23 marzo 2025

L' ITALIA DI MELONI COMINCIA A BALBETTARE

Si fa presto a dire Andreotti. Che, volendo, non era neppure doroteo. La Democrazia cristiana ha governato il nostro paese per quarant'anni. Sembra che lo abbia fatto sempre procrastinando le decisioni, cambiando le cose il meno possibile, procedendo a piccoli passi. Eppur si muove. Con quella classe dirigente che aveva al suo interno figure di grande rilievo e spessore l'Italia è diventata una democrazia industriale moderna e perfino laica, in una certa misura. Temporeggiando temporeggiando da che parte va la fatina bionda? Perfino Eisenhower che parlava del complesso militare-industriale era un uomo di progresso rispetto a Trump. Dove va Giorgia Meloni? In braccio a Musk? Scommettiamo che non ce la fa, perché non ce la può fare? Scommettiamo. Marco Damilano Meloni e la deriva andreottiana dell'infinito tirare a campare Domani, 23 marzo 2025 ... Una distopia cui partecipano anche intellettuali liberali, disposti a discettare sui punti del Manifesto di Ventotene e a bendarsi gli occhi davanti a ciò che rappresenta la fiamma nel simbolo del Msi. O chi contrappone De Gasperi a Spinelli, dimenticando che entrambi sognavano un’Europa antifascista e antinazionalista, o che Spinelli fu nominato commissario europeo nel 1970 dal democristiano Aldo Moro su suggerimento del socialista Pietro Nenni. Quello che ieri ha fatto sbottare Romano Prodi: «Ma il senso della storia ce l’avete?». La legislatura che per Meloni doveva raggiungere due obiettivi, cambiare verso all’Europa, riscrivere la Costituzione con il premierato, si sta risolvendo nel nulla. L’Europa si è spostata a destra, ma in questa Europa stritolata dalla morsa Trump-Putin l’Italia di Meloni balbetta, non ha un ruolo credibile su nessuna sponda. Il premierato è finito nel tempo del mai, sul binario morto di qualche commissione, in ritardo come sono tutti i treni in questo periodo. Anche per Meloni la stagione delle grandi riforme è precocemente finita. Meglio così. Ma resta l’amministrazione del potere, feroce e spietata, anche se a beneficiarne sono figure mediocri. Resta la guerra ideologica, che serve a fomentare i più scalmanati, per chiudere l’antifascismo in una parentesi della storia. E restano i provvedimenti più pericolosi, come l’articolo 31 del ddl Sicurezza appena approvato che impone a scuole e università, ma anche ospedali e editori in regime di concessione e autorizzazione, come il servizio pubblico Rai, di consegnare ai servizi di intelligence, se richiesti, anche i dati più sensibili. Un obbligo inquietante perché arriva da un governo che ancora non è riuscito a imbastire una versione credibile sui giornalisti, attivisti e preti monitorati e spiati.

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