01 marzo 2014

STORIA DEL CRISTIANESIMO




Marina Montesano

Il dominio religioso
Tra I e IV secolo una nuova realtà si impose nella società cir­cum­me­di­ter­ra­nea, con­tri­buendo forse più di qua­lun­que altra com­po­nente a mutarne, a rin­no­varne, sotto certi aspetti a scon­vol­gerne la natura: al punto tale che, fra XVIII e XX secolo, molte furono le voci di uomini di cul­tura e anche di sto­rici che accu­sa­rono il cri­stia­ne­simo di aver cau­sato la «deca­denza» e la «caduta» dell’impero romano. Accuse del genere appa­iono oggi desuete e datate. Quella cri­stiana rap­pre­sentò comun­que, senza dub­bio, una grande rivo­lu­zione la cui sto­ria è stata rac­con­tata e ripen­sata molte volte, di recente da Robert Louis Wil­ken nel suo I primi mille anni. Sto­ria glo­bale del cri­stia­ne­simo .
Nono­stante il titolo dell’opera parli dei «primi mille anni», buona parte del testo è dedi­cata alla pri­mis­sima affer­ma­zione, quella che cro­no­lo­gi­ca­mente coin­cide con l’età che oggi si tende a defi­nire come «tar­doan­tica». La seconda metà del mil­len­nio, infatti, prende gros­so­modo un terzo del libro, ma Wil­ken (e que­sto è un ele­mento se non di asso­luta novità, quan­to­meno inso­lito) guarda oltre Roma e Costan­ti­no­poli, pe descri­vere in brevi ed effi­caci capi­toli le forme che il cri­stia­ne­simo assu­meva man mano che arri­vava all’Armenia, all’Etiopia, all’India.
Scrive l’autore: «L’Etiopia è un esem­pio par­ti­co­lar­mente vivido del modo in cui il cri­stia­ne­simo assunse forme dif­fe­renti presso dif­fe­renti popo­la­zioni. Seb­bene avesse subito l’influenza del cri­sti­ne­simo egi­ziano, e fosse vicina alla Nubia, l’Etiopia creò una cul­tura cri­stiana pro­pria. Lo sto­rico Peter Brown ha coniato la dici­tura «micro­cri­stia­nità» per descri­vere que­sto feno­meno. Cia­scuna Chiesa nazio­nale pos­se­deva tutti i segni della fede cri­stiana, vescovi, credo, litur­gia, Scrit­ture, sacra­meni, mona­che­simo, e in tal senso creava un intero mondo cri­stiano, tut­ta­via la forma che la vita e le isti­tu­zioni cri­stiane assu­me­vano variava in modo sostanziale».
Wil­ken dedica anche diversi capi­toli alla dif­fu­sione dell’Islam lungo le sponde del Medi­ter­ra­neo fino alla peni­sola ibe­rica, e alla con­di­zione dei cri­stiani sotto i nuovi dominatori.
Tra­spare, dalle parole dell’autore sta­tu­ni­tense, come il suc­cesso di que­sta dif­fu­sione fosse in larga parte dovuto ai cat­tivi rap­porti fra le Chiese locali e Bisan­zio, a causa delle diver­genze teo­lo­gi­che e delle con­se­guenti per­se­cu­zioni. Per esem­pio, a pro­po­sito dell’Egitto, leg­giamo: «Il capo della comu­nità cri­stiana copta, la più grande con­fes­sione cri­stiana d’Egitto, era Benia­mino. Al momento dell’invasione isla­mica si era nasco­sto, non per paura dei musul­mani, ma per sfug­gire alla per­se­cu­zione di Ciro, inviato in Egitto pro­prio per sot­to­met­tere i cri­stiani copti e ripor­tarli all’interno della Chiesa imperiale».
Tut­ta­via l’argomento resta appena accen­nato e il tema non viene espli­ci­tato. Il che ci porta al pro­blema prin­ci­pale di que­sto libro. Wil­ken sem­bra inter­pre­tare l’affermazione del cri­stia­ne­simo come un pro­cesso senza par­ti­co­lari scossoni.
Que­sto si tra­duce nello scarso peso che viene dato alla deci­sione di Teo­do­sio (379–395), riba­dita dai suoi suc­ces­sori, di pro­cla­mare il cri­stia­ne­simo reli­gione di stato e di ban­dire con­se­guen­te­mente ogni culto «pagano». A quel tempo, i cri­stiani erano una mino­ranza, per quanto impor­tante, in seno all’impero; e il trionfo del cri­stia­ne­simo sulle altre fedi avvenne non solo gra­zie alle buone opere (che certo non man­ca­rono) e alla pre­di­ca­zione, ma anche a impo­si­zioni e per­se­cu­zioni violente.
Nel 397 l’imperatore d’Oriente Arca­dio decretò che i mate­riali pre­le­vati dai tem­pli pagani sareb­bero stati reim­pie­gati per l’edificazione di opere pub­bli­che, dando così ulte­riore impulso alla demo­li­zione dei san­tuari. Agli inizi del secolo suc­ces­sivo bande di «cir­cum­cel­lioni», cri­stiani al ser­vi­zio dei vescovi egi­ziani, al grido di «Dio sia lodato!» pesta­vano e spesso ammaz­za­vano a basto­nate coloro che rifiu­ta­vano la con­ver­sione e tene­vano in vita la cul­tura precristiana.
È il caso di Ipa­zia, nata in Ales­san­dra verso il 370 d.C. e vis­suta fra Atene e la sua città natale; era figlia del mate­ma­tico Teone e mate­ma­tica lei stessa. Dopo un sog­giorno ad Atene, rien­trò ad Ales­san­dria dove aprì una scuola nella quale com­men­tava Pla­tone ed Ari­sto­tele. Per mano dei cir­cum­cel­lioni Ipa­zia subì un orri­bile mar­ti­rio, ma il suo nome non com­pare nel libro di Wil­ken. Certo anche per man­canza di spa­zio, in un testo che deve con­den­sare tanti argo­menti in un numero rela­ti­va­mente scarno di pagine.
Il con­si­glio che si può dare, però, è quello di leg­gerlo sì, ma accom­pa­gnan­dolo almeno al testo, pure abba­stanza recente, di Franco Car­dini, Cri­stiani per­se­gui­tati e per­se­cu­tori (Salerno Edi­trice, pp. 188, 12,50 euro). Per­ché il carat­tere rivo­lu­zio­na­rio del cri­stia­ne­simo emerga nella sua com­ples­sità e non si tra­muti in una sorta di pro­gresso «natu­rale» della sto­ria dell’umanità.
Il Manifesto - 13 febbraio 2014
Robert Louis Wilken
I primi mille anni. Storia globale del cristianesimo
Einaudi, 2014
euro 30

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