14 agosto 2023

IL NIGER E L'AFRICA OGGI

 

Niger. Come in uno specchio


Mauro Armanino
14 Agosto 2023

Da oltre venti giorni, cioè dalla rimozione del presidente Bazoum da parte della Guardia che avrebbe dovuto proteggerlo, del Niger si parla come mai era accaduto prima. Le sue riserve di oro e petrolio, ma soprattutto quelle di uranio – che alimentano un quinto di quello che serve alle centrali nucleari francesi, fonte energetica di enorme rilevanza interna e al di là dei confini nazionali -, il ruolo chiave nell’esternalizzione delle frontiere europee della guerra contro i migranti e, infine, l’interesse geopolitico nella grande competizione per la rapina delle ricchezze africane tra l’Occidente, la Russia e la Cina – hanno fatto del Niger un Paese che suscita appetiti fino a pochi anni fa impensabili. Negli ultimi anni, la scelta di spedire truppe italiane, tedesche, canadesi, oltre che francesi e statunitensi, in un Paese da sempre collocato all’ultimo gradino nelle classifiche mondiali del “benessere” e nello “sviluppo”, parla da sola. Il rischio che il Niger venga dilaniato e che il sangue cominci a scorrere irrefrenabile – così com’è accaduto in Afghanistan, in Siria oppure nel Tigray – è molto alto. Su queste nostre pagine, da Niamey, Mauro Armanino ci racconta da dieci anni il Niger con un punto di vista molto originale. Non è quello dell’analisi geopolitica e delle convulsioni del potere che domina sulla popolazione, è esattamente l’opposto. È quello che si preoccupa più della condizione e della libertà di milioni di persone che sembrano non esistere piuttosto che del presidente deposto. Quello dei migranti che attraversano il Sahel, dei poveri, dei mendicanti, degli oppressi e della gente comune. Ed è soprattutto, come piace dire a Mauro, quello della sabbia. Il solo in cui potrebbero affondare le radici un mondo nuovo dove la vita e la dignità, così come l’acqua, la polvere e il vento, sono più importanti del denaro, del potere e delle armi che servono a conquistarli. Semmai fosse possibile, oggi, quel racconto – libero dagli stereotipi viziati e tossici dell’informazione dominante – è un antidoto a una rappresentazione illusoria del reale perfino più prezioso

Photo: via Africa View Facts/Twitter tratta da people dispatch

Anche un colpo di stato militare ancora in transito può evidenziare, come in uno specchio, ruoli e caratteri nei personaggi del dramma in atto a Niamey e altrove. Uno specchio, per vocazione propria, riflette la nostra immagine e, appunto per questo, appare come un riflesso di ciò che siamo. I giorni scorrono, dal 26 luglio fino ad oggi e noi, cittadini per scelta in Niger, vediamo passare sul palcoscenico del golpe protagonisti e comprimari della vicenda. Siamo diventati, malgrado noi, specchi rivelatori del nostro e loro volto reale. Non si sono dubbi:… ’Il volto è lo specchio dell’anima’, diceva tempo addietro la saggezza.

La prima realtà a rivelarsi, nella crisi attuale, sono le risorse del Niger. Non si tratta dell’uranio, dell’oro, del gas, del petrolio o di altre amenità simili che destano appetiti nelle multinazionali. La grande ‘risorsa’ del Paese, evidenziatasi una volta ancora, è il popoloLa capacità di esistere perché resiste ai regimi, ai colpi di stato sulla Costituzione che ha preceduto di gran lunga quello del 26 luglio passato. La chiamano resilienza mentre occorrerebbe chiamarla dignità che permette di attraversare le peggiori avversità che un popolo potrebbe immaginare. Le carestie ricorrenti, la stabilità della povertà nell’instabilità politica, l’insicurezza alle frontiere e poi la reazione ad anni di forzato silenzio dopo le manipolazioni elettorali dei potentati di turno. Il popolo in questione, cioè chi non ha più nulla da perdere e rivendica rispetto e ascolto si è ripresa la parola da tempo confiscata. Questo avvenimento è il vero nome della democrazia non formale. Ciò è quanto lo specchio ha rivelato del popolo finora.

