23 dicembre 2021

IL NOSTRO TEMPO

 


Il tempo e il nostro tempo

Rosario Grillo
23 Dicembre 2021

La notizia incredibile è di qualche giorno fa: un bimbo di meno di un anno è riuscito ad approdare indenne, da solo, su un barcone a Lampedusa. A suo modo è l’emblema dello stato presente che richiede coraggio, rifiuto della disperazione e di riscoprire concetti un po’ abusati come “persona” o “bene comune”, ma anche “essere in comune”. Fare la storia oggi significa prima di tutto imparare ad esporci, vivere qui e ora, per dirla con Jean Luc Nancy, “spaziare il tempo… decidere in che cosa esso non sia più il tempo, ma il nostro tempo…”

La notizia incredibile è di qualche giorno fa: un bimbo di meno di un anno è riuscito ad approdare indenne da solo su un barcone a Lampedusa. I genitori, evidentemente impediti, hanno compiuto l’enorme scelta di affidarlo alla ventura rinunciando alla sua presenza, per consentirgli la speranza di futuro[1]. La notizia è un emblema dello stato presente che richiede coraggio, sfida, scommessa, rischio, tentativi di novità.

Un lucido antropologo nostrano, VitoTeti , ha improntato (aggiustato e com-misurato) lo spirito – è forma mentis? è disposizione? – per affrontare la realtà che ci circonda. Dopo aver sottolineato la consumazione del movimento “ad finem“, proprio delle molteplici correnti che hanno pensato la storia “secondo un fine “, triste epilogo della fede nelle “umane sorti progressive“, e avere saggiato la precarietà del terreno cedevole sul quale stiamo muovendoci, reagendo al pericolo della “catastrofe”, egli esplora le possibilità della dis-speranza.

Non speranza ma nemmeno disperazione[2]

Ciò che si riveste del “possibile” include margini di sottile esistenza e assomiglia a una lastra di ghiaccio passibile di rottura. In questa connotazione è impasto lievitante, che va curato e allevato, che va aiutato a crescere, come una realtà embrionale, immerso in una sorta di brodo culturale che richiede fiducia, relazione, mutuo soccorso.

Nella congerie delle metamorfiche riedizioni dei “miti“ di storia finalizzata al progresso, dobbiamo far rientrare il capitalismo, motore eccitato verso il continuo proliferare del profitto individuale. In tutti i casi… quindi anche in quello del passaggio di consegna ad un mercato dispensatore di beni effimeri (consumismo) e/o a un ingranaggio invisibile , ma vorace di dati sensibili, dispensatore di informazioni (libere?).

Sono sotto i nostri occhi e dentro i nostri corpi – minacce di virus pandemici – la condizione disumanizzante, il pericolo del disastro ecologico-climatico, il disprezzo, attraverso l’uso strumentale, del regno animale e vegetale, insomma della natura intera, richiamati in modo approfondito da Paolo Cacciari in Essere in comune. Voci profetiche hanno, di volta in volta, suggerito rimedi e ricette (cito ad esempio Don Milani con il suo motto I care, e La Pira: sindaco-asceta e suggeritore di pace). Già nella Chiesa primitiva, serpeggiante per tutto il corso della patristica, il bene comune, memore della consegna divina acche’ il creato fosse “custodito“ (Basilio il grande: “Un grande fiume si riversa, in mille canali sul terreno fertile: così, per mille vie, tu fai giungere la ricchezza nelle abitazioni dei poveri“).

Bene comune

Nella categoria del “bene comune” va identificato il clima (termine da preferire a all’abituale “motore“, bruciato dal suo fare meccanico, a dispetto della nostra partecipazione) di un’economia rigenerata dalla cooperazione e rispettosa della sussidiarietà. In questo scenario è utile, al fine di avvicinare concretamente il principio, servirsi di una definizione data da Stefano Rodotà, nella quale ci sono i poli da congiungere: l’aldiqua della proprietà privata e la nozione di persona… Solo dalla loro combinazione sortisce il quid del bene comune(3). Così, possiamo recuperare il “personalismo“ di Emmanuel Mounier, che si è battuto perché la società, annodata intorno al nucleo della persona (“oltre il soggetto“), si evolva in un diverso respiro politico-costituzionale(4).

