23 novembre 2021

SAPER DISTINGUERE. LINGUA, POLITICA E STORIA

Un fotogramma di Hannah Arendt (2012), di Margarethe von Trotta


LA NECESSITA'  DI  DISTINGUERE. LINGUA, STORIA E POLITICA

di Matteo Cazzato

 

Dal 9 ottobre, quando la sede della Cgil di Roma è stata attaccata, è già passato più di un mese, e molte altre manifestazioni si sono susseguite, con tutte le polemiche e le discussioni del caso. Contrariamente alle dinamiche del mercato dell’informazione, non ci si è buttati a capo fitto sulla notizia. Ora non c’è più il rischio di andare contro i vari silenzi elettorali, e si evita la confusione mediatica senza farsi sommergere da reazioni a caldo scomposte e fuori luogo. Si può porre una certa distanza tra sé e i fatti, un ragionevole lasso di tempo che consenta di fare un discorso critico, con un po’ di quello spirito storico-filologico che solo permette di tentare una reazione costruttiva. Eventi e parole di un certo tipo producono di per sé amarezza e rabbia, sentimenti legittimi e giustificati, ma lo sfogo emotivo immediato deve aver luogo nel privato. Nello spazio della comunicazione pubblica serve qualcosa di diverso, posato e ragionato, che provi a dare una lettura per quanto possibile rispettosa di come la realtà è effettivamente.

 

Di tutto ciò che è successo nell’ultimo mese fra l’assalto alla sede del sindacato e le altre manifestazioni contro le misure anti-pandemiche, la cosa più rilevante e a cui bisogna prestare maggior attenzione sono le reazioni e i discorsi di certi rappresentanti politici, il linguaggio le strategie comunicative e i contenuti che hanno voluto veicolare. Le tragiche degenerazioni politiche dello scorso secolo ci devono insegnare a anticipare e prevenire certi rischi, e in ciò la filologia è fondamentale come mostra la mirabile lezione di Victor Klemperer e del suo Taccuino di un filologo, dedicato ai segni che nella lingua del Terzo Reich esprimevano le atroci convinzioni che poi avrebbero sconvolto il mondo.[1] Il filologo tedesco, ridotto al silenzio perché di origini ebraiche ma scampato ai lager perché sposato con una “ariana” e da tempo convertitosi al protestantesimo, tenne testimonianza nel suo diario di come la lingua veniva manipolata dal regime, riflettendo poi a posteriori su come forse si sarebbe potuto capire e prevenire se chi poteva ancora parlare avesse voluto e avesse avuto gli strumenti adeguati. Il suo esempio ci fa dice quale importante e grande mezzo abbiamo a disposizione per osservare la realtà e intervenire se necessario anche oggi.

 

Desta stupore che un rappresentante parlamentare davanti all’assalto alla Cgil sì riconosca in ciò che è successo un’azione squadrista, ma sostenga di non comprenderne la matrice. Come è possibile fare una dichiarazione del genere quando in piazza ad aizzare la folla c’era il capo di un’organizzazione come Forza Nuova? Affermazioni di questo tipo sono gravi in ogni caso, e possono indicare solo due cose: la volontà di mettere in campo una strategia della confusione, che dia ai cittadini un’immagine distorta della realtà; oppure denota ignoranza storica e linguistica.[2] E se anche volessimo accettare che un parlamentare italiano ignori l’inglese e altre lingue straniere, quanto meno la propria lingua – soprattutto se propone il suo partito come patriottico – dovrebbe conoscerla bene, e ancor più nel caso di parole così delicate per ciò a cui fanno riferimento. Possiamo sintetizzare così: dire squadrismo è dire fascismo. Non ci sono alternative, non si può attribuire la parola ad altri contesti, se si sceglie di usarla vuol dire una determinata cosa e basta. Discorsi fumosi al riguardo, se non vengono da scarsa competenza linguistica, sono indizio di un’intenzione comunicativa e politica poco chiara, come d’altronde sostenere di avere un rapporto sereno con il fascismo, cosa totalmente ambigua proprio linguisticamente perché non si comprende l’effettivo senso di un tale enunciato: quale valore assume l’aggettivo sereno riferito al proprio modo di relazionarsi con un regime totalitario e criminale? Si può essere sereni riguardo a qualcosa, cioè non averne paura, non temere che vada male o che si verifichi, e la politica italiana conosce bene tale senso dell’aggettivo e le sue distorsioni. Sereno può avere anche il valore di equilibratoimparzialeobiettivo, ma questo quando si usa un’espressione come “giudizio sereno”. In questo caso sì, si può dare un giudizio sereno, e dunque imparziale su qualcosa. Ma un rapporto come può essere imparziale? Un rapporto implica necessariamente una qualche forma di partecipazione – emotiva o ideologica – e perciò un prender parte. Dunque dire che si ha un rapporto sereno fa riferimento all’altro significato del termine, quello base e più diffuso:  vuol dire avere un rapporto positivo, tranquillo e armonioso. E allora si pone di nuovo la domanda: siamo davanti a scarsa competenza linguistica oppure ad un’affermazione pericolosa, o ancora si sta volutamente producendo una comunicazione confusa?

