31 ottobre 2012

LA CORRISPONDENZA DI ELSA MORANTE COI SUOI AMICI





Esce un libro che raccoglie la corrispondenza della scrittrice con molti grandi autori e artisti Tra confessioni private e scambi letterari. Ci sono Luchino Visconti e Lalla Romano, Moravia e Pasolini, la Ortese e Calvino, ma anche un ragazzo aristocratico inglese che le scriveva parole sensuali e molto sfacciate. Il libro è questo:


L’amata. Lettere di e a Elsa Morante, A cura di Daniele Morante con la collaborazione di Giuliana Zagra, Einaudi 2012.



Riproponiamo di seguito alcuni brani del libro, recensito oggi da Elena Stancanelli su La repubblica:


Elena Stancanelli - Gli amici di Elsa

 Scrive Goffredo Parise a Elsa Morante: «Tu hai il dono della riflessione fuori di sé, della contemplazione, in altre parole della fantasia creatrice… ma sei infelice, della infelicità del tutto, della tragicità della carne e dell’apparenza breve, brevissima delle cose». Quello che sentiamo per la scrittrice Morante è tutto in queste parole. Maestra, mai sorella. Ha lettori devoti, il rispetto di tutti, ma incute soggezione. In questa sua lotta tra genio e dolore, non vediamo leggerezza. Per questo motivo L’amata (che esce ora per Einaudi) è un libro preziosissimo, oltre che incantevole. E ricchissimo di legami, da Henze a Rodari, dalla Ortese a Gassman, da Garboli a Bellezza fino a Sofri.
L’epistolario di uno scrittore non è la sua biografia, piuttosto un romanzo ulteriore. Ma ogni tanto le lettere scartano, si sfilano dal flusso di una narrazione sempre tenuta per rivelare un gesto, una debolezza magnifica, della persona scrittore. Leggendo L’amata, scopriamo che lei, temuta e adorata, a sua volta adorava e temeva. Landolfi, per esempio, scrittore al quale si rivolge come una timida ammiratrice. Pasolini, ovviamente. Lalla Romano, Calvino e Ginzburg, sia pure con alcune eccezioni. E ogni volta che Elsa eccepisce, lo scrive, con la sua irredimibile sincerità. Scopriamo quanto è stata amata, di un amore sensuale e sfacciato, dal bel ragazzo inglese (si firma RTM, questo è ciò che sappiamo di lui, e che è ricco e aristocratico, forse) che le scrive lettere in un italiano zoppo ed esilarante, volgare e molto erotico.
Una relazione passionale durata ben oltre la sua fine reale. Storie d’amore parallele e intrecciate, tessute nel matrimonio che lui, Moravia, non avrebbe mai voluto rescindere. Nel momento della crisi finale, dopo la morte di Bill Morrow, la supplica quasi, di non lasciarlo, di non abbandonare casa e piccole abitudini. Non ho che te, scrive Moravia, te e le scrittura e adesso entrambe mi lasciate. Scopriamo la tenerezza disarmante di Elsa innamorata pazza di Luchino Visconti, verso il quale si sporge dichiarandosi e offrendosi. Salvo poi ritrattare, nelle lettere successive, firmandosi col nome dei suoi gatti. «Riconoscermi adulta e sterile, e desiderio stravagante di essere un ragazzo», scrive a Landolfi parlando de L’isola di Arturo. Quel ragazzo, quel ragazzino che avrebbe dovuto salvare il mondo e che Elsa Morante non sarà mai. Ma la cui vivacità, il cui guizzare sotto la superficie, in queste lettere intuiamo. E che ci seduce.

Le lettere della Morante da Moravia a Visconti “La mia mente così disordinata”

AD ALBERTO MORAVIA , 1950 (?)

