24 marzo 2022

UN INEDITO SCALDATI AL TEATRO BIONDO DI PALERMO

 


Debutta in prima nazionale, mercoledì 23 marzo alle ore 21.00, nella Sala Strehler del Teatro Biondo di Palermo, lo spettacolo "Inedito Scaldati", prima tappa di un percorso di ricerca sull’opera teatrale e poetica di Franco Scaldati curato dalla regista Livia Gionfrida.

In scena: Melino Imparato, Paride Cicirello, Oriana Martucci e Daniele Savarino.

Le scene e i costumi sono di Emanuela Dall’Aglio, la consulenza per il suono di Serena Ganci, assistente alla regia Giulia Aiazzi, luci di Antonio Sposito.

Prodotto dal Teatro Biondo in collaborazione col Teatro Metropopolare, "Inedito Scaldati" è incentrato in particolare intorno alla radice shakespeariana fortemente presente nell’opera del poeta siciliano.

In un quartiere fantasma, dentro a un condominio ridotto ormai a rudere, abita un poeta, l’ultimo. Questi aspetta di raggiungere la luna, unico miraggio di pace, e proietta i suoi sogni sugli abitanti del palazzo.

In scena quattro attori per un esperimento drammaturgico che, in un continuo rimando tra Scaldati e Shakespeare, evoca la storia di Macbeth, il re assassino che cede alla tentazione del Potere e all’istinto della Violenza.

La guerra, la pandemia, il tormento per le conseguenze delle proprie azioni, la perdita della Parola come strumento che aiuta gli esseri umani a comprendersi e a decifrare se stessi e il mondo, sono i temi di questo studio. Prendono corpo nella mente del Poeta le ombre degli abitanti del condominio: la lavascale, il giovane disabile, il muto, il topo, i fantasmi del condominio diventano così personaggi in cerca d’autore.

«In una fine del mondo dai toni tragicomici – spiega Livia Gionfrida – le certezze scompaiono, le parole sono svuotate di senso e persino i muri possono apparire e scomparire come in un sogno. “Finìu a pandemia?” si domanda l’anziano sardonicamente. La morte è presenza costante nell’opera di questo grande poeta, per nulla tragica. Come in Sicilia, come nelle opere di Scaldati, la morte è compagna di vita, è amica di bevute e sogni, e porta bei doni e dolci ai bambini. Avvicinare lo spettatore a Scaldati per me vuol dire tentare il rito della poesia, quella che sembra trovare sempre meno spazio nell’affanno del nostro quotidiano e che può costituire una vera e propria cura della persona. Tornare dunque al teatro, al rito collettivo che comincia con il silenzio e il buio, da cui far nascere la parola poetica e, assieme ad essa, l’immagine pronta a scatenare una lettura personale nello spettatore».





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