07 gennaio 2025

IL SUD E LA LETTERATURA ITALIANA CONTEMPORANEA

 



Cultura

Una diagnosi culturale a partire dai margini

Saggi «Finzioni meridionali. Il Sud e la letteratura italiana contemporanea» di Fabio Moliterni pubblicato da Carocci

Marco Gatto

 

Con Finzioni meridionali. Il Sud e la letteratura italiana contemporanea (Carocci, pp. 136, euro 15), Fabio Moliterni prova a ripensare il nesso «letteratura-questione meridionale» con l’intento, mai taciuto, di scardinare le narrazioni egemoni e consolidate, quasi sempre giocate su una rappresentazione consumistico-spettacolare, o quietistica, del Sud.

Attraverso un campione significativo di voci – da Vittorio Bodini a Rina Durante, da Nino De Vita a Alessandro Leogrande, passando per Carlo Levi, Ernesto de Martino, Pier Paolo Pasolini e Leonardo Sciascia –, Moliterni alimenta il bisogno culturale e politico di scorgere nelle rappresentazioni letterarie del Meridione un’unità più profonda e meno prevedibile: l’inverarsi di un’«oscillazione o ambivalenza costitutiva: tra la fine irreversibile di mondi e culture destinate alla sparizione, se non all’annichilimento, e la possibilità di un nuovo inizio». A garantire, nella varietà di proposte e fenomeni culturali, questa unità (e questo nuovo, possibile inizio), è un metodo di matrice materialistica che permette di cogliere rapporti di forza e le relazioni egemoniche generate, di volta in volta, dal «conflitto tra gruppi sociali, ideologie e linguaggi».

PENSATO come accostamento diacronico di esperienze-simbolo, il volume di Moliterni ha inoltre il merito di rintracciare, con una lettura «sintomale», una serie di elementi problematici, secondo un moto analitico che mette costantemente in rapporto il particolare dei testi con l’universale della Storia. Cosicché «la tendenza allo sconvolgimento e allo sconfinamento dei generi, la forza inventiva sul piano linguistico e la tendenza a ibridare e mescolare diverse tipologie di scrittura», che lo studioso rintraccia, ad esempio, nelle più recenti esperienze pugliesi, vale a rappresentare, sul piano della superficie, l’eterogenea ricchezza, a volte persino conflittuale, del panorama letterario contemporaneo, ma nello stesso tempo offre lo spunto, sul piano meno immediato delle forme sociali, per cogliere «la cronica lentezza nel fare rete e nell’innescare un dialogo concreto tra esperienze provinciali isolate», accanto «al decadimento culturale diffuso e al dissesto paesaggistico, alla disoccupazione giovanile e alla crisi sociale che certo non sono risolti dalla ripresa turistica». Questo passo dialettico, sempre rispettoso della complessità, consente allo studioso di rintracciare una ragione sociale di fondo e di delineare un possibile spazio di conflitto.

In tal senso, Finzioni meridionali possiede la lucidità di una diagnosi culturale concreta, priva di facili entusiasmi. L’omologazione alla differenza consumistica, che Moliterni coglie come sintomo storico della postmodernità più recente, appare certo come condizione patologica generalizzata.

DEL RESTO, non poche scritture meridionali, anche quando si dichiarano legate per tema o vocazione persino critico-antagonistica al Sud, difficilmente si distinguono dalle più generali linee di tendenza nazionali (o addirittura occidentali). Esiste inequivocabilmente un marketing letterario del Meridione. Nello stesso tempo, lo studioso ci invita a valorizzare, con occhio sempre critico, quelle esperienze marginali non sempre adeguatamente riconosciute che risultano capaci di offrire, dalla specola del Mezzogiorno, validi strumenti di indagine sociale, culturale e politica. È stato il caso, senza dubbio, delle inchieste di Leogrande, che

 

https://ilmanifesto.it/raccontare-il-mezzogiorno-a-partire-dai-margini

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