Le sirene esistono.
Questo ci racconta Erri de Luca nel suo ultimo romanzo, favola di una
donna che si trova a suo agio solo nell'abbraccio caldo del mare. Un
racconto mediterraneo.
Francesco
Cevasco
Il viaggio di
Irene creatura del mare
Ora «conosco
meglio il peso dei chili e degli anni, che in questo
settembre coincidono». Questione di equilibrio. Ora che
Erri De Luca pesa quanto è vecchio, o è giovane quanto
pesa, si muove con la pazienza dell'equilibrista in una
storia di mare. Anzi «Thalassa !», il mare dei Greci di
Senofonte. È venuto fin qui a seguire il suo mestiere:
«Faccio il conducente di storie».
Ne racconta una
bella e impossibile. La Storia di Irene. «È orfana, ha
quattordici anni e presto partorisce». Irene «ha gli occhi
tondi dei pesci, degli uccelli, dei mammiferi. Neanche nel
sorriso accennano alla piega obliqua». Già fin da qui, De
Luca, piega le parole a quel significato che lui dà loro,
ma non potrebbero, non dovrebbero avere. Insomma, di questa
greca Storia di Irene alla fine resta in bocca il sapore di
resina della poesia e non il gusto rotondo del vino della
cronaca. Ma Irene non ha sapore, non ha odore, nemmeno
quello del mare, non ha il corpo di donna come l'hanno le
donne (il suo seno, forse, è così piatto per consentirle
di nuotare più agevolmente). Il suo corpo si muove libero
soltanto in mare, quando gli umani non la vedono — di
notte — quando nuota con i suoi fratelli, genitori,
amanti, delfini. Gli esseri umani dell'isola non la amano:
bambina, incinta, e non si sa di chi! «Tu sei la
congiunzione "e" che tiene insieme terra e mare»,
la racconta De Luca mentre è scosso dai suoi (di lui)
«pensieri randagi, venuti alla maniera delle onde».
Irene per il «conducente di storie» è — almeno all'inizio e per un po' — un labirinto. Ma a furia di dare zuccate contro il labirinto, la verità (?) piano piano viene fuori. Irene partorirà... Per capire chi è Irene: «Va a nuotare di notte, anche d'inverno. Neanche la burrasca la mantiene a terra. Non usa il fuoco, mangia crudo anche il pesce... Irene sa le risposte a cose che non fanno domande. Per il villaggio dell'isola la sua presenza è di striscio. Badano a lei come a un'ombra sul muro. L'ombra di Irene è una zavorra, se la trascina dietro, in terra e sopra i muri. In mare no, se la toglie di dosso appena s'infila nelle onde. Da quando è gravida non la salutano. È all'ultimo mese, ma se ne sono accorti da poco. Ha un ventre più allungato che sporgente. È malasorte su un'isola il saluto negato. Non si ripara, o viaggi o muori».
Ma Irene saprà viaggiare in quel mare che è la sua terra... La favola, la poesia dedicata a Irene, è talmente surreale che fa affiorare per (finta) contraddizione nel «conducente-De Luca» frammenti di una lontana realtà mai dimenticata, un pezzo della sua vita: «Ero nei trent'anni, lasciavo alle spalle il vuoto di una comunità dissolta. Fu di migliaia, poi d'improvviso diventò rischioso pure salutarsi a un crocevia. Dentro furgoni dai vetri schermati, alcuni arrestati giravano con i carabinieri a denunciare i loro stessi compagni per ottenere in cambio un'altra vita. Era il commercio della propria in cambio dell'altrui. Ricevevano un'altra identità e un'altra coscienza. Con le mani in tasca, senza rispondere al saluto di chi mi chiamava per nome a alta voce, mi disperdevo insieme alla nostra varietà sospetta. Sciolto il destino comune, i suoi membri andavano a tentarne uno privato».
Ma De Luca il suo «destino privato» di essere scrittore non lo ha mai praticato del tutto: «Credo che la scrittura non sia sufficiente a esaurire il mio impegno civile». È uno dei pochi, De Luca, a essersi fatto zavorra, e a portarsela addosso, di quegli anni sbagliati che anche lui ha percorso. Tanto che oggi ha ogni diritto di dire la sua sulla sensatezza (o meno) dei sabotaggi ai cantieri della Tav. Che poi la sua vita sia un cantiere ancora aperto, lo ammette lui stesso. E, fingendo di rivolgersi alla sua Irene: «Poi mi fermo, perché non mi viene altra vita da inventare e mi darei un pugno in fronte per la mia scarsità. Perché dura il tempo che uno la inventa. E neanche stavolta ho messo la fine a un racconto».
Allora che senso ha questo libro? Proviamo a rispondere così, con le parole che disse De Luca: «Per me i libri sono lettere a nessuno, non so a chi le ho scritte, a chi le spedisco, so che stanno al fermo posta di una libreria e qualcuno passa di lì, cerca proprio quella casella in mezzo agli scaffali, sceglie nella posta la lettera che è stata scritta per lui e comincia a leggere...».
Il Corriere della Sera |
9 Dicembre 2013
Erri De Luca
Storia di Irene
Feltrinelli, 2013
euro 9
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