Perché non si fermano le fiamme?
In questo tempo di cambiamenti climatici niente più è certo. A Los Angeles tra il 2022 e il 2024 c’è stato un ciclo di piogge abbondanti, ma ora improvvisamente non piove da nove mesi: in questi giorni l’umidità è bassissima rispetto alla media, la vegetazione è secca e foltissima rispetto alla media, anche i venti di Santa Ana sono più forti della media. Intanto nella città, splendidamente raccontata anni fa da Mike Davis, si continua sempre di più a costruire nelle zone di montagna o in zone arroccate. E spesso si piantare palme, bellissime ma non autoctone, che sono dei veri tramiti per lo spargersi delle fiamme. Maria Rita D’Orsogna è docente all’Università statale della California presso il dipartimento di matematica e fisica, e da sempre accompagna le lotte per la difesa dell’ambiente e contro i giganti del petrolio, in Italia come negli Stati Uniti. In questo articolo ragiona, angosciata, sull’inferno di Los Angeles a partire da una domanda: perché non si fermano le fiamme?
Sono tante le domande che rimbalzano in queste ore tra coloro chi, come me, vive in California, una più di altre: perché non si fermano le fiamme?
Cominciamo con le responsabilità individuali, che certo ci sono. La sindaca Karen Bass non ha fatto una gran figura. Ha tagliato i fondi ai pompieri di quasi 18 milioni di dollari, ha considerato secondario far sì che le pompe dell’acqua funzionassero, che ci fosse manutenzione nella cura di sterpaglie in zone altamente incendiabili, ed è andata a far non si sa cosa in Ghana mentre che qui bruciava tutto. E ancora: non risponde alle domande della stampa.
Ma il problema è molto più profondo…
Sono arrivata qui nel 1999, per caso quasi, nel senso che non sapevo niente di Los Angeles, se non che c’era il sole pure d’inverno. Però mi piace sapere, e capire, e conoscere, e ho letto un sacco di libri sulla sua storia. Proprio per farla mia. Ho cercato di visitare tutti gli angoli più o meno famosi della contea. Non ho ancora finito, ed è interessantissimo. A tutti quelli che sono curiosi, consiglio i libri di Mike Davis, City of Quartz (in Italia edito da Manifestolibri, Città di quarzo) e soprattutto Ecology of Fear (in Italia edito da Feltrinelli, Geografie della paura. Los Angeles: l’immaginario collettivo del disastro). Ce ne sono tanti altri, di Joan Didion e di Reyner Banham. E questo è quello che ho imparato.
Los Angeles non è una città europea, proprio a partire dalla sua geografia, e dal suo clima. È anche una città giovane, la cui urbanizzazione a grande scala arriva nel dopoguerra. E l’averla sviluppata come una città europea, cosi in fretta, alla lunga, non è stata una cosa intelligente. Essenzialmente, mentre sulla East Coast e in Europa in qualche modo la natura la puoi più o meno domare, qui assolutamente no e devi essere preparato per eventi estremi ma rari. Ottant’anni sono pochi.
Innanzitutto l’idea delle stagioni in senso trimestrale qui è secondaria. Molto più importanti sono i cicli che possono durare anni. Ci sono gli anni della siccità e gli anni delle piogge. E di mezzo, alluvioni, venti, terremoti, che possono diventare estremi proprio per questi cicli prolungati.
Quando piove qui, piove tanto. È una pioggia sempre scrosciante e abbondante che dura per giorni, e si concentra in febbraio. A volte a causa di queste piogge ci sono le alluvioni e gli smottamenti. Soprattutto c’è vegetazione che cresce incontrollata nelle aree non addomesticate, per esempio nei canyon e nelle vallate, e pure nei giardini. Dopo le piogge, la fioritura è spettacolare e la gente va a vedere i papaveri e quelli che qui chiamano flower bloom. Questo succede sempre, ma ovviamente è tutto più potente, e i fiori più belli, negli anni delle piogge abbondanti.
Poi arrivano luglio, agosto, settembre, ottobre. Sono questi i mesi più caldi, anche nelle annate di pioggia, e tutto si secca. E cominciano gli incendi che possono essere più o meno infernali, alimentati da tutto quello che è cresciuto in febbraio o marzo.
