Pasolini negli anni sessanta del secolo scorso scrisse profeticamente dei versi che riproduco di seguito. Va precisato che in quella occasione il poeta arrivò ad immaginare - suggestionato credo da un libro di F. Fanon che ebbe particolare fortuna nei primi anni sessanta ("I dannati della terra") grazie anche ad una splendida Introduzione di Jean Paul Sartre - sbarchi molto diversi rispetto a quelli tragici dei nostri giorni.
Pasolini infatti, ancora marxista, pensa che la rivoluzione nel ricco Occidente può venire solo da quello che allora si chiamava "terzo mondo". Ecco perché scrive che sbarcheranno con la bandiera rossa di Lenin e Trockij. (fv)
Alì
dagli Occhi Azzurri
uno dei tanti figli di figli,
scenderà da
Algeri, su navi
a vela e a remi. Saranno
con lui migliaia di
uomini…
"A Jean-Paul Sartre, che mi ha raccontato la storia di Alì dagli Occhi Azzurri." (PPP)
Era
nel mondo un figlio
e un giorno andò in Calabria
era estate,
ed erano
vuote le casupole,
nuove, a pandizucchero,
da fiabe
di fate color
delle feci. Vuote.
Come porcili senza porci, nel
centro di orti senza insalata, di campi senza terra, di greti senza
acqua. Coltivate dalla luna, le campagne. Le spighe cresciute per
bocche di scheletri. Il vento dallo Jonio
scuoteva paglia
nera
come nei sogni profetici:
e la luna color delle
feci
coltivava terreni
che mai l’estate amò.
Ed era nei
tempi del figlio
che questo amore poteva
cominciare, e non
cominciò.
Il figlio aveva degli occhi
di paglia bruciata,
occhi
senza paura, e vide tutto
ciò che era male: nulla
sapeva
dell’agricoltura,
delle riforme, della lotta
sindacale, degli
Enti Benefattori,
lui. Ma aveva quegli occhi.
La
tragica luna del pieno
sole, era là, a coltivare
quei
cinquemila, quei ventimila
ettari sparsi di case di fate
del
tempo della televisione,
porcili a pandizucchero, per
dignità
imitata dal mondo padrone.
Ma non si può vivere là! Ah, per
quanto ancora, l’operaio di Milano lotterà; con tanta grandezza
per il suo salario? Gli occhi bruciati del figlio, nella luna, tra
gli ettari tragici, vedono ciò che non sa il lontano
fratello
settentrionale. Era il tempo
quando una nuova
cristianità
riduceva a penombra il mondo
del capitale: una
storia finiva
in un crepuscolo in cui accadevano
i fatti, nel
finire e nel nascere,
noti ed ignoti. Ma il figlio
tremava
d’ira nel giorno
della sua storia: nel tempo
quando il
contadino calabrese
sapeva tutto, dei concimi chimici,
della
lotta sindacale, degli scherzi
degli Enti Benefattori,
della
Demagogia dello Stato
e del Partito Comunista…
…e
così aveva abbandonato
le sue casupole nuove
come porcili
senza porci,
su radure color delle feci,
sotto montagnole
rotonde
in vista dello Jonio profetico.
Tre millenni
svanirono
non tre secoli, non tre anni, e si sentiva di nuovo
nell’aria malarica 1’attesa dei coloni greci. Ah, per quanto
ancora, operaio di Milano, lotterai solo per il salario? Non lo vedi
come questi qui ti venerano?
Quasi come un padrone.
Ti
porterebbero su
dalla loro antica regione,
frutti e animali, i
loro
feticci oscuri, a deporli
con 1’orgoglio del rito
nelle
tue stanzette novecento,
tra frigorifero e televisione,
attratti
dalla tua divinità,
Tu, delle Commissioni Interne,
tu della
CGIL, Divinità alleata,
nel meraviglioso sole del Nord.
Nella
loro Terra di razze
diverse, la luna coltiva
una campagna che
tu
gli hai procurata inutilmente.
Nella loro Terra di
Bestie
Famigliari, la luna
è maestra d’anime che tu
hai
modernizzato inutilmente. Ah, ma il figlio sa: la grazia del sapere è
un vento che cambia corso, nel cielo. Soffia ora forse dall’Africa
e tu ascolta ciò che per grazia il figlio sa. (Se egli non sorride
è
perche la speranza
per lui non fu luce ma razionalità.
E la
luce del sentimento
dell’Africa, che d’improvviso
spazza le
Calabrie, sia un segno
senza significato, valevole
per i tempi
futuri!) Ecco:
tu smetterai di lottare
per il salario e
armerai
la mano dei Calabresi.
Alì dagli Occhi Azzurri
uno
dei tanti figli di figli,
scenderà da Algeri, su navi
a vela e
a remi. Saranno
con lui migliaia di uomini
coi corpicini e gli
occhi
di poveri cani dei padri
sulle barche varate nei Regni
della Fame. Porteranno con sé i bambini, e il pane e il formaggio,
nelle carte gialle del Lunedì di Pasqua. Porteranno le nonne e gli
asini, sulle triremi rubate ai porti coloniali.
Sbarcheranno a
Crotone o a Palmi,
a milioni, vestiti di stracci
asiatici, e di
camice americane.
Subito i Calabresi diranno,
come malandrini a
malandrini :
“Ecco i vecchi fratelli,
coi figli e il pane e
formaggio !”
Da Crotone o Palmi saliranno
a Napoli, e da lì
a Barcellona,
a Salonicco e a Marsiglia,
nelle Città della
Malavita.
Anime e angeli, topi e pidocchi,
col germe della
Storia Antica,
voleranno davanti alle willaye.
Essi
sempre umili
essi sempre deboli
essi sempre timidi
essi
sempre infimi
essi sempre colpevoli
essi sempre sudditi
essi
sempre piccoli,
essi che non vollero mai sapere, essi che ebbero
occhi solo per implorare, essi che vissero come assassini sotto
terra, essi che vissero come banditi in fondo al mare, essi che
vissero come pazzi in mezzo al cielo,
essi che si
costruirono
leggi fuori dalla legge,
essi che si adattarono
a
un mondo sotto il mondo
essi che credettero
in un Dio servo di
Dio,
essi che cantarono
ai massacri dei re,
essi che
ballarono
alle guerre borghesi,
essi che pregarono
alle
lotte operaie…
…deponendo
l’onestà
delle religioni contadine,
dimenticando
l’onore
della malavita,
tradendo il candore
dei popoli
barbari,
dietro ai loro Alì
dagli Occhi Azzurri — usciranno
da sotto la terra per rapinare — saliranno dal fondo del mare per
uccidere, — scenderanno dall’alto del cielo per espropriare — e
per insegnare ai compagni operai la gioia della vita —
per
insegnare ai borghesi
la gioia della libertà —
per insegnare
ai cristiani
la gioia della morte
— distruggeranno Roma
e
sulle sue rovine
deporranno il germe
della Storia Antica.
Poi
col Papa e ogni sacramento
andranno come zingari
su verso
l’Ovest e il Nord
con le bandiere rosse
di Trotzky al vento…
Pier Paolo Pasolini
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