28 dicembre 2021

CULTURA CLASSICA E SCIENTIFICA DI FRONTE ALLA PANDEMIA

 



LA PANDEMIA, LA CULTURA CLASSICA E LA CULTURA SCIENTIFICA

di Domitilla di Thiene

Fino a pochi anni fa, in Italia, il livello di conoscenze per potersi pensare persona di cultura era considerato esclusivo della cultura cosidetta classica. Soprattutto, non venivano considerate essenziali anche le nozioni più basiche di biologia: una persona colta o reputata tale non poteva non conoscere il latino o sapere chi è Dante ma poteva tranquillamente non avere la più minima idea della struttura di una cellula, delle differenze fra un virus o un batterio o della struttura del DNA. Di questo non è da incolpare il latino o le sue innumerevoli e riconosciute doti sullo sviluppo della capacità critica: semmai è la carenza nel riconoscere le doti di altri tipi di insegnamento.

Pensare con la propria testa è senza dubbio una virtù; tuttavia da quando il livello del sapere scientifico è arrivato a un tale grado di complessità bisogna considerare con attenzione l’utilizzo della propria materia grigia. O almeno dotarsi degli strumenti per potersi affidare alla materia grigia altrui, o ai suoi innumerevoli anni di studio. In questi ultimi mesi siamo stati sommersi di dati, tabelle e grafici. Saperli leggere presuppone un livello educativo a cui molte persone di questo paese non arriva, non per mancanze personali ma proprio per quelle scelte di campo operate in età ancora scolastica, materie classiche o scientifiche, e perché a scuola non si può studiare tutto.

Forse però, in Italia in particolare rispetto ad altri paesi, è mancata la volontà politica di tutelare una difesa minima essenziale di conoscenza scientifica. Già Vito Volterra, uno dei più grandi scienziati del ventesimo secolo, aveva messo in guardia nel 1923 dai rischi dell’impoverimento della cultura scientifica portata dalla riforma Gentile (sperava che alcune battaglie fossero state già vinte da Galileo, afferma amaramente nella relazione della Commissione dell’Accademia dei Lincei  sulla proposta di riforma del liceo classico e liceo scientifico) ma la sensazione è che poco sia stato fatto anche fino ai giorni nostri.

All’ennesimo sconfortante post di Facebook sul fatto che anche le persone vaccinate si ammalano o finiscono in ospedale non si può non pretendere che si leggano i dati. I dati parlano a chi li sa ascoltare, urlano. Ma anche un filosofo di chiara fama come Cacciari si può permettere di dire durante un programma di una rete nazionale che alcuni pediatri riportano una pericolosità del vaccino nei bambini. Alcuni pediatri? Chi? Quanti? In base a quale campione? A quali studi? Condotti con quali criteri? Validati da chi? La scienza ha regole e confini che non possono essere sporcati da un gossip giornalistico, da un riferito vago e minaccioso. Mettendo poi insieme spauracchi antichi, bambini e vaccini.

Se c’è qualcosa che questa pandemia ha scoperchiato senza pietà è la mancanza di cultura scientifica di questo paese. Ora i massimi riferimenti culturali degli ultimi trenta anni possono essere utilizzati senza vergogna da frange di estremisti ignoranti. La cultura classica ha da sempre mantenuto l’egemonia per ragioni storiche o di semplice inerzia al nuovo; ora tuttavia, c’è la necessità e la speranza che si trovi un posto per la cultura scientifica.

Uno degli sbagli sarebbe di considerare la questione come mutuamente esclusiva, cultura classica versus cultura scientifica, o considerare il sapere scientifico come un territorio di eccessiva specializzazione o tecnicismi. Al contrario l’obiettivo è che si alzi l’asticella del livello minimo anche nell’ambito scientifico. Per fare un esempio, e cercando di evitare terrorismo, chi lavora in ambito medico o sanitario sa che una delle prossime sfide dell’umanità sarà far fronte all’antibiotico resistenza: sempre più batteri sono diventati resistenti agli antibiotici conosciuti, rischiando di farci tornare al periodo precedente alla scoperta della penicillina, con i rischi di mortalità da infezioni connessi. Questa minaccia globale che ora è stata messa da parte, almeno a livello mediatico, dalla pandemia, ha di nuovo molto a che fare con l’industria farmaceutica e in parte ha anche connessioni con i vaccini. Ora  la speranza è che anche un piccolo aumento livello di consapevolezza scientifica della società civile, e qui si può tornare al semplice conoscere la differenza fra un virus e un batterio, può fare un’enorme differenza su come sarà gestita questa minaccia di quanto i comportamenti della popolazione potranno avere un ruolo.

Questa pandemia potrebbe servire almeno a ripensare il ruolo della cultura scientifica, non più relegata a tecnicismi, ma parte integrante e indispensabile di un sapere comune.

 

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