-bohémien, disturbati dal troppo rumore dei nuovi locali notturni.
(Da: La repubblica del 25
novembre 2013)
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