09 gennaio 2024

GRAMSCI SUL DELITTO MATTEOTTI


Il ritrovamento della salma di Matteotti

Mentre ipocritamente il Governo di Destra, che comprende soggetti e forze che rimpiangono il vecchio regime fascista, decide di apporre una targa commemorativa sul luogo in cui Antonio Gramsci, in libertà condizionata, trascorse gli ultimi giorni della sua breve vita, noi ricordiamo l'editoriale scritto da Gramsci all'indomani dell'assassinio di Giacomo Matteotti


 Via il Governo gli assassini!

Antonio Gramsci


Si ripete nel 1924 ciò che si era già verificato negli anni 1920-21-22. I Partiti di democrazia, i Partiti che controllano e dirigono la cosí detta opinione pubblica, cioè l'opinione delle classi medie poste dalla storia a dover scegliere tra la reazione e il proletariato, poste a dover scegliere tra la << certezza dell'avvento al potere del fascismo criminale e la « incertez- za" di un movimento autonomo della classe operaia, entrano in una organica crisi di tentennamenti, di oscillazioni, di dubbi che si manifesta poli- ticamente nella inerzia e nella passività. L'inerzia della << democrazia >>> spiana nel 1922 la strada per la marcia su Roma: l'inerzia della << democrazia » permette nel 1924 al fascismo di riaversi dall'isolamento, dalla demoralizzazione, dallo sfacelo in cui era necessariamente piombato sotto il peso dei suoi delitti; permette la riorganizzazione delle bande nere che non solo troncheranno la fatidica « marcia in avanti» della giustizia, ma riapriranno la porta della prigione ai pochi delinquenti che la << forza >> popolare era riuscita a far arrestare. Le responsabilità della « democrazia >> sono piú gravi nel 1924 che nel 1922; il giudizio che le masse popolari devono dare e daranno indubbiamente deve perciò essere piú severo e di carattere decisivo.

Nel 1922 i Partiti di « democrazia » erano in crisi: ognuno aveva nel proprio seno un « nucleo» fascista che operava a disgregarli; nel 1922 la classe operaia, battuta crudelmente per tre anni, era dispersa, demoralizza- ta, senza volontà. Nel 1924 la situazione si presentava notevolmente cambiata. I Partiti di democrazia si erano liberati dai loro « nuclei >> fa- scisti; la classe operaia aveva riacquistato fiducia in sé, nella forza che le viene dalla sua funzione storica d'elemento preponderante nella produzione. Le elezioni del 6 aprile avevano dimostrato chiaramente come il fa- scismo fosse una minoranza infima della popolazione, anche se la forza armata aveva procurato al fascismo milioni di schede e 400 deputati alla Camera. La fulminea crisi in cui il fascismo piombò, dopo che la scompar- sa dell'on. Matteotti fu conosciuta dal pubblico, non era un fenomeno imprevisto e imprevedibile: essa era legata alla situazione generale, al carattere del regime fascista, allo stato d'animo diffuso nelle masse popola- ri e rivelato dalle elezioni del 6 aprile. Il terreno politico era favorevolissimo per i Partiti di

« democrazia » che si trovavano riuniti nell'assemblea delle opposizioni parlamentari, che avevano per sé l'appoggio del proletariato, che apparivano al Paese come un comitato di salute pubblica al quale bisognava ubbidire, come ad un organismo statale potenzialmente in funzione, come la vera e legittima assemblea nazionale rispecchiante i reali rapporti di forze politiche del Paese. Le opposizioni non vollero dare un carattere decisivo alle enormi forze di cui disponevano. Poste dalla necessità degli avvenimenti in una obiettiva posizione di guerra civile, si spaurirono; ebbero paura delle parole.

Perché se esisteva una obiettiva posizione di guerra civile essa era stata determinata dal fascismo con l'assassinio dell'on. Matteotti, essa era mantenuta dal regime fascista con i suoi disperati tentativi di salvare l'organizzazione della « banda del Viminale », cioè di conservare intatto il principale strumento di guerra civile contro il popolo e i suoi rappresentanti per continuare a servirsene.

Le << opposizioni » non ebbero quindi alcun programma << apparente », nessuna tattica all'infuori di quella puerile che si riassume nelle frasi: isolare il fascismo, attendere che il fascismo si disgreghi per l'azione delle sue intime contraddizioni. Non ebbero alcun programma << apparente»: ciò non significa che non abbiano avuto, e non abbiano, un programma stabilito di comune accordo. Isolare il fascismo va bene: ma che fare se il fascismo, solidale nel suo complesso, al di fuori delle contraddizioni, per mantenere il potere, resiste e sviluppa la guerra civile? I comunisti hanno affermato: occorre fare appello alle masse popolari, occorre far intervenire direttamente il popolo lavoratore contro cui il fascismo sta scatenando la guerra civile. Le « opposizioni hanno respinto la proposta dei comunisti, ma non hanno fatto nessuna proposta pratica per conto loro; non solo, ma con un ordine del giorno hanno voluto cautelarsi contro ogni controllo delle masse. La proposta pratica era implicita, era sottintesa o fatta a bassa voce: la proposta pratica era di ricorrere ad una forza reazionaria per contrapporla al fascismo, legando mani e piedi alle masse lavoratrici. Le « opposizioni cosí rifiutarono la immensa forza posta a loro disposizione dal popolo, da assemblea nazionale ridiventarono « gruppi di galan- tuomini che discutono in una farmacia di villaggio gli avvenimenti del giorno; l'anima di Pier Soderini ebbe il sopravvento sulla primitiva velleità di uomini della Convenzione.

Le masse devono giudicare e giudicheranno. Ma il giudizio non sarebbe che una vana coreografia se rimanesse senza sanzioni pratiche che possano essere applicate dalla massa stessa. È necessario perciò che la massa popolare con tutti i suoi mezzi esprima il suo parere sulla situazione; ma è necessario anche che gli elementi fattivi e militanti della massa escano dalle formazioni politiche che rappresentano solo l'esitazione e il dubbio piccoli-borghesi nella lotta contro la reazione, contro tutta la reazione, sia essa la dittatura fascista, sia la dittatura militare, per concentrarsi nel solo Partito che rappresenta le aspirazioni di libertà della grande maggioranza del popolo, per dargli la forza sufficiente e necessaria a condurre a fondo la lotta santa che era, e continua ad essere, volontà universale in questo periodo della storia italiana.


«l'Unità», anno 1, n. 111, 21 giugno 1924,

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