29 dicembre 2021

RENATO GUTTUSO SECONDO PASOLINI

 

Pasolini visita una Mostra di R. Guttuso


Particolare della Crocifissione di Guttuso


L' ARTE di RENATO GUTTUSO secondo PASOLINI

All’alba degli anni Sessanta, l’arte di Guttuso assume per Pasolini una collocazione e una funzione ben precise. Sono gli anni dell’aspirazione a un cambiamento collettivo, a un rinnovamento sociale del nostro Paese.

Non è un caso che Pasolini affidi a Guttuso la lettura del commento in prosa del film documentario La rabbia (1963) .

La conoscenza e la stima di Pasolini per il pittore siciliano sono di lunga data. Già nel

1942 Crocifissione di Guttuso aveva attirato la sua ammirazione.

La precoce scelta antifascista contro il regime del duce - già in pieno ventennio fascista- e l’adesione al partito comunista, fanno di Guttuso l’interprete maggiore di un realismo non retorico e celebrativo, ma testimonianza critica del proprio tempo, del presente individuale e collettivo.

Crocifissione è la metafora dello stato esistenziale dell’umanità tutta, pone l’accento

sull’universalità del dolore e sulla sua profonda attualità ma è anche l’occasione per prendere una posizione chiara nei confronti delle ingiustizie sociali del fascismo, posizione ovviamente invisa al regime che si sente esplicitamente chiamato in causa.

"Questo è tempo di guerra e di massacri: gas, forche, decapitazioni, voglio dipingere questo

supplizio del Cristo come una scena di oggi. Non certo nel senso che Cristo muore ogni giorno sulla croce per i nostri peccati ma come simbolo di tutti coloro che subiscono oltraggio, carcere, supplizio per le loro idee ".

(R.G., annotazione in un diario)

Anticonformista per natura, Guttuso partecipa attivamente al dibattito culturale e artistico del suo tempo: riflette sull’espressionismo, polemizza con il disimpegno etico delle correnti a lui contemporanee, perché per lui la realtà “è un rendiconto di ciò che la realtà è, di ciò che è dell’uomo”.

"Vorrei arrivare alla totale libertà in arte, libertà che, come nella vita, consiste nella verità ”, scrive Guttuso e ancora:

"Sempre ha contato, soprattutto, per me il rapporto con le cose. Trovare, o credere di trovare questo rapporto (naturalmente non stabile né fisso) ha significato, in qualche

modo, tentare la possibilità di comunicare tale rapporto. Un’arte senza pubblico non esiste” .


E Pasolini vede in Renato Guttuso il campione

di artista a lui più consimile nella maniera di

intendere e di fare arte, in cui convivono

impegno civile e libertà espressiva non dimentica della tradizione.


"Beato te che quando prendi la matita o il pennello in mano, scrivi sempre in versi! Chi dipinge è un poeta che non è mai costretto dalle circostanze a scrivere in prosa...Ti trovo fratello proprio in questo. Nella disperata premeditazione di fare sempre poesia, in ogni discorso, magari abbandonandolo a sé, incompiuto, caotico, neonato, là dove potrebbe livellarlo con l’integrità del testo, la prosa".


(P. P. Pasolini, " Presentazione", 20 disegni di Renato Guttuso, presentati da Pier Paolo Pasolini, Editori Riuniti - La Nuova Pesa, Roma, 6 ottobre 1962).


Il tuo espressionismo non è che il mezzo per proteggere questa tua aprioristica e accanita verginità espressiva. Il tuo espressionismo... è usare uno di quei pennini, per esempio, che tradiscono i ragazzi alle prime armi, o una matita che scorre troppo grigia, troppo stenta, su della carta brutta, giallastra, da pochi soldi, scolastica, da ragazzo senza fantasia, che si lascia deprimere dallo squallore dei mezzi. A questo aggiungi la voluta pesantezza e incapacità della mano, la violenza rabbiosa delle figure e dei ritratti, quasi offensiva per la sua scoperta carica di effetto immediato, per la sua pretesa di ingenuità pre-culturale.

Lo sai, non c'è tuo disegno dove non si vedano i segni di una contrazione insieme sincera e insincera, di un urlo insieme autentico e stonato.

È così che ricostruisci, coi mezzi apparentemente meno idonei, la «poeticità», la maledetta poeticità, a cui ci destina il secolo irrazionale, come a una specie di elusione che però non tradisca almeno l'autenticità estetica...” . (P.P.P.)


Questa poetica della pittura così efficacemente siglata dalle parole di Pasolini, sublima l’arte di Guttuso come un atto politico che rinunci alla

sperimentazione astratta dell’informale e comunichi il pensiero direttamente allo spettatore.