Gente del Niger. Foto Sma

L’altra faccia, nel complesso squallida, apparsa in piena luce in questi giorni nel Niger,  è quella della Comunità Internazionale che ha probabilmente orientato l’azione della Comunità Regionale. Fino a pochi anni fa il Niger non esisteva affatto nella cartine geografiche dei media e nelle cancellerie di chi conta nel mondo. Aveva ragione di dire, in circostanze analoghe, il subcomandante Marcos, porta parola degli insorgenti zapatisti del Chiapas nel Messico. Per apparire (sugli schermi  e nella cronaca) occorre prima ‘scomparire’ e cioè passare momenti  nei quali tutto sembra perduto. Non si è mai parlato così tanto del Niger come dal 26 luglio di quest’anno! La stessa Comunità internazionale, così giustamente attenta alle condizioni di vita del presidente detenuto in ostaggio dai militari, non sembra altrettanto attenta e preoccupata dalle condizioni di vita ‘degradanti’ di buona parte del popolo . Ci sono milioni di persone che non hanno nulla e non sono nulla …  ‘Dimmi chi escludi e ti dirò chi sei’, diceva un amico.

Infine,  nella serie di personaggi  che lo specchio rivela,  si distingue la reazione di chi, a livello politico, dovrebbe esprimere il sentire dell’Unione Europea e del suo millantato attaccamento ai diritti umani. Detta persona, rappresentante dell’Unione nel Sahel, non rappresenta affatto chi scrive e vive da 12 anni nel Niger. Per  il tipo di scelta operata finora, di prossimità col popolo nigerino, ha il diritto di parola almeno quanto lei. A suo parere le sanzioni decretate in seguito al golpe che portano come conseguenza la carenza di medicine, cibo ed elettricità sono utili ed efficaci perché indebolirebbero la giunta al potere. Questa affermazione è aberrante per almeno due motivi. Il primo è legato al cinismo di chi, da lontano e dall’alto, non ha probabilmente mai sofferto qualcosa di simile nella sua vita. Cibo e medicine sono essenziali  per la vita della povera gente. Ci sarebbe da chiedersi se il discorso fosse lo stesso nel caso in cui una persona a lei cara ( o lei stessa)  si trovasse a soffrire le carenze da lei elogiate. Il secondo motivo, altrettanto grave, è quello di pensare che, nell’attuale processo del golpe, la giunta militare sia la sola al comando della transizione. Sono ormai molti i cittadini che, nella saggia stoltezza del momento presente, credono e sperano che un altro Paese sia possibile.

                                                                                      Niamey, 13 agosto 2023


                                                         Cronache dalla capitale del golpe militare

Visto da lontano, qui a Niamey dovrebbe esserci l’inferno o poco meno. Golpisti, ribelli, militari, possibilisti, massimalisti, filogovernativi, irriducibili e in tutto ciò il paventato (e per ora accantonato) intervento armato per ristabilire l’ordine democratico. C’è, di contorno, il rinvio al mittente dei mediatori dell’ organizzazione regionale CEDEAO, dell’Unione Africana e dell’Onu, la chiusura delle frontiere alle mercanzie e le reiterate( e non inedite) interruzioni all’erogazione delle energia elettrica. Il tutto e molto altro, specie nella conosciuta ‘radio trottoir’ , cioè le dicerie, che si moltiplicano come le minacce e i timori che camminano assieme come fratelli gemelli. In tutto ciò, durante il progressivo colpo di stato del mercoledì 26 luglio del 2023, si affermano due costanti che a prima vista potrebbero sembrare fuori posto visto il contesto.

La prima è quella delle rituali piogge di agosto che cadono, regolarmente e apparentemente senza fare differenze di sorta tra un regime e l’altro, nella capitale e in campagna. Ciò va a tutto vantaggio dei contadini e soprattutto del miglio, in fase di crescita, che ne costituisce l’alimento principale, assodato e  inamovibile. La seconda realtà, che si evidenzia in questa particolare transizione, è quella dei pulitori di strade dalla sabbia che, caparbia come solo lei sa essere, occupa, invade, decora, delimita e interroga le strade della capitale. Con i giubbetti verdi e gialli del colore della municipalità di Niamey Nyala (la civettuola, nella lingua Zerma), addobbati con ramazze, pale e altri strumenti simili, tolgono la sabbia dalle strade asfaltate del centro città per accantonarla al margine della stesse. Prima o poi passerà un camion o, più facilmente, delle carriole che cercheranno di tenerla a bada, provvisoriamente, dal manto stradale.

Tra le due costanti appena disegnate e la terza citata sopra, cioè le interruzioni intempestive ma fedeli e costanti allo stesso tempo, nell’erogazione della corrente elettrica, si sviluppa il golpe militare tra nomine, arresti e tentativi di raccogliere il massimo di consensi da parte dei cittadini. Pioggia, sabbia e corrente, coi prezzi dei generi alimentari in rialzo e il senso di paziente sottomissione alla volontà divina, che tutto provvede, marcano i giorni nell’attesa cha accada quanto nessuno ancora sa bene cosa. Forse, ma si tratta solo di una remota possibilità, anche il golpe, come la politica e la democrazia, è di sabbia.

                                                                                         Niamey, 9 agosto 2023

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