QUESTIONE MERIDIONALE, QUESTIONE SICILIANA ED EMIGRAZIONE IN GRAMSCI
Francesco Virga
L’origine sarda ha reso Gramsci precocemente sensibile a quella che lui
stesso, in un articolo dell’aprile 1916, definisce «l’annosa e ormai cronica
quistione meridionale». L’articolo, intitolato Il Mezzogiorno e la guerra,
mostra quanto a lungo il Nostro abbia riflettuto sulla questione prima di
arrivare a quella prima sintesi che si trova nel manoscritto incompiuto,
ritrovato tra le sue carte, dopo l’arresto avvenuto nel novembre del 1926.
(nota omessa)
Il sottosviluppo meridionale rispetto al Nord del Paese oltre ad avere
radici antiche, si è accentuato dopo il 1860 a causa dell’«accentramento
bestiale» che non ha tenuto conto dei bisogni specifici delle diverse regioni
italiane; i protezionismi hanno aggravato ulteriormente la situazione,
arricchendo industriali ed agrari e impoverendo soprattutto i contadini del
sud. La guerra, infine, diventata fonte di profitti colossali per le imprese
industriali del Settentrione, ha completato il quadro:
«Si parla spesso di mancanza di iniziativa nei meridionali. È un’accusa
ingiusta. Il fatto è che il capitale va a trovare sempre le forme più sicure e
redditizie di impiego».
Sorvolando su tanti altri pezzi scritti nel periodo della prima guerra
mondiale su questo stesso tema, ripresi in gran parte nel volume curato da
Franco De Felice e Valentino Parlato (indicato in nota), voglio soffermarmi su
un articolo del 1919, pubblicato nell’edizione torinese dell’Avanti!,
massacrato dalla censura e scoperto di recente tra Carte d’archivio:
“I signori torinesi, la classe borghese di Torino, che nel 1898 ha seminato
di lutti e rovine l’isola di Sardegna facendo perseguitare, dai carabinieri e
dai soldati, come cinghiali, per monti e per valli, i contadini e i pastori
sardi affamati [si potrebbero usare le stesse parole per indicare quello che
avvenne in Sicilia, nel biennio 1893-94, a seguito della feroce repressione
voluta da Crispi del movimento dei Fasci Siciliani]; i signori di Torino e la
classe borghese di Torino, che ha ridotto allo squallore la Sardegna,
privandola dei suoi traffici con la Francia, che ha rovinato i porti di
Oristano e Bosa e ha costretto più di centomila Sardi a lasciare la famiglia, i
figli, la moglie per emigrare nell’Argentina e nel Brasile; i signori di Torino
e la classe borghese di Torino, che ha sempre considerato la Sardegna [e il
resto del meridione italiano], come una colonia di sfruttamento, che ha rubato,
nell’ultimo cinquantennio, più di 500 milioni di imposte, denaro sudato dai
contadini e dai pastori rimanendo sotto la sferza del sole per 16 ore
quotidiane; i signori di Torino e la classe borghese di Torino, che si è
arricchita distruggendo le foreste sarde, che ha riempito i suoi portafogli col
sangue, la fame, la miseria del popolo di Sardegna.”
È questo uno dei primi testi gramsciani in cui il tema dell’emigrazione
viene accostato alla questione meridionale. Da questo momento in poi i due temi
si troveranno sempre connessi tra loro per essere ripresi e sviluppati nel
manoscritto del 1926, prima, e nei Quaderni dopo. Particolarmente significativo
appare il modo in cui il deputato sardo ne parlerà, nel maggio del 1925,
nell’ultimo discorso che terrà alla Camera dei deputati in occasione del
dibattito sul disegno di legge proposto dai fascisti contro la massoneria e le
società segrete. Durante il suo intervento Gramsci verrà interrotto più volte
dallo stesso Mussolini che lo ascolta attentamente. Malgrado le continue
interruzioni e provocazioni il sardo, con calma e determinazione, riuscirà a
non perdere il filo del suo ragionamento e di arrivare alla conclusione. Il
passo centrale del suo discorso è questo:
"La questione meridionale, cioè la questione dei contadini, è legata
strettamente al problema dell’ emigrazione (interruzioni) il significato
dell’emigrazione in massa dei lavoratori è questo: il sistema capitalistico non
è in grado di dare il vitto, l’alloggio e i vestiti alla popolazione e una
parte non piccola di questa popolazione è costretta a emigrare.(...). L’
emigrazione allontana dal territorio nazionale una tal massa di popolazione,
produttivamente attiva (...) Nel territorio nazionale rimangono vecchi, donne,
bambini, invalidi, cioè la parte della popolazione passiva, che grava su quella
attiva. È questa la debolezza fondamentale del sistema capitalistico."
Appare notevole la distinzione operata, dallo stesso Gramsci, tra quistione
meridionale e quistione siciliana in un articolo pubblicato il 15 marzo 1924 su
L’Ordine Nuovo quindicinale dove, nel fare riferimento ai Presidenti del
Consiglio di origine siciliana, afferma:
«I Presidenti siciliani rappresentavano la Sicilia e non il Mezzogiorno
perché la quistione siciliana è notoriamente distinta dalla quistione
meridionale» (QM, 85).
Come vedremo, il sardo tornerà su questa distinzione nei Quaderni, convinto
com’è della specificità dei problemi della regione siciliana.
Francesco Virga
(Brano ripreso
da Eredità dissipate Gramsci Pasolini Sciascia, Diogene editore,
Bologna 2023)
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