Oggi voglio ricordare l’autore
prediletto della mia giovinezza, Albert
Camus (1913-1960), con una breve pagina dei suoi diari:
Settembre 1937. Fiesole
La vita è difficile da vivere. Non si riesce sempre ad
adeguare le proprie azioni alla propria visione del mondo. (E quando credo di
intravedere il colore del mio destino, ecco che
sfugge al mio sguardo.) Si fatica e si lotta per riconquistare la solitudine.
Ma un giorno la terra ci rivolge il suo sorriso primitivo e ingenuo; e allora è
come se in noi venissero d’un tratto cancellate e le lotte e la vita. Milioni
di uomini hanno contemplato questo paesaggio, che per me è come il primo
sorriso del mondo.
Mi fa andare fuori di me, nella accezione più
profonda del termine. Mi assicura che, all’infuori del mio amore, tutto è
inutile, e che persino il mio amore, se non è innocente e senza oggetto, per me
non ha alcun valore. Mi rifiuta una personalità e priva di echi
le mie sofferenze. Il mondo è bello e basta. La grande verità che esso
pazientemente ci insegna è che lo spirito non è nulla e non è nulla il cuore. E
che la pietra riscaldata dal sole o il cipresso ingigantito dal cielo
scoperto sono i limiti dell’unico mondo dove «aver ragione» abbia un
significato: la natura senza gli uomini. Questo mondo mi annichilisce. Mi porta
sino al limite. Mi nega senza rabbia. E io, consenziente e sconfitto, mi
avvierei verso una saggezza in cui tutto è già conquistato - se non mi
salissero le lacrime agli occhi e se questo grosso singhiozzo di poesia che mi
gonfia il cuore non mi facesse dimenticare la verità del mondo.
Da "Albert Camus, Taccuini 1935 - 1942"
Da "Albert Camus, Taccuini 1935 - 1942"
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