13 febbraio 2022

VINCENZO CONSOLO CONTRO LA LETTERATURA COMMERCIALE

 



PALERMO E LA SICILIA RISCHIANO

DI RESTARE PERIFERIA DELL'IMPERO”


Con il convegno di venerdì scorso alla Biblioteca Centrale della Regione siciliana dal titolo "L'inquietudine di uno scrittore civile" si è concluso almeno per noi il MESE CONSOLO dedicato in Italia e all'estero ai dieci anni dalla scomparsa del grande scrittore siciliano. Ci pare perciò giusto suggello pubblicare la lunga intervista che Vincenzo rilasciò all'Ora, giornale con cui continuò a collaborare fino alla chiusura della gloriosa testata palermitana, l'8 maggio 1992. L'intervista di Guido Valdini uscì sotto il titolo "Questa Palermo merita un poeta", ma contrariamente a quanto lasci immaginare, si tratta di un duro j'accuse di Consolo contro l'industria culturale, la mercificazione del libro e l'isolamento che Palermo e la Sicilia rischiavano piegandosi a manifestazioni culturali estranee alla cultura del territorio e di puro consumo come il Premio Mondello. Un giudizio forse troppo pesante.

di GUIDO VALDINI

Nei giorni scorsi lo scrittore Vincenzo Consolo è stato a Palermo in occasione di due manifestazioni culturali diverse l'una dall'altra. Alla libreria Feltrinelli ha parlato del libro di Aurelio Grimaldi "Le buttane"; a Villa Malfitano, ha presentato la mostra fotografico-editoriale dedicata a Enzo Sellerio. La prima aveva a che fare con una certa realtà "marginale" di Palermo; la seconda con la sua memoria. Due occasioni entrambe rappresentative del momento che attraversa la città e che forse non a caso, hanno portato Consolo - lui così schivo dalla mondanità - a parlare in pubblico.

- L'intervista parte da questo: in che misura oggi Palermo, sempre più alla ribalta delle cronache nazionali per fatti di sangue, possiede anche un suo febbrile, immaginario e per nulla secondario, quoziente di vitalità creativa?

Io credo che in questo momento, a Palermo, si stia facendo uno sforzo nobilissimo per far emergere l'anima che questa città ha sempre avuto: l'anima civile, l'anima culturale, occultata e offuscata dai fatti atroci che tutti conosciamo, cioè i morti ammazzati, la mafia, questo cancro che sembra eterno e difficile da estirpare. Anche in altri luoghi d'Italia, naturalmente la crescita culturale è offuscata ma con altre forme, meno clamorose di quelle della mafia e della malavita. Penso, per esempio, a Milano, la città dove vivo. nella quale esistono forme di barbarie molto più sottili, dal produttivismo a oltranza, al consumo passivo, alla pubblicità. Ecco, questo mi sembra il nuovo fascismo, e quindi il panorama globale non è che sia molto allegro. A Palermo si stanno facendo delle cose nobilissime, e le due manifestazioni per le quali sono venuto sono segni importanti dello sforzo culturale che questa città sta facendo per apparire diversa. Da una parte, Aurelio Grimaldi, e, dall'altra Enzo Sellerio. Sellerio è uno degli intellettuali più importanti. Dal dopoguerra ad oggi, un uomo che ha fatto il fotografo nel modo eccellente che sappiamo, ha fatto conoscere al mondo questa terra, questa città e non in quello stile urlato e chiassoso che poi è dilagato in certa iconografia siciliana di maniera. Ma in un tono civile e contenuto”.

- Cosa pensi del libro di Grimaldi?

Grimaldi è un giovane che sta facendo delle cose interessanti e, oggi lo conosciamo perché è assunto alla ribalta sia per il primo libro "Mery per sempre" che per "Le buttane". Nel risvolto di copertina di questo secondo libro lamentava il fatto che Palermo, così piena di umanità sofferente, meriterebbe un grande poeta, un poeta come l'ha avuto Roma o Napoli. E però mi chiedo se a Palermo ci sia mai stato un tempo per la poesia. Quando parlo di poesia, non parlo della forma poetica, ma della sostanza poetica cioè di quel genere letterario che affondando nella memoria, restituisce il presente. Diceva Vittorini che ci sono momenti di non periferia di un impero sia pure piccolo come quello italiano, dove ormai tutti parliamo la stessa lingua e abbiamo perso la nostra memoria. Mi auguro che questa città, quest'isola mantengano la propria identità, la propria storia che non la facciano cancellare, e soprattutto, che riscoprono il loro il proprio ruolo Mediterraneo. Credo sia importante che la Sicilia prenda atto di essere testa di ponte fra un mondo in fermento, com'è quello arabo, e il mondo europeo. La cultura europea - lo sappiamo - è vecchia, ormai cristallizzata e si sta imbarbarendo. Ho detto più volte che Milano oggi mi sembra la più volgare città d'Italia perché da essa parte il messaggio pubblicitario, solamente pubblicitario, per il consumo delle merci. È una città che vede la gente sempre più massificata , passiva, ubbidiente a questo messaggio. Io spero che la Sicilia ritrovi il suo modo d'essere e la sua cultura. che non si faccia insomma omologare”.

