06 settembre 2012

LA SICILIA DI FRANCESCO ROSI






Recupero oggi un bel pezzo di Sivestre Livolsi pubblicato lo scorso 6 settembre nelle pagine culturali dell’edizione palermitana di La  Repubblica:

la SICILIA di Francesco ROSI
Il Museo del Cinema di Torino, sul suo sito Internet, ha messo online una buona parte dei materiali dell' archivio del regista Francesco Rosi, di cui il Museo è proprietario e depositario. Una bella iniziativa che cade al momento giusto, visto il Leone d' oro alla carriera con cui viene insignito il grande maestro alla mostra internazionale cinematografica di Venezia in corso in questi giorni. Tra tanti documenti che sono stati digitalizzati e messi in rete per la pubblica consultazione, vi sono le sceneggiature (accompagnate da memorie, lettere e altri documenti di lavoro) dei film del cineasta napoletano: tra queste, vi sono quelle dele numerose pellicole girate in Sicilia. Dattiloscritte - e con i disegni delle scene principali, colorati e dal buon segno grafico - vi sono quindi le scalette e le sceneggiature originali di "Salvatore Giuliano", de "Il caso Mattei", di "Lucky Luciano", di "Cadaveri eccellenti" e di "Dimenticare Palermo". Un corposo numero di film, tra i più celebrati della filmografia di Rosi. Curiosando tra i "faldoni elettronici" che contengono testi e materiali vari sui film, e che sono tutti molto interessanti, si trovano scritti inediti del regista che illustrano il suo metodo di lavoro, lo scopo che si prefigge realizzando l' opera e il contenuto delle sue pellicole. Così lavorando a "Salvatore Giuliano", film uscito nel ' 62, Rosi, in diversi appunti manoscritti (riprodotti sul sito) chiarisce il suo modo di «rappresentare fatti e personaggi storici», spiegando che i suoi film hanno l' intento di «restituire al pubblico una verità poetica (in quanto ricostruita attraverso una dimensione creativa personale) documentata»; e sul film che presenta la storia del celebre bandito siciliano, il regista annota: «ho raccontato la vicenda come era stata vissuta dai siciliani negli anni tra il ' 43 e il ' 50, attraverso i ricordi e le testimonianze di chi l' aveva vissuta personalmente. Ho rappresentato banditi, siciliani assenti, aspirazioni malintese di libertà strumentalizzate da progetti di separare l' isola dal resto d' Italia; ho raccontato la sofferenza della gente non colpevole sottoposta a soprusi e patimenti da parte della criminalità e a causa della rete di complicità tra elementi delle forze dell' ordine e del potere politico colluso con la mafia». Ma sul film, Rosi si attrezza a preparare, in un altro foglio, anche delle note di difese contro chi lo accusa d' essere stato reticente e in quella che pare una scaletta per un discorso scrive: «reticente, la parola non gliela passo, io sono stato chiarissimo. Di Giuliano si possono fare 20 film, ognuno fa il suo. Di sicuro c' è solo il morto, ci sono 16 versioni della morte di Giuliano. I misteri italiani sono chiarissimi, occorre solo la certezza prima di fare alcuni nomi, ma il quadro politico non cambia. Chiunque faccia un film su Giuliano mi fa piacere, mi può solo fare piacere se porta elementi nuovi e certi, ma reticente sono parole che non gli passo. Io sono stato chiarissimo nella mia denuncia del quadro delle alleanze mafia, potere politico, istituzioni». E ancora, a dar conto della sua fedeltà ai fatti e del suo spirito di denuncia, in un altro appunto, contenuto tra i materiali di lavoro di "Lucky Luciano", scrive che il film è «un' inchiesta rigorosa» sulla mafia siculo-americana e non certo un «romanzo come "Il Padrino" di Coppola» e precisa che il titolo migliore sarebbe stato "A proposito di Lucky Luciano" o "Il caso Luciano", per riecheggiare il precedente film "Il Caso Mattei", muovendosi le due storie in uno scenario di inquietanti misteri caratterizzato dalla «complicità tra mafia e personaggi che avrebbero dovuto rappresentare lo Stato». Poi ancora, in un appunto più recente, del 2006, Rosi evidenzia con fermezza i meriti storici dei suoi lavori: «"Salvatore Giuliano", ha contribuito al varo, dopo innumerevoli rinvii, della prima commissione parlamentare d' inchiesta sulla mafia; "Il caso Mattei" ad addurre seri elementi di dubbio contro l' assoluta categoricità con la quale la commissione ministeriale ha escluso l' ipotesi dell' attentato». E in un altro foglio aggiunge: «sono passati 44 anni da "Salvatore Giuliano" e non cambierei una sola virgola del film e di altri che ho fatto, come "Il caso Mattei"». Peraltro, su quest' ultimo film vi sono trentarè fogli contenenti gli elenchi dei personaggie degli ambienti del film e la riproduzione del telegramma di Elio Petri con il quale il regista de "La classe operaia va in paradiso" si complimenta per la presenza a Cannes de "Il caso Mattei". Di particolare suggestione è il dattiloscritto della «sceneggiatura con disegni» di "Cadaveri eccellenti", composto da 328 fogli riccamente illustrati con tavole a colori che paiono avere un valore non solo tecnico ed esplicativo del contenuto delle scene, ma autonomo e artistico nell' abilità di figurazione del regista. Di "Cadaveri eccellenti", inoltre, vi è la stesura dei dialoghi, raccolti in un quaderno con su scritto "Il contesto", quello che in un primo momento doveva essere il titolo del film. E ancora, vi sono altri disegni per le riprese del film che Rosi realizzò su un notes di carte intestate dell' Hotel Excelsior di Napoli. Le sceneggiature riprodotte nel sito, quindi - poiché mostrano nella loro originale dimensione dattiloscritta, nelle correzioni a penna o matita che contengono, le variazioni che il regista via via apportava ai suoi lavori, motivate da maggiori approfondimenti critici e problematici sul contenuto degli stessi, sino alla forma finale che il film assumeva - oltre ad essere documenti preziosi di cinema e di storia siciliana, danno un' idea eloquente del modo di intendere il senso che Rosi ha voluto dare ai suoi film e che bene sintetizza una frase vergata dal regista in un suo foglio di appunti: «io apro il mio schermo come un dibattito».

SILVESTRO LIVOLSI

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