27 settembre 2021

IL SUICIDIO NELLA DIVINA COMMEDIA

 



Riprendiamo dal sito https://www.nazioneindiana.com/2021/09/27/dante-catone-e-il-suicidio-compreso/ un estratto da Maria Pellegrini, La storia romana nella Commedia di Dante. Imperatori, poeti, eroi, uomini politici rivivono nei versi di DanteFutura Libri.

Dante, Catone e il suicidio compreso


di Maria Pellegrini

In tutto il Medioevo riecheggiano gli scrittori e i poeti antichi della romanità. Dante vede in loro dei maestri di sapienza e di stile, artefici di una tradizione illustre in cui egli desidera inserirsi ponendosi come erede della loro grandezza. Perciò nella Commedia troviamo un richiamo costante alla storia di Roma e agli uomini che l’hanno resa potente e famosa. Al seguito di Dante, nel suo viaggio attraverso i tre regni dell’aldilà, i lettori incontreranno alcuni protagonisti del glorioso passato di un popolo che dominò tutto il mondo allora conosciuto: da Bruto che scacciò da Roma Tarquinio il Superbo e instaurò la Repubblica agli imperatori Costantino e Giustiniano, ma anche figure femminili come Cornelia, madre dei Gracchi e Giulia, figlia di Cesare sposata con Pompeo Magno. Per Dante un unico Impero universale era esistito, quello di Roma realizzato per volontà divina al fine di garantire la libertà, la giustizia e la pace propizia alla nascita del Cristo. La Roma imperiale e la Roma cristiana sono parte di un unico disegno provvidenziale.]

***

Catone Uticense (95-46 a. C.)

Uscito insieme a Virgilio dalla profonda notte infernale (aura morta) il paesaggio cambia: solitudine e silenzio e un’alba dal dolce color d’oriental zaffiro che restituisce a Dante serenità. La montagna del Purgatorio guardata dalla spiaggia luminosa ha una solennità quieta e celeste, l’aria è dolce e pacata, un cielo azzurro sovrasta un mondo dove vige gentilezza, concordia, speranza, dove le pene da espiare non sono terribili come nell’Inferno, hanno un limite prestabilito oltre il quale si apre l’eterna beatitudine; qui si è assopita l’urgenza delle passioni terrene e ne è rimasto solo il ricordo lontano.

[…] Sulla spiaggia che si estende ai piedi della montagna erta ed aspra del Purgatorio avviene l’incontro con Catone l’Uticense, guardiano di quel luogo, […] è raffigurato con barba lunga e brizzolata, capelli che scendono sul petto, volto illuminato da quattro stelle che rappresentano le quattro virtù cardinali (Prudenza, Giustizia, Fortezza, Temperanza):

Vidi presso di me un veglio solo,
degno di tanta reverenza in vista,
che più non dee a padre alcun figliuolo.
Lunga la barba e di pel bianco mista
portava, a’ suoi capelli simigliante,
de’ quai cadeva al petto doppia lista.
(
Purgatorio, I, 31-36)

A guardia delle porte del Purgatorio Dante ha posto un uomo politico romano di incrollabili principi stoici, Marco Porcio Catone detto l’Uticense (figlio dell’omonimo Marco Porcio Catone il censore). Durante la guerra civile tra Cesare e Pompeo, si schierò con quest’ultimo considerando Cesare un pericolo per le istituzioni repubblicane. Dopo la sconfitta a Farsalo (in Tessaglia) e la morte di Pompeo stesso in Egitto per mano dei sicari del re Tolomeo XIII (48 a. C.), Catone raggiunse i pompeiani che si erano riorganizzati in Africa ma la sconfitta, subita a Tapso (46), lo spinse nello stesso anno a darsi volontariamente la morte a Utica, da qui l’appellativo Uticense. Non volle cadere nelle mani di Cesare e sopravvivere alla caduta delle libertà repubblicane.

[…] Catone appariva a Dante per quel che leggeva nella Farsaglia di Lucano, non come seguace di una parte politica, di Pompeo o del partito senatorio, bensì il cittadino romano che contro la sua volontà è trascinato nelle guerre civili anzi, come leggiamo all’inizio dell’opera, sono bella plus quam civilia, «guerre più che civili», considerando gli stretti vincoli di parentela: Pompeo era genero di Cesare avendone sposato la figlia Giulia. Mentre l’uno è considerato troppo debole, soprattutto per ergersi a tutore del diritto e della libertà repubblicana, l’altro, Catone, è sempre cosciente della necessità di contrastare il tiranno.

[…] In politica Catone difese sempre l’ideale repubblicano ed il potere del Senato. Fu per questo avverso a Silla e poi a Catilina. Nella maturità si oppose al primo triumvirato (CesareCrasso, Pompeo) schierandosi dalla parte di Pompeo contro Cesare ai primi accenni di guerra civile.  Lucano racconta che dall’inizio della guerra Catone non tagliò più né barba né capelli, in segno di lutto per la sua patria.

Il Catone di Lucano lotta perché è giusto difendere la patria, partecipa alla guerra civile per senso del dovere «trascinato da un ardente desiderio di fare il bene della patria e dall’esempio dei senatori» (auspiciis raptus patriae ductuque senatu», Farsaglia, IX, 22), e «combatté le guerre civili senza aspirare al comando e senza temere la schiavitù» (nec regnum cupiens gessit civilia bella / timens» (Ibidem, 27-28).

[…] Il suo suicidio è, secondo Dante, un gesto giustificabile perché compiuto con il fine di salvaguardare la libertà civile, precorritrice della libertà interiore cui tutte le anime del Purgatorio aspirano e necessitano per poter ascendere al Paradiso. Catone assume quindi i connotati del modello della perfezione umana al suo più alto livello terreno che comporta la libertà assoluta dalle passioni e l’anteposizione del bene comune al proprio.


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