Molte delle idee di Toni Negri non ci convincono (oggi come ieri).
Resta il fatto che nell'Europa delle banche e non dei popoli manifestare
il proprio dissenso sia sempre più difficile.
Marco Bascetta
L'agorà dei
cattivi maestri
L'Europa ha una
memoria? Non quella della immane tragedia del
1914, non quella del manifesto di Ventotene.
Bensì quella, davvero sorprendente, del
Teorema Calogero che nel 1979 aveva indicato
in Toni Negri, il Grande Vecchio del terrorismo
italiano. Teorema destinato a disgregarsi
completamente non prima di avere messo in
moto una gigantesca macchina persecutoria
e aver riempito le carceri con molte e lunghe
attese di giudizio.
Cosa è
accaduto? Toni Negri scrive insieme a Sandro
Mezzadra un editoriale sul sito di
«euronomade» indicando l'Europa come unico
terreno realistico per la lotta contro
la dittatura neoliberista che
oggi la governa. In un passaggio non decisivo
di quel testo si attribuiva un «indubbio
significato» alla candidatura di
Alexis Tsipras, leader di Syriza, a
presidente della Commissione europea.
«Nuova
democrazia», il principale partito
della coalizione che esegue ad Atene gli
ordini della Kommandantur europea, ne
traeva l'occasione per accusare Alexis Tsipras
di avvalersi dell'appoggio di un notorio
terrorista. Il comunicato,
infarcito di fandonie, del partito
conservatore di Samaras è stato poi
ripreso, enfatizzato e ampiamente diffuso
dai media filogovernativi. L'episodio di
per sé meriterebbe di essere archiviato
nella casistica sterminata della
canagliaggine tipica della pubblicistica
di destra, se non per quel suo rovescio che ci rivela
paradossalmente l'internazionalizzarsi di un
discorso critico radicale sul futuro dell'Europa e
le inquietudini che esso induce.
Per le élites
che governano il vecchio continente così come per le
carriere dei vari demagoghi nazionali, Tsipras rappresenta
un terzo incomodo
Il quale rompe
quel rassicurante schema che vede
contrapposti i sacerdoti dell'ortodossia
neoliberista e delle politiche
di austerità da una parte e i cantori del ritorno
alle sovranità nazionali dall'altra.
Syriza, con
tutti i suoi limiti, e con tutto il saggio
scetticismo che si può nutrire sulla
possibilità di una trasformazione
parlamentare dell'Unione europea (che
pervade da cima a fondo l'editoriale di Mezzadra
e Negri), rappresenta comunque un punto di
vista europeista contro la governance
finanziaria di Francoforte e
Bruxelles. Ragione per la quale Tspiras si è
guadagnato le simpatie di chi, come
Barbara Spinelli, una memoria e una
prospettiva europee le possiede
davvero. Ed entrambe muovono nella stessa
direzione indicata dall'editoriale di euronomade
e cioè la convinzione che l'Europa unita sia
irreversibile (se non in forme
assolutamente catastrofiche),
ma che si debba infrangere quell' «incanto
neoliberale» che preclude perfino
il pensiero di una alternativa alla
governance liberista che sta soffocando
i cittadini dell'Unione.
È del tutto
evidente come la campagna elettorale
del 2014 rappresenti un palcoscenico
ideale per riaffermare questo «incanto» o,
al contrario, per esibire il cipiglio
nazionalista dei populismi
antieuropei di diverso colore. Una grande
macchina propagandistica ben più
preoccupata di una possibile
resistenza che, varcando i confini
nazionali, investa alcuni punti cardine
dell'ortodossia liberale, che non dei flebili
poteri di un parlamento o di un Presidente
della Commissione con le mani legate da governi e
poteri forti. Più della crescita di un processo
critico che accompagni il costituirsi di
una società politica europea che
dell'affermazione di questo o quel gruppo
parlamentare o di una per nulla temibile
presidenza Schulz.
Alexis
Tspiras e il consenso che potrà raccogliere
non è certo questo processo, ma è il segno che
si comincia a sentirne la necessità. Ce lo
dice anche un celebre «cattivo maestro».
il manifesto - 9 Gennaio
2014
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