27 febbraio 2024

FAUST, DON GIOVANNI, AMLETO E DON CHISCIOTTE: DIALETTICA DEI MITI MODERNI

 


È uscito di recente, per Mucchi Editore, La dialettica dei miti moderni. Faust e don Giovanni, Amleto e don Chisciotte nella ricezione romantica, di Francesco Marola. Il libro ricostruisce le origini dell’associazione, come coppie di opposti, dei miti letterari moderni: dalla cultura letteraria tedesca dell’età classico-romantica fino all’irradiazione in diversi autori del primo Ottocento europeo. Proponiamo un estratto dell’introduzione che riprendiamo dal sito https://www.leparoleelecose.it/?p=48760

 

INTRODUZIONE ALLA DIALETTICA DEI MITI MODERNI

 

di Francesco Marola

 


Nel suo ultimo studio considerato tra i classici della mitocritica letteraria, Myths of Modern Individualism. Faust, Don Quixote, Don Juan, Robinson Crusoe (1996), Ian Watt prendeva in analisi quelli che definiva i «quattro miti del mondo moderno», espressione della «spinta positiva dell’individualismo»[1]. Tra i quattro riconosceva una genesi organica per i primi tre a cavallo dei secoli XVI e XVII, differente da quella posteriore di Crusoe, sentendo di doversi giustificare per la scelta di quest’ultimo compiuta a discapito di Amleto: lo riteneva più degno della qualifica di mito poiché, a suo dire, più popolare rispetto al principe shakespeariano, caratterizzato da una tematica intellettuale, ossia filosofica. Non sarà difficile riconoscere invece che la figura di Amleto non solo è contigua alle altre, ma anche assai più ricorrente nell’immaginario, quantomeno in quello letterario.

 

Watt individuava due momenti fondamentali nella storia dei moderni miti letterari (specificazione in lui assente, che è opportuno porre fin d’ora). Dapprima la nascita come exempla negativi nell’epoca della Controriforma, al fine ideologico di arginare il nascente individualismo rinascimentale con esiti punitivi o derisori. Successivamente, una loro profonda riformulazione in epoca romantica, quando gli intenti originari vennero rovesciati da letture idealizzanti o comunque simpatetiche, dovute alla piena affermazione dell’individualismo con l’ascesa della borghesia. Lo studio si diffonde sul momento delle origini, mentre alla trasformazione romantica dedica poche pagine, appena 35 sulle 280 dell’edizione originale. Fu la malattia dell’autore a impedire lo sviluppo del volume, pubblicato grazie alla cura degli allievi. Ma al di là di questo limite oggettivo, Watt stesso riconosceva dei limiti soggettivi nella trattazione di un argomento tanto vasto, auspicandone un completamento futuro: «credo che l’idea in generale sia interessante e importante e spero che altri, soprattutto gli storici e gli studiosi di letteratura comparata, la riprenderanno in modo più soddisfacente»[2].

 

Il proposito del mio libro è per l’appunto raccogliere l’appello del critico inglese, restituendo però ad Amleto il suo trono usurpato. Ho dunque preso in analisi il momento tralasciato della ‘ricezione romantica’: più esattamente, della ricezione propria dell’età classico-romantica della cultura letteraria tedesca, che nella lettura qui proposta è il momento determinante alla loro riformulazione, dimostrato dall’influenza sugli sviluppi letterari europei. In riferimento al contesto germanistico, il termine ‘romantico’ è dunque inteso nell’accezione più ampia, come categoria estetica non strettamente coincidente con le partizioni della storiografia letteraria. Piuttosto che un individualismo connotato in termini morali, a essere tematizzata in quest’epoca è la nuova prospettiva della soggettività, coi nuovi conflitti e contraddizioni che essa comporta. All’interno di questa ‘rivoluzione’ dei quattro miti moderni, ho analizzato un fenomeno ulteriore che li coinvolge, affrontato solo episodicamente dalla critica e mai – da quanto mi risulta – per il loro insieme: il fenomeno della loro polarizzazione dialettica, per cui Faust e don Giovanni da una parte, Amleto e don Chisciotte dall’altra, vengono associati in coppie di opposti. Ancor prima, ho esaminato il concetto stesso di mito moderno, usualmente impiegato per definirli, tentandone una ricostruzione genealogica.

 

La tesi fondamentale che ho cercato di dimostrare nel primo capitolo (Letteratura come mitologia. Alle origini dell’estetica romantica) è che alla cultura tedesca dell’età classico-romantica sia dovuta la ricezione stessa delle quattro figure letterarie attraverso la categoria del mito. Ho preso pertanto in analisi i testi di estetica e di poetica che, in quell’epoca, riformulano progressivamente i concetti di mito e di mitologia volgendoli all’interpretazione della modernità letteraria. Questa riconcettualizzazione dà luogo a un nuovo senso comune, a cui può essere ricondotta la nostra idea di ‘mito letterario’.