 

Comunque – per tornare al punto di partenza – ho controllato diversi vocabolari – non si sa mai che secondo qualcuno anche vocabolari e dizionari possano essere di parte – quello della Sansoni e della Treccani, il Devoto-Oli e l’etimologico di Cortellazzo-Zolli, lo Zingarelli e altri ancora: tutti indicano come solo e unico significato per squadrismo e squadrista quello legato all’azione violenta e intimidatoria dei gruppi paramilitari fascisti. Non è certo termine attribuibile all’azione di gruppi di sinistra, anche perché bersaglio degli squadristi erano spesso proprio gli ambienti socialisti. Se poi si vuole essere precisi storicamente, questi termini fanno la loro comparsa nella lingua italiana solo in quegli anni, non esistevano prima: la prima apparizione documentata di squadrista è per bocca di Mussolini nel 1922, e lo stesso vale per squadrismo nel 1924.[3] Possono sembrare dettagli minimi, e magari anche ovvi, ma evidentemente occorre ricordarli con precisione e determinazione, perché una certa confusione comunicativa crea terreno fertile per fraintendimenti rischiosi.

 

Questo atteggiamento improntato alla scarsa chiarezza appare dettato dalla volontà di non vedere, o negare, un fascismo che per alcuni è scomodo riconoscere, o che è utile tenere nascosto senza liberarsene del tutto. Esattamente come il politico che vorrebbe relegare il fascismo alle pagine dei libri di storia – chissà poi se veramente letti con attenzione. In ciò possono esserci solo ignoranza o un grave opportunismo.

 

Ho parlato di una strategia della confusione nel dibattito delle scorse settimane. La si è vista anche nel tentativo di spostare l’attenzione e le accuse su altri soggetti. Così davanti a chi esprimeva condanna per attacchi neofascisti, c’è stato chi ha evocato lo spettro rosso, perché c’è stato in passato un terrorismo nero ma anche un terrorismo rosso. Penso che ogni forma di violenza vada condannata e perseguita. Ma questo giusto principio non può diventare una scusa per nascondere sotto il tappeto qualcosa che su cui ci è comodo far finta di nulla. Esistono nel nostro paese gruppi – quanto meno extraparlamentari – che si rifanno al fascismo. Per ciò che questo fenomeno socioculturale richiama nelle vicende del nostro paese, siamo tenuti a impegnarci con forza per contrastarlo attraverso interventi mirati. Ogni violenza deve essere condannata, ma non possiamo negare il dovere morale di esprimerci con più fermezza davanti a qualcosa che ci tocca così nel vivo della nostra storia nazionale. È un problema quando si vogliono cancellare le differenze, quando ci si ostina a voler imporre un’uguaglianza mal compresa. Così come tutti gli esseri umani meritano stesso rispetto e stessa dignità per le loro differenze – senza che venga imposto un appiattimento sterile – allo stesso modo ogni forma di violenza merita la medesima punizione, ma i distinguo sono fondamentali perché solo in questo modo possiamo diventare veramente consapevoli ed evitare che gli errori si ripetano. È un discorso valido ovunque: qualcuno negli Stati Uniti e non solo ha voluto mettere sullo stesso piano episodi di violenza legati alle proteste del movimento Black Lives Matter e l’attacco suprematista al Campidoglio, senza la minima consapevolezza dei fatti e dei loro significati culturali, al solo scopo di mettere in crisi per alcuni errori un intero movimento di protesta di per sé giusto. In entrambi i casi l’atto violento è da punire, ma non si può essere riduttivi e negare le differenze fra i due contesti. Saper valutare i diversi contesti è premessa fondamentale per ogni processo conoscitivo e per ogni azione che si voglia basare su una autentica conoscenza. E storia e lingua vanno insieme, nella tutela e nella manipolazione deviante. Non a caso Gianrico Carofiglio, riflettendo sui fenomeni di manomissione delle parole, ricorda come l’azione del regime totalitario narrato da Orwell in 1984 alterasse contemporaneamente «la verità storica, ma anche il linguaggio».[4] In Italia qualcuno ha voluto sostenere – ancora una volta – che se va condannato il fascismo lo stesso trattamento deve essere riservato al comunismo. Ma è un atteggiamento che rivela ignoranza storica, o ancora, come nel caso della parola squadrismo, intenzioni comunicative tese alla confusione di comodo. Questo tutto o niente che vuole alimentare l’indistinto e appiattire è solo dannoso. Al di là delle proprie idee politiche, al di là di destra e sinistra, ci sono delle affermazioni inconcepibili. Una cosa sono le tragiche esperienze in Urss, o in Jugoslavia e Cambogia, o ancora il terrorismo rosso, un’altra invece il pensiero comunista che ha i suoi fondamenti nel movimento operaio ottocentesco e nella filosofia di Karl Marx. Ed ecco che tornano necessari i distinguo, e non si può dire ciò per il ventennio che si identifica in modo univoco con una sola cosa, una dittatura totalitaria. Il fascismo è condannato dalla Costituzione, e c’è un motivo se invece il comunismo non lo è. I totalitarismi e le degenerazioni prodotti da applicazioni distorte di quell’ideologia sono un conto, vanno condannati e bisogna riconoscerne gli errori, ma la filosofia di Marx offre un’analisi fra le più acute del capitalismo, e in risposta ai problemi interni al sistema propone un nuovo modello sociale basato sull’equità, quasi evangelico qualcuno potrebbe dire, visto che la famosa frase «Ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni» si rifà agli Atti degli apostoli 4.35, quando si descrive la prima comunità cristiana in cui vigeva un principio di distribuzione dei beni in base ai bisogni dei singoli. Inoltre l’esperienza della Resistenza e il pensiero politico del Partito Comunista Italiano ebbero un ruolo centrale nella stesura della Costituzione, lasciando il segno nei principi fondamentali: la centralità del lavoro come dovere e diritto; la pari dignità sociale e umana delle persone, e l’impegno della Repubblica a rimuovere gli ostacoli per raggiungere questo ideale non solo formale ma sostanziale. Sono temi su cui i partiti socialista e comunista spinsero molto, e col sostegno delle altre forze costituenti a dimostrazione del clima di unità in cui nacque la Costituzione, che non aveva certo motivi per mettere fuori legge uno dei partiti protagonisti della sua formulazione e della liberazione nazionale.[5] Questo spessore e valore di pensiero sono totalmente assenti nel fascismo, e ciò va riconosciuto tanto a destra quanto a sinistra. Altrimenti l’idea quale sarebbe, una cancel culture voluta da reazionari, la rimozione dello studio di Marx dai programmi scolastici? I distinguo ponderati sono importanti, e devono passare attraverso una comunicazione attenta ai contenuti. Se si parla di attacchi squadristi si fa riferimento a una realtà storica ben precisa e inconfondibile, anche e soprattutto per quanto riguarda la storia della singola parola, e la condanna di squadristi e di ogni forma di fascismo deve essere espressa con un linguaggio altrettanto chiaro e fermo, senza manipolare la comunicazione sviando il discorso, e proponendo visioni storico-culturali scorrette, che fanno perdere le specificità dei fenomeni e dunque la possibilità di agire nel modo corretto.