Alla fine dell’anno, quando la temperatura è più fresca e il clima è più secco, puntuali compaiono i venti di Sant’Ana. Anche questi forti, fulminanti. Cadono tutte le fronde delle palme. Ora in annate normali, questi venti di fine anno e la calura estiva non si incrociano troppo e quindi il pericolo incendi non è troppo grave in dicembre o gennaio. Però in questo tempo di cambiamenti climatici, non c’è niente di normale. E infatti, il 2022-2024 è stato un ciclo di piogge abbondantissime. Piogge record. Solo agli inizi del 1900 piovve cosi tanto per tre anni di fila. Ma ora non piove da nove mesi, perché forse entriamo nel ciclo della siccità, una siccità acuita dal clima che cambia.
E cosi arriviamo a gennaio 2025. L’umidità è bassissima rispetto alla media. La vegetazione di febbraio e marzo 2024, ora secca, è foltissima rispetto alla media. I venti di Santa Ana sono più forti della media.
Mettiamo tutto assieme e voilà, basta uno starnuto per fare venire l’incendio, gennaio o luglio che sia.
C’è di più. La popolazione aumenta e si continua sempre di più a costruire nelle zone di montagna o in zone arroccate. Pacific Palisades è una di queste zone (per ricchi) e pure Malibu (per quelli ancora più ricchi), e pure Altadena (per quelli un po’ meno ricchi). Ma le stradine in tutti e tre i posti sono sempre le stesse, piccole e anguste. La gente è tanta, le ville megagalattiche sempre più megagalattiche. Anche se circondate da giardini, la densità è elevata, quanto basta per creare ondate di fiamme, specie quando ci sono i venti, con il fuoco che passa da una casa all’altra. Un tempo qui c’erano ranch e poi agricoltura, limoni e aranceti, adesso il costruito non finisce mai.
La palme, per altro, bellissime ma non autoctone, sono dei veri e propri tramiti per lo spargersi delle fiamme. Le braci vanno in alto, si attaccano alle palme e il fuoco cammina.
Il fatto che restino solo i camini dopo gli incendi, o che molte costruzioni di mattoni del 1920 sono resistite ci ricordano pure che costruire in legno non è proprio il massimo. Come pure avere i pali della luce in legno. Quelli del far west che fanno “così California” nella valle della morte o lungo le strade di Hollywood. A volte sono proprio questi pali che trasmettono il fuoco. E poi quando crollano se ne va pure la corrente.
Tutte queste cose creano situazioni esplosive. Quelli delle assicurazioni lo sanno, e quindi ogni anno i costi aumentano. Per assicurare una casa a Malibu ci vogliono circa 15.000 dollari l’anno, in aggiunta a tasse e assicurazioni di altro genere. Alcune ditte assicuratrici si rendono conto che non ce la potrebbero fare mai con tutte le regole che ci sono qui, e quindi abbandonano la California completamente, rendendo sempre più difficile e costoso assicurarsi.
È per questo che occorre avere memoria dei cicli stagionali, e sapere che qui è tutto estremo. Occorre essere sempre pronti. Le sterpaglie vanno pulite, le pompe devono essere sempre alla massima pressione. Il numero dei pompieri non può essere tagliato. E infine occorre cercare di costruire con più spazi fra i confini. Ma la memoria è breve, e come detto ottant’anni sono pochi. I politici dimenticano e pensano che spendere i soldi per pompe e sterpaglie e vigli del fuoco non sia cosi sexy come promuovere iniziative per la diversity o per le olimpiadi.
Terremoti, piogge, alluvioni, siccità, fiamme. Tutto estremo.
Ma allora perché uno resta qui? Perché io vivo qui? La verità è che non lo so con certezza. Quando una arriva qui si rende conto che tutto quello che ne farai della California arriverà da te. Certo è stato cosi per me. Uno si sente un po’ pioniere, e fra le cose che ti rendono pioniere c’è la determinazione, la voglia di metterti alla prova, di provarci nonostante tutte le incertezze attorno a te. Terremoti, piogge, alluvioni, siccità, fiamme: lo sai che arriveranno, ma vai avanti lo stesso. Fa parte dell’incertezza del tuo futuro. E quando arrivano questi disastri, e a un certo punto lo sai che ti faranno male: è lì che ti accorgi che sei diventato un po’ californiano pure tu.
Maria Rita D’Orsogna è docente all’Università statale della California presso il dipartimento di matematica e fisica, cura diversi blog (come questo). Da sempre accanto alle lotte locali per la difesa dell’ambiente e contro i giganti del petrolio, ha autorizzato con piacere Comune a pubblicare i suoi articoli
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