Questa città ha vissuto troppo spesso momenti acuti di pericolo per cui non ha avuto tempo per la memoria e per la poesia, ma ha prodotto tutta una letteratura di tipo giornalistico e pubblicistico. Grimaldi si riallaccia a questa tradizione”.

-Nel tuo ultimo libro "Le pietre di Pantalica", in un capitolo, fai una descrizione terribile di questa città all'indomani dell'omicidio Dalla Chiesa. Come la trovi oggi?

La trovo cambiata e in meglio malgrado le notizie che sempre arrivano di fatti atroci. L'estate in cui scrivevo quel capitolo su Palermo, però, era veramente un tempo disperato. Ricordo che rimasi indignato sia dai tanti morti ammazzati di quel periodo, sia dalle forme di alienazione collettiva che esplosero coi mondiali di calcio. Poi, tutto si concluse con quei terribili sigilli che furono gli omicidi di Pio La Torre, del Generale Dalla Chiesa e di altre persone che avrebbero potuto dare ancora tanto per la Sicilia”.

- Si sta formando in città una coscienza progettuale?

Sì soprattutto credo che siano cambiati gli uomini: persone animate da buona volontà, moralmente pulite, che hanno rotto legami e connivenze con coloro assieme ai quali militano in determinate organizzazioni politiche. Certo c’è ancora molto da fare, gli ostacoli sono tanti e il lavoro è invisibile e ingrato”.

- Qual è il compito della letteratura verso il 2000

La letteratura verso il 2000 rischia di morire, non ho molte speranze. Quando dico letteratura penso al romanzo. Oggi ci sono altre forme di affabulazioni più in voga ad esempio quelle dei media, e quindi il romanzo si sposta sempre più in una zona che si conosce poco. Assistiamo così da una parte ad un romanzo computerizzato, tecnologico che può essere ponderoso e vasto. E d'altra parte, ad una forma di romanzo che cambia, che diventa sempre più verticale, intenso e frammentato. Io credo che si possa tornare a una forma di frammento vicina alla poesia, proprio come difesa dall'industria culturale. L'industria culturale vuole romanzi da trasformare subito in merce da consumare. Così la letteratura si annulla, muore. Chi crede veramente nella letteratura deve rendersi meno commerciabile”.

- Che opinione hai della giovane letteratura siciliana?

Anche se rischia di essere uccisa dall'industria culturale del nord. ho notato che nel pullulare dei giovani scrittori quasi tutti sono nati nelle periferie industriali. Qui siamo lontani dai luoghi della grande industria: ma ci può essere una chance per i giovani scrittori siciliani o meridionali in genere. Proprio da qui, dalla periferia, contrastando una letteratura pensionata di tipo consumistico o post-industriale, possono venire delle voci vere. Oggi, sono quelle che arrivano dal terzo mondo. L'ultimo premio Nobel, Mahfuz, è un'indicazione in questo senso così come la fiorente letteratura sudamericana”.

- Cosa pensi dei premi letterari?

Ne penso tutto il male possibile perché sono premi quasi sempre voluti dall'industria culturale, che ha dei costi, e che quindi deve avere dei profitti, come qualsiasi industria. Allora, essa mette in campo tutti gli strumenti che ben conosce, come la pubblicità, l'organizzazione della critica, che spesso non è altro che pubblicità camuffata, critica asservita all'industria. E quindi anche i premi letterari. Essi sono i luoghi dove più si scontrano le forze industriali dell'editoria con i suoi processi di seduzione e di corruzione. Sono pochi i premi puri direi che sono quasi impossibili”.

- E il premio Mondello?