Note

[1] Victor Klemperer, LTI. La lingua del Terzo Reich. Taccuino di un filologo, Giuntina, Firenze, 2011.

[2] E come ha sostenuto Gustavo Zagrebelsky la competenza linguistica e la ricchezza di vocabolario sono chiari indici della salute di una società civile e dello stato della discussione politica in un paese. E anche per questo motivo diventa sempre più necessaria una vera e propria tutela delle parole, che favorisca una diffusione della conoscenza non segnata da discriminazioni, e combatta allo stesso tempo il pericolo di manipolazioni ideologicamente deviate del linguaggio. Si fa riferimento al discorso tenuto da Zagrebelsky il 23 aprile 2009 alla “Biennale Democrazia”, il cui testo è disponibile online.

[3] Sul fenomeno dello squadrismo come componente fondamentale e imprescindibile del sistema fascista cfr. Matteo Millan, The Institutionalisation of “Squadrismo”: Disciplining Paramilitary Violence in the Italian Fascist Dictatorship, in «Contemporary European History», November 2013, Vol. 22, No. 4, pp. 551-573.

[4] Gianrico Carofiglio, La manomissione delle Parole, Rizzoli, Milano, 2010, p. 25.

[5] Per una più attenta ricostruzione di come i partiti comunisti europei – in Italia e Francia in particolare – contribuirono nel secondo dopoguerra ai processi costituenti cfr. Sandro Guerrieri, Le idee costituzionali del Pcf e del Pci all’indomani della Liberazione, in «Studi Storici», 1995, Anno 36, No. 3, «Fascismo, antifascismo, democrazia. A cinquant’anni dal 25 aprile», pp. 863-882. Sul profondo valore antifascista che permea tutto il testo costituzionale è interessante anche l’articolo di Francesco Pallante, La costituzione antifascista, su «MicroMega. Per una sinistra illuminista», 3/2020, pp. 142-148. Cfr. anche l’intervento del Prof. Enzo Cheli al convegno «Valore e attualità della Carta costituzionale» (Perugia, 3 luglio 2009), dal titolo La Costituzione italiana: radici, sviluppi, prospettive, disponibile online. Interessante anche il documento pubblicato a cura del Parlamento Europeo I princìpi di eguaglianza e di non discriminazione, una prospettiva di diritto comparato. Italia, che a p. 11 e sgg. fa particolare riferimento proprio all’art. 3 della Costituzione (documento disponibile online sul sito del Parlamento Europeo).

 

[Immagine: un fotogramma di Hannah Arendt (2012), di Margarethe von Trotta].

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