24 febbraio 2024

LA COSCIENZA DI CLASSE CHE MANCA OGGI (soprattutto alle classi subalterne)

 


Nel 1933 Bertold Brecht scrisse una poesia/canzone. In anni in cui la coscienza vacilla, in cui il nemico è ben nascosto e pasciuto, in cui come sempre le guerre le fanno i poveri ed il sangue versato è il loro, il nostro, a quasi cent'anni di distanza non è cambiato nulla e io voglio riproporvi, per chi non la conoscesse, per chi l'avesse dimenticata, questa lunga filastrocca, affinché, prima o poi ci risvegli da questo torpore della "sicurezza" e della "disciplina".

 

 

La canzone del nemico di classe

1.

Quand’ero piccolo, andavo a scuola

e imparai a distinguere il mio e il tuo,

e quando tutto avevo imparato

non mi pareva che fosse tutto.

La mattina ero senza colazione

mentre altri avevano da mangiare;

e cosi imparai ancora tutto

sull’essenza del nemico di classe.

E imparai il perché e il percome

il mondo è diviso da una fossa!

che resta fra noi, perché dall’alto

verso il basso cade la pioggia.

2.

E mi dicevano: diventerai come noi

se farai il bravo!

Ma io pensavo: se sono la loro pecora

non diverrò mai un macellaio.

E vidi più d’uno di noi

che per loro batté il marciapiede,

e se gli capitò la medesima sorte

che a me e a te, si sorprese.

Ma io non mi meravigliai,

per tempo vidi come stanno le cose

con loro: è verso il basso,

e non verso l’alto che la pioggia scorre.

3.

Allora udii battere il tamburo

e tutti dicevano queste parole:

adesso dobbiamo fare la guerra

per un posticino al sole.

E voci rauche ci promisero

di tirarci l’azzurro giù dal cielo,

e capoccia bene pasciuti gridavano:

non siate vigliacchi in questo momento!

E noi ci credemmo: è questione di ore,

poi avremo questa cosa e quella.

Ma la pioggia di nuovo fluì verso il basso e noi

per quattro anni divorammo l’erba.

4.

E una volta, d’un tratto, si disse:

ora facciamo la repubblica!

E ognuno sarà uguale all’altro,

magro o grasso che sia.

E chi era esausto per fame non era

mai stato cosi pieno di speranza.

Ma chi era sazio di mangiare

come loro era pure pieno di speranza.

E io dissi: qualcosa non quadra

e dal dubbio ero tutto turbato:

qualcosa non quadra, se la pioggia

deve scorrere verso l’alto.

5.

Ci diedero delle schede per votare,

noi le armi consegnammo,

ci diedero una promessa,

noi i fucili che avevamo.

Sentimmo dire: loro, che la sanno lunga

ci avrebbero aiutato adesso,

noi dovevamo andare al lavoro,

loro avrebbero fatto il resto.

Allora mi lasciai smuovere di nuovo

e come volevano, rimasi calmo,

e pensai: da parte della pioggia è bello

che voglia scorrere verso l’alto.

6.

E subito dopo sentii dire

che ora tutto era sistemato:

se noi sopportiamo il male minore

quello più grosso ci era risparmiato.

E noi mandammo giù il prete Brüning

perché al suo posto non ci fosse Papen.

E noi mandammo giù lo junker Papen

perché se no era il turno di Schleicher.

E il prete passò la consegna allo junker

e lo junker la passò al generale.

E la pioggia andava verso il basso

e fu uno scorrere colossale.

7.

Mentre noi giravamo con le schede elettorali

loro intanto chiudevano le fabbriche.

Che noi dormissimo davanti ad un ufficio di collocamento

o che fossimo dietro a farci timbrare i certificati,

loro non si preoccupavano di noi.

Sentivamo parole d’ordine come queste:

State calmi! Aspettate ancora un po’!

Quanto è più grande la crisi

tanto più grande sarà la ripresa!

E io dicevo ai miei compagni:

cosi parla il nemico di classe!

Quando parla di epoca buona

è della sua che intende parlare.

La pioggia non scorrerà mai verso l’alto,

perché d’un tratto scopre di volerci bene.

Tutto quello che può fare, chissà quando, è smettere di piovere,

e cioè quando il sole risplende.

8.

Un giorno dietro nuove

bandiere li vidi marciare,

e molti dei nostri dicevano:

non c’è più nemico di classe.

Allora vidi alla loro testa

grugni che già mi erano noti,

e udii, nel vecchio tono da sergente,

ringhiare le loro voci.

E tra feste e bandiere la pioggia

notte e giorno scorreva tacita,

e la poteva sentire chiunque

si fosse trovato per strada.

9.

Si esercitavano con impegno a sparare,

e parlavano di nemico a voce alta,

e indicavano fieri al di là del confine

ed era a noi che si pensava.

Poiché noi e loro siamo nemici

in una guerra che se io vinco tu perdi,

perché loro vivono di noi e crepano

se non siamo più i loro servi.

E questo è anche il motivo per il quale

la vostra meraviglia è fuori di luogo,

se si scagliano su di noi, come la pioggia

si scaglia sopra il suolo.

10.

E chi di noi crepava di fame

è caduto in una battaglia,

e chi di noi è morto

l’hanno ammazzato e basta.

Lo hanno preso con i loro soldati

chi non gli piaceva la fame,

gli hanno sfondato la mascella

a chi ha chiesto pane.

Adesso gli danno la caccia

a chi pane promisero,

e chi ha detto la verità

lo portano nella cassa di zinco.

E quello che ha creduto a quel che dicevano,

che fossero suoi amici

Quello lì era quello che aspettava

che l’acqua scorresse verso l’alto.

11.

Perché, qualunque cosa ci dicano

noi siamo nemici di classe:

chi di noi non ha osato lottare,

si è condannato a morire di fame.

Tamburino, noi siamo nemici di classe!

Questo non lo copre il rullo del tuo tamburo!

Industriale, generale e junker

il nostro nemico, sei tu!

È un problema che non si rimanda,

non si sistema un bel niente!

Verso l’alto non scorre l’acqua

e neppure lo si pretende!

12.

L’imbianchino imbianchi se crede,

non ci nasconderà le fessure!

Uno resta e uno deve cedere il passo

o io o te, uno dei due.

E qualsiasi cosa io impari,

l’ABC non deve cambiare:

non avrò mai niente in comune

con il nemico di classe.

La parola che ci unisce,

non la si potrà mai trovare:

dall’alto al basso la pioggia fluisce

e tu sei il mio nemico di classe.

 


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