 

Nel confronto della modernità con l’antico, particolarmente intenso nel secondo Settecento tedesco, dapprima Herder auspica una riformulazione più libera e creativa del repertorio mitologico, per adattarlo alla significazione allegorica del presente. Successivamente, passando per l’interpretazione della mitologia classica come linguaggio della fantasia formulata da Moritz, e per il concetto di rappresentazione simbolica posto da Kant, è il principale teorico della Frühromantik, Friedrich Schlegel, a interpretare per primo le opere fondative della modernità letteraria nei termini di una «nuova mitologia», che è detta «nuova» per l’appunto perché propriamente moderna. In questa chiave, Schlegel legge l’opera di Cervantes e di Shakespeare come espressione di una «mitologia indiretta». Ritengo che questa lettura sia resa possibile, in Schlegel, dalla declinazione in senso prettamente estetico e morfologico del concetto di mitologia, svincolato quindi dalla valenza teoretica, etico-pratica o religiosa presente in altre teorie neomitologiche, come ad esempio nella filosofia del giovane Hegel (lo Ältestes Systemprogramm des deutschen Idealismus), che pure prenderò qui in esame. La lettura che propongo si differenzia pertanto da importanti studi monografici sull’argomento, che a diversi livelli hanno assimilato la teoria schlegeliana ad altre concezioni coeve. Diverso ancora è poi il caso di Schelling, che nelle lezioni di estetica del 1802-1803 sviluppa un concetto di rappresentazione simbolica embrionalmente elaborato da Goethe, associandolo a quello di mito nell’interpretazione della modernità letteraria: in particolare per le figure di Faust e don Chisciotte. Sebbene si rifaccia ampiamente alle acquisizioni dei fratelli Schlegel, soprattutto alla critica storico-letteraria di August Wilhelm, Schelling concepisce il mito-simbolo secondo una valenza gnoseologica che è persino antitetica a quella implicata dalla formulazione di Friedrich Schlegel.

 

Nonostante queste differenze, Schlegel e Schelling sono entrambi pionieri della reinterpretazione del nuovo canone moderno, e in particolare delle opere oggetto del nostro studio, attraverso la categoria del mito. Di ciò si occupa il secondo capitolo del libro (Miti letterari moderni, miti romantici). Sono le singole opere, e non il complesso delle narrazioni tradizionali dei nostri quattro personaggi, a essere intese come miti per via della loro ricchezza simbolica. Parlo pertanto a tal proposito di ‘opere-mito’ del romanticismo, per distinguere questo concetto di mito letterario da quello relativo alle tradizioni narrative rielaborate nel tempo, come avveniva con l’antica mitologia, per cui uso invece la definizione di ‘miti tradizionali’.

Faust e don Giovanni si configurano come miti moderni anche in questi termini ulteriori, essendo stati, più di Amleto e don Chisciotte, riformulati da molteplici riscritture, e avendo conosciuto un primo sviluppo anche nel folclore. Inoltre, Faust e don Giovanni sono inizialmente portatori di elementi sovrannaturali e di un tema teologico (la superbia o l’irriverenza nei confronti della Grazia divina) che li avvicinano anch’essi alle narrazioni dell’antichità. Diversamente, Amleto e don Chisciotte, oltre ad essere esenti da particolari tematiche teologiche, sfuggono all’accezione di miti tradizionali in quanto espressi all’origine dalle opere-mito di Shakespeare e Cervantes (poco conta la figura di Amleth delle Gesta Danorum, mero materiale narrativo per il dramma). Faust e don Giovanni trovano invece la propria opera-mito nel tardo Settecento, con le versioni di Goethe e di Mozart.

 

Ciò dunque riguardo alla ricezione in senso mitologico dei quattro miti letterari moderni qui presi in esame. Il secondo fenomeno che li coinvolge in modo organico è quello che definisco della loro dialettica: il processo per cui i protagonisti delle due coppie di miti letterari, Faust e don Giovanni da una parte, Amleto e don Chisciotte dall’altra, vengono associati e contrapposti come tipi antitetici, per arrivare in alcuni casi a una loro sintesi o ibridazione in un’unica opera, o in un’unica figura: ad esempio, un Amleto donchisciottesco o un don Giovanni faustiano. Entrambe le coppie di miti letterari vengono associate, dalla critica o direttamente dalle opere letterarie, nel riconoscimento di un’analogia tematica di fondo, a partire dalla quale i protagonisti vengono interpretati come personificazioni di facoltà o di caratteristiche opposte: spiritualità e sensualità, riflessione e azione, tipicità nordica e meridionale, idealismo e scetticismo, visione del mondo tragica e comica.

 

Note

 

[1] Watt, Ian, Myths of Modern Individualism: Faust, Don Quixote, Don Juan, Robinson Crusoe, Cambridge University Press, Cambridge 1996; trad. it. Miti dell’individualismo moderno. Faust, Don Chisciotte, Don Giovanni, Robinson Crusoe, trad. di M. Baiocchi e M. Gnoli, Donzelli, Roma 1998, p. vii.

[2] Trad. it., p. xii.

 


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