Ancora Pasolini:

Guardo i tuoi operai in riposo del 1945. Uno, quello quasi al centro, se ne sta con le braccia conserte appoggiando l'avambraccio sinistro sul ginocchio sinistro (ha finito di mangiare la pagnottella con la verdura o con la frittata), e se ne sta lì, nel mucchio degli altri, senza neanche tanto sonno, e neanche tanto avvilito per la fatica, o il lavoro, o la poca paga: no, trascorre una sua ora, un suo giorno qualsiasi, immemore, in un puro rapporto di consuetudine con le cose e i fatti della sua misera vita. [...]

Quasi oggettivamente, per ragioni di contenuto - quel mucchio di operai sotto il cantiere, disegnati da te -, quel rosso finisce coll'essere un'allusione: anzi, in una «cerchia» linguistica stretta, lo è subito. Segno appena ambiguo di un significato posseduto collettivamente. È il rosso operaio. Il rosso del sentimento della lotta di classe. Ma non nella sua luce comune, nella sua convenzione priva di ambiguità: perché in tal caso sarebbe un segno oratorio, non poetico. Non c'è strumentalità immediata in quel tuo rosso, cioè nel tuo dirti comunista e nel cantare il comunismo. Anzi, c'è una tale quantità di mediazioni e di implicazioni, che quel rosso finisce con l'esprimere un sentimento totalmente privato, irripetibile: che è quello della poesia. Come ogni grande ideologia, il realismo socialista richiede direttamente al poeta di essere poeta: non sa che farsene della sua abilità linguistica, della sua forza di persuasione professionale.

In quel rosso, arbitrario, funzionale solo esteticamente, frammentario, interrotto, ispirato, imprevedibile e raffi nato fino alla finta rozzezza, c'è tutto il tuo speciale comunismo. Il tuo rapporto con la realtà e con la classe operaia. [...]

Questa tua furia contro la compiutezza logica, questo tuo voler restare sempre ragazzo alle prime armi, sempre ispirato, pre-culturale, pre-grammaticale: la funzionalità solo estetica della lingua, (l'espulsione di ciò che non è funzionale, cioè le zone lasciate bianche, è sempre di carattere estetico, non negarlo!


IL ROSSO DI GUTTUSO


C'è un colore antico come tutti i colori

del mondo. Quanto l'abbiamo amato

quasi incarnato nel legno di miracolose

predelline, in refettori romanici,

nel buio di cantorie nell'Appennino estivo!


Un rosso come di cuoio, di sangue oscurato

nei pori del legno da un meriggio ancora vivo,

nel XIII o XIV secolo - ciliege

colte negli orti di una Napoli di Re contadini,

lamponi cresciuti in un ronzio di vespe

che i secoli hanno relegato

in radure irriconoscibili, e così familiari!


Il rosso di tutta la Storia. Pulviscoli

e bruniture, su Tebaidi laziali...

ambienti umbri, bolognesi, o veneziani

per stragi di innocenti o moltiplicazioni di pani.


Il sangue dell'Italia è in quel rosso di ricchi

dove il quotidiano è sempre sublime,

e la Maniera ha i suoi regni...


Ora eccolo nelle nostre mani

non più incarnato alle tele o ai legni

in macchine di bellezza sublime, richieste

dal meriggio della potenza.


Un ingenuo rosso maldestro, appiccicato

alla carta o al compensato

come un baffo o uno sgorbio, legato

alla freschezza casuale e arbitraria

di un atto espressivo che non si vuol esaurire.

Illegittimo, incompiuto, grezzo,

non consacrato mai dalla tecnica che incute

venerazione all'umile...


Un'altra sensualità, un altro sgomento

conoscitivo...

Ma è fatale che oltre questi anni

il casuale diventi definitivo,

l'arbitrario assoluto.

I significati diverranno cristalli:

e il rosso riprenderà la sua storia

come un fiume scomparso nel deserto.

Il rosso sarà rosso, il rosso dell'operaio

e il rosso del poeta, un solo rosso

che vorrà dire realtà di una lotta,

speranza, vittoria e pietà.


(La poesia sul “rosso di Guttuso” apparsa per la prima volta in Dialogo con Pasolini , faceva parte del testo introduttivo di Pasolini alla cartella di venti riproduzioni di Guttuso -disegni dal 1940 al 1962- pubblicata, nell’autunno del 1962, dagli Editori Riuniti e dalla Galleria La Nuova Pesa di Roma)


Articolo di Rosita Ingenito pubblicato da Centro Studi e Ricerche Pier Paolo Pasolini (Roma-Madrid)


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