Mi sembra uno dei più compromessi in questo senso. E’ gestito da un gruppo di critici del nord che hanno trovato in alcuni intellettuali palermitani e siciliani degli agganci per avere alibi. Trovo che sia un premio vergognoso perché non si possono sprecare tanti soldi in una regione come la Sicilia, in una città come Palermo. Non si può dare a uno scrittore che non fa altro che il suo mestiere un premio di 50 milioni. Palermo non è Stoccolma. Non voglio fare della demagogia, ma non si può far costare una manifestazione, ogni anno, un miliardo fra ospiti e cerimoniali. Mi sembra un lusso che questa città e questa regione non si possono permettere. Il premio Mondello dura da 15 anni: bisognerebbe fare il conto di quanto è costato finora. Poco tempo fa ad una celebre galleria d'arte di Londra c'era all'asta un quadro di Antonello da Messina che non è stato comprato: credo che l'offerta sia arrivata fino a 7 miliardi. Ecco, la Regione Siciliana avrebbe potuto comprare il quadro di Antonello, oppure restaurare il centro storico di Palermo. Oppure ancora meglio convogliare questi soldi verso strutture primarie come un ospedale. Gli ospedali siciliani sono fatiscenti. Abbiamo visto gli scandali dell'ospedale psichiatrico di Agrigento, di Messina. Il premio Mondello mi sembra un'operazione di colonialismo culturale che offende me come siciliano, come qualsiasi siciliano”.

- L'obiezione è d'obbligo: aldilà della mondanità, il Mondello ha spesso premiato scrittori di qualità e di fama. E magari solo per poche ore hanno avuto un confronto con i lettori e gli intellettuali della città anche solo per un momento in quei giorni si parla di Palermo non solo come capitale della mafia.

Io non discuto della persona cui è stato assegnato il premio, non mi interessa. Certo il premio fa parlare della Sicilia in un altro modo. Però bisognerebbe soprattutto parlare della Sicilia come di una terra dove i servizi pubblici funzionano, dove i centri storici non sono fatiscenti e dove la gente è rispettata nella propria dignità. Mi importa poco se vengono Dürrenmatt o Moravia, quando poi dietro, la città è piena di carenze e di bisognosi. E poi, questi scrittori, i premiati non hanno alcun rapporto con la popolazione, non vedono niente, se ne stanno chiusi negli alberghi di lusso di Mondello. Che cosa significano per Palermo queste persone? Vengono qui, prendono il premio e se ne vanno. Che senso ha che se ne parli per un giorno sui giornali Io credo che tutto questo non serve a niente”

. Come dovrebbero comportarsi le Amministrazioni comunali provinciali, regionali rispetto alla cultura? come dovrebbero spendere i soldi pubblici e con quali priorità il discorso che spesso si fa in questi casi è che i soldi destinati ai beni culturali non si possono stornare verso la sanità o altri tipi di assessorati.

Io questo non lo so. E, però, perché nell'ambito dei beni culturali non si indirizzano gli stessi soldi per obiettivi più utili come il restauro di questa città straordinaria che è Palermo, che cade a pezzi? sembra perfino retorico ma è così”.

- Vincenzo Consolo oggi che cosa prepara?

Naturalmente sto scrivendo, perché non si smette mai di scrivere, Naturalmente scrivo ancora una volta sulla Sicilia perché parto sempre da qui per potermi spiegare il mondo. Sto scrivendo un romanzo ambientato in Sicilia negli anni 20 dal 19 al 23. Più di questo non posso dire: mi sembrerebbe impudico parlarne con tanto anticipo”.

- Ancora una volta allora Palermo e la Sicilia Ombelico del mondo per Vincenzo Consolo. Ma domani Palermo e la Sicilia cosa potranno consegnare ai loro figli?

Penso che il primo dovere di quest'isola, di questa città sia quello di non diventare periferia di un impero, sia pure piccolo come quello italiano dove ormai tutti parliamo la stessa lingua e abbiamo perso la nostra memoria. Mi auguro che questa città e quest'isola mantengano la propria identità, la propria storia, che non la facciano cancellare da nessuno, e soprattutto che riscoprano il proprio ruolo Mediterraneo. Credo sia importante che la Sicilia prenda atto di essere testa di ponte fra un mondo in fermento, come quello arabo e il mondo europeo. La cultura europea, lo sappiamo ì vecchia, ormai cristallizzata e si sta imbarbarendo. Ho detto che Milano oggi mi sembra la più volgare città d'Italia perché da essa parte il messaggio pubblicitario, solamente pubblicitario, per il consumo delle merci”.

- Il vecchio saggio dice tutto passa tranne l'amore di Dio. Che cosa resta? Che cosa è Dio? un libro, un bacio o cos'altro?

Dio è quanto abbiamo lasciato noi in questo breve passaggio nella vita. Io non ho nessuna credenza di ordine metafisico. Credo che la divinità sia l'umanità lì dove è sofferente è lì dov'è il nobile”.

L'ORA 30 maggio 1989


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