23 ottobre 2023

CRISTO SI E' FERMATO A EBOLI

 



CARLO LEVI:

Sono passati molti anni, pieni di guerra, e di quello

che si usa chiamare la Storia. Spinto qua e là alla ventura, non ho potuto finora mantenere la promessa fatta, lasciandoli, ai miei contadini, di tornare fra loro, e non so

davvero se e quando potrò mai mantenerla. Ma, chiuso

in una stanza, e in un mondo chiuso, mi è grato riandare

con la memoria a quell’altro mondo, serrato nel dolore e

negli usi, negato alla Storia e allo Stato, eternamente paziente; a quella mia terra senza conforto e dolcezza, dove il contadino vive, nella miseria e nella lontananza, la

sua immobile civiltà, su un suolo arido, nella presenza

della morte.

– Noi non siamo cristiani, – essi dicono, – Cristo si è

fermato a Eboli –. Cristiano vuol dire, nel loro linguaggio, uomo: e la frase proverbiale che ho sentito tante

volte ripetere, nelle loro bocche non è forse nulla piú

che l’espressione di uno sconsolato complesso di inferiorità. Noi non siamo cristiani, non siamo uomini, non

siamo considerati come uomini, ma bestie, bestie da soma, e ancora meno che le bestie, i fruschi, i frusculicchi,

che vivono la loro libera vita diabolica o angelica, perché noi dobbiamo invece subire il mondo dei cristiani,

che sono di là dall’orizzonte, e sopportarne il peso e il

confronto. Ma la frase ha un senso molto piú profondo,

che, come sempre, nei modi simbolici, è quello letterale.

Cristo si è davvero fermato a Eboli, dove la strada e il

treno abbandonano la costa di Salerno e il mare, e si addentrano nelle desolate terre di Lucania. Cristo non è

mai arrivato qui, né vi è arrivato il tempo, né l’anima individuale, né la speranza, né il legame tra le cause e gli

effetti, la ragione e la Storia. Cristo non è arrivato, come

non erano arrivati i romani, che presidiavano le grandi

strade e non entravano fra i monti e nelle foreste, né i

greci, che fiorivano sul mare di Metaponto e di Sibari:

nessuno degli arditi uomini di occidente ha portato

quaggiú il suo senso del tempo che si muove,nè la sua teocrazia statale, né la sua perenne attività che cresce su

se stessa. Nessuno ha toccato questa terra se non come

un conquistatore o un nemico o un visitatore incomprensivo. Le stagioni scorrono sulla fatica contadina, oggi come tremila anni prima di Cristo: nessun messaggio

umano o divino si è rivolto a questa povertà refrattaria.

Parliamo un diverso linguaggio: la nostra lingua è qui incomprensibile. I grandi viaggiatori non sono andati di là

dai confini del proprio mondo; e hanno percorso i sentieri della propria anima e quelli del bene e del male,

della moralità e della redenzione. Cristo è sceso nell’inferno sotterraneo del moralismo ebraico per romperne

le porte nel tempo e sigillarle nell’eternità. Ma in questa

terra oscura, senza peccato e senza redenzione, dove il

male non è morale, ma è un dolore terrestre, che sta per

sempre nelle cose, Cristo non è disceso. Cristo si è fermato a Eboli


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