Emergono così evidenti assonanze di socialismo umanitario, alla lontana simili al lascito dello owenismo , quando nell’Inghilterra della prima rivoluzione industriale si credette di moderare l’impatto dello sviluppo industriale promuovendo cooperazione nella produzione, nel consumo e nel ritmo della vita sociale (educazione e tempo libero)(5).

Essere in comune

In questo modo abbiamo trovato una matrice: l’essere-in comune. Potremmo saggiare l’excursus degli ideali di comunismo, percorrendo la strada che va dalle “terre comuni“ di stampo medievale fino al “comunismo scientifico” e al distorcente “comunismo reale” di certi regimi, ma è difficile eludere, per questa via, la sentenza storica del fallimento. Altra è la strada, identica l’aspirazione… facendo venir meno anche il criterio marxiano: “ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni“.

Nel ceppo della scuola filosofica francese, tra i continuatori di Michel Foucault , attraverso i metodi dello strutturalismo e della decostruzione, nella fucina di Blanchot di Deleuze e Bataille si formò Jean-Luc Nancy. Nel suo pensiero troviamo ingredienti e strategie meritevoli di attenzione, possibili scelte di rigenerazione socio-politica- economica(6).

Precondizione è l’assenza di fondamento(7). Esercizio d’uso è: a) lo “spazio”, il vuoto, che separa l’io dai “molti“; b) la circolarità delle “voci” o “parti”(8), visto che da subito l’”essere” entra in vita (ciascun essere, anche l’umano) diversificandosi in parti, non isolate ma fortemente correlate, intrinsecamente per afflato ontologico e per lavorio culturale e socio economico.

Spaziare il tempo

Nancy enuncia la necessità di un “denudamento ontologico dell’essere con“, operazione di eliminazione di incrostazioni e scorie, elemento primo della decostruzione, e proietta dinamicamente lo scenario storico (in presenza).

Noi dobbiamo decidere di fare – di scrivere – la storia, esporci, cioè, alla non-presenza del nostro presente e alla sua venuta (in quanto “futuro” che non è un presente che succede, ma la venuta del nostro presente). La storia finita è questa decisione infinita verso la storia. Ogni oggi è anche l’offrirsi dell’occasione di spaziare il tempo e di decidere in che cosa esso non sia più il tempo, ma il nostro tempo(9).


Note

  1. Vedi www.settimananews.it: Un bimbo solo nel barcone di Riccardo Cristiano 20/12/21.
  2. www.treccani.it Atlante del 16/10/18.
  3. Cos’è un “bene comune”? Stefano Rodotà spiega che ci sono beni che non coincidono né con la proprietà privata, né con la proprietà dello Stato, ma esprimono dei diritti inalienabili dei cittadini. Questi sono i “beni comuni”: dal diritto alla vita al bene primario dell’acqua, fino alla conoscenza in rete. Tutti ne possono godere e nessuno può escludere gli altri dalla possibilità di goderne.La conoscenza in rete, su cui Rodotà si sofferma in quanto uno dei beni comuni di ultima generazione, è un bene che implica la condivisione e la partecipazione attiva nella produzione di conoscenza. Ciò implica che non può essere privatizzato né sottoposto a restrizioni.Il punto di incidenza dei diritti fondamentali – e quindi il naturale destinatario dei beni comuni – non è più il soggetto ma la “persona”, un termine che l’attuale giurisprudenza va recuperando in quanto meno astratto e più concreto. È proprio sulla persona, inoltre, che ruotano le biotecnologie, nuove sfide della contemporaneità che generano altri diritti, altri beni e altre problematiche.
  4. Mounier, il personalismo, citato su www.molisenews24.it, la fede biblica e la politica.
  5. K. Polanyi, La grande trasformazione, Einaudi pp. 215-18.
  6. Rigorosamente nell’ordine segnato , perché l’espressione economica è solo conseguenza di una disposizione sociale e politica. Laddove la politica riconquista autonomia e dignità, immaginandosi in un orizzonte multidimensionale, eterogenea ad apparati burocratici di reclutamento e gestione, aperta al concorso libero autopromosso di corpi locali e di corpi medi: movimento dal basso verso le istituzioni.
  7. Il fondamento tende ad irrigidirsi provocando fondamentalismo ed autoritarismo, entro il quale ultimo si può far rientrare anche l’elitarismo.
  8. J. L. Nancy, La partizione di voci, Cronopio.
  9. Nancy: Conferenza in Critical Theory.

Articolo ripreso da https://comune-info.net/il-tempo-e-il-nostro-tempo/

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