10 ottobre 2014

CEZANNE AGLI OCCHI DI VIRGINIA WOOLF

Paul Cézanne, Montagne Sainte-Victoire, 1887

Non so se sia questo il quadro di Cézanne di cui parla Virginia Woolf, io l’ho scelto, prima di tutto perché è il mio preferito e poi perché si trova al Courtauld Institute dove credo sia andata l’intera collezione di Roger Fry, l’inventore del termine Post-impressionismo con la mostra Manet e il postimpressionismo, che Fry organizzò presso le Grafton Galleries a Londra nel 1910 e che fece appunto conoscere all’intera inghilterra (ma soprattutto ai suoi amici di Bloomsbury) pittori come Cézanne, Gauguin, Van Gogh,  Matisse, Picasso e altri ecc. (le mostre di Fry  furono tre, una seconda nel 1912 e una terza nel 1919, dove espose anche Modigliani) 
georgia in  http://georgiamada.wordpress.com/


Il pittore Paul Cézanne visto dall’occhio della scrittrice Virginia Woolf

«Uno scrittore ha pertanto bisogno di un terzo occhio, il cui scopo è di aiutare gli altri sensi quando questi vengono meno: Ma non è per nulla sicuro ch egli possa imparare qualcosa, direttamente, dalla pittura. Infatti si direbbe che, di tutti i critici di pittura, gli scrittori sono i peggiori: i più esposti al pregiudizio e alla distorsione. Se ci avviciniamo a uno scrittore, in una galleria di pittura, e una volta vinta la sua diffidenza gli chiediamo di dirci onestamente che cosa gli piace in quei dipinti, finirà col confessare che non è affatto l’arte della pittura. Non vengono lì per capire i problemi dell’arte del pittore. Cercano qualcosa che possa loro tornare utile.  Soltanto così quelle lunghe gallerie, che altrimenti sarebbero camere di tortura, di noia e disperazione, diventano per loro sorridenti passeggiate, luoghi ameni pieni di uccelli, santuari dove regna supremo il silenzio. Una volta liberi di scegliere ciò che a loro conviene, trovano la pittura moderna (così dicono) molto utile, molto stimolante. Cézanne, per esempio: nessun altro pittore è più provocante nel senso letterario ; i suoi quadri sono così audacemente e provocatoriamente soddisfatti di essere pittura, che il pigmento stesso, dicono loro, sembra sfidarci, toccare qualche nostro nervo, stimolare , eccitare. Quello, per esempio, ci spiegano (davanti a un paesaggio di rocce, tutto spaccato da colate opaline, come colpito dal martello di un gigante, silenzioso, solido, sereno), suscita in noi parole dove non credevamo che le parole esistessero; suggerisce forme dove prima non vedevamo che vuoto. E mentre guardiamo, le parole cominciano ad agitare le loro esili membra nella pallida terra di nessuno del linguaggio, per poi sprofondare di nuovo, disperate. Noi le lanciamo come reti su una costa rocciosa e inospitale; esse svaniscono e scompaiono. È vano, è futile; ma non possiamo resistere alla tentazione. I pittori silenziosi, Cézanne e Sickert, ci prendono in giro, fanno di noi quello che vogliono».
Virginia Woolf, Pictures, Nation & Athenaeum, 25 aprile 1925 (Visitando una galleria- Quadri, in Virginia Woolf, Voltando pagina, a cura di Liliana Rampello, Il saggiatore, pp. 486-487)



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