Caro Alberto, non riesco a dormire, e scrivo a te per dirti quello che già da molti mesi avrei dovuto dirti, e cioè che ti prego di perdonarmi il mio comportamento di questi ultimi tempi, e, soprattutto, di non credere mai che esso significhi la fine del mio grande affetto per te. Se tu sapessi il disordine della mia mente, che malgrado tutto riesco a nascondere, e l’incertezza che ho in ogni momento, l’impressione di sterilità, e aggiunta a questa la passione veramente strana e quasi inaudita per molti versi che mi è capitata, avresti pena di me più ancora di quella che hai.
Non credere che io non ti sia grata per il modo che usi verso di me e di cui mi ricorderò sempre. Sto molto male, non so se riuscirò a ritrovare un equilibrio in qualche cosa.Vorrei poter lavorare davvero, o amare davvero, e sarei felice di dare a qualcuno o a qualche cosa tutto quello che posso, purché la mia vita fosse compiuta finalmente e trovassi il riposo del cuore.
A te voglio tanto bene, un giorno capirò che sei sempre la persona a cui voglio più bene al mondo. Ma adesso perdonami la mia malattia. Buona notte – ti bacio
[scritto trasversalmente su margine] Per 4 anni ho lavorato tanto, tanto che mi pare impossibile, e a che è servito?

A LUCHINO VISCONTI, 12 OTTOBRE [1952] NOTTE


 
Mio diletto Luca, perché le persone amate sono sempre così intangibili, e ambigue e straniere? Perché il dolore non si stacca dalla loro figura adorata, che non si osa toccare per paura di smarrirla – e perché a loro non si può dire tutto, [parola illeggibile] spiegarsi fino in fondo? Condanna che non si sconta mai – fino al giorno che non si ama più, e ci si accorge che spiegarsi era così facile, ma non serve più a niente ormai.
Luca Luca mio caro adorato la timidezza e la paura mi legano quando sono con te e tutta la sofferenza che tu m’hai dato fa un muro fra me e te quando ti sono davanti-aiutami anima mia vienimi incontro – se mi vuoi bene, aiutami – Caro anima mia

A LUCHINO VISCONTI, GENNAIO 1953

Caro Luchino, non so se tu pensi davvero quello che m’hai scritto: cioè che io evidentemente seguo un trattamento. Io non saprei seguire nessun trattamento, nemmeno per le malattie. Per quello che tu dici, poi, mi pare impossibile anche di pensarlo. Non voglio che tu lo creda, e, nel dubbio, pure se tu l’hai scritto solo per gioco, ti rispondo con serietà.
Sarebbe impossibile spiegarti adesso in questa lettera tante cose che non ho mai saputo spiegarti nemmeno con la voce.
Credevo sempre che te le avrei dette e ho rinunciato a dirtele quando ho capito che non t’importava di saperle. Ma mi dispiace perché tu, non sapendole, certo hai potuto considerarmi peggiore di quella che ero.
Ma adesso è inutile parlare di questo. Mi basta solo dirti: la verità è che al principio di questa estate, mi pare sia stato nel mese di Giugno, io m’ero offesa con te, a un punto tale, che credevo di essere offesa definitivamente. Ma io non posso rimanere molto tempo offesa con te; quando partii, in luglio, non lo ero già più. E il mio desiderio di rivederti era tornato lo stesso di prima; ma purtroppo m’ero convinta oramai che a te non importava nulla di vedermi.
Ti prego di capire adesso che io qui non parlo davvero di amore. Prima di tutto, devo dirti con molta semplicità che, nemmeno quando ero più bella, io non sono stata mai amata da nessuno, e quindi non ho mai pensato seriamente che tu potessi amarmi. Certo, siccome io ti amavo molto, c’è stato un tempo in cui desideravo, se tu lo avessi voluto, essere la persona più vicina a te nella vita. Questo non te l’ho mai nascosto, finché era vero. Ma è finito da molto tempo, e cioè, per farti capire da quando, fin dal tempo del mio ritorno dalla Grecia e della Mostra dei Gatti, nel 1951. Anche fuori della tua volontà, rifurono allora delle altre cause per cui io dovetti levarmi dalla mente certe speranze e pensieri. Da principio mi era difficile riuscirci, e forse, per questo, in quel periodo il mio carattere ti sarà sembrato anche peggiore del solito. Ma alla fine, oramai da più di un anno fa, riuscii a non pensarci più. Se tu mi avessi frequentato di più, in questo periodo, avresti potuto capirlo. Io, a ogni modo, ho cercato di fartelo capire. E anzi, dopo averne sofferto, ero contenta che fra noi non ci fossero più motivi di confusione, e che tu non dovessi più sospettare di me come di una persona che desiderava di entrare nella tua vita e di limitare la tua libertà in nessun modo. [interrotta]


A PIER PAOLO PASOLINI, GENNAIO 1965

Caro Pier Paolo, avevo appena finito di scrivere, in risposta alla tua lettera, un’altra mia lettera, dove discutevo le tue ragioni con le mie ragioni. Ma adesso, alla fine, sono presa da un impeto d’affetto, che d’un tratto mi fa capire la mia presunzione di ragionare con te su cose che tu sai già e che, in fondo, non hanno valore a paragone della ragione più forte, e anche più giusta, che è la vita. Tu vuoi salvare il tuo film da tutti questi mostri che te lo minacciano, in qualche modo: cioè dai Farisei, dai poveri, dagli interventi intempestivi di Laura Betti, dai «comportamenti furenti» di G. Morante, magari anche da Carlo Marx e da Gesù in persona, se s’intromettono con le loro giustizie e sapienze. Loro avranno magari le loro ragioni, ma la tua ragione è la vitalità, che vuole diventare questo film. È una ragione simpatica, secondo me, e che pure con gli intervalli di miei «comportamenti furenti» commuove più di tutto e mette allegria….
Avrò altri intervalli di «comportamenti furenti» ma infine, dal fondo della mia vecchiezza che allora sarà addirittura decrepitezza, ti farò un sorriso per dirti che tu sei sempre una delle pochissime carissime migliori persone del mondo. E adesso per carità, nonritornare sulla tua «patologia di diverso e di reietto». C’è un famoso verso del Sandro Penna che dice: Beato chi è diverso, essendo egli diverso…. Mentre quelli che tu chiami i grandi e i normali, lo sai benissimo che in qualche caso sono degli stronzi – Dio li assista. Ti abbraccio – Sperando di rivedere presto un bellissimo film.

DA TOMMASO LANDOLFI A ELSA MORANTE, DICEMBRE 1957

Cara Elsa, la notte che ebbi la Sua, Le scrissi una lettera selvaggia. Sarà giusto non averla spedita? Se c’è colpa me ne confesso (mi intenda, non nell’averla scritta: nel non averla spedita); ma in realtà è soltanto di me stesso che non mi son troppo fidato. Devo invece ringraziarLa in primo luogo della Sua lettera medesima, e poi delle tante buone parole. A Sua volta Lei non può sapere che cosa significa l’attenzione di un’amica intelligente e sensibile per chi (mio Dio, riprendiamo pure le Sue parole) «abbia scelto di vivere isolato». – E spero che ciò sia per incoraggiarLa. Non sia amara: non è in fondo pericoloso interrogare nasi e proboscidi in remoti villaggi cinesi. Più pericoloso è… cara Elsa, mi par proprio d’essere allo stremo delle forze: non per un’arte nella quale non ho saputo fornire che prove mediocri e marginali, ma per una vita anche oscura, anche indegna, com’è la mia. La tentazione si fa sempre più forte. Io passerò l’inverno qui (da buon valetudinario), se mai Le venisse in testa di scrivermi ancora. Le faccio tanti auguri per tutto e Le invio grati ed affettuosi saluti.

 




 



TANTO RUMORE PER NULLA ?













Avevo deciso di ignorare i prevedibili risultati delle ultime elezioni sicule. Oggi mi contraddico proponendo due brevi commenti che solo in parte condivido. Lo faccio per provocare soltanto  qualche ulteriore commento che ognuno potrà anche tenere per sé.


P.S. :  Oggi aggiungo un punto interrogativo al titolo del post – anche per sottolinearne il carattere aperto  – insieme ad un altro commento ancor più problematico di quelli precedentemente pubblicati.
Ritengo inoltre che meritano particolare attenzione i commenti, anche quelli anonimi, fatti dai lettori del blog.

 PIER LUIGI SULLO - I DILEMMI DEI 5 STELLE

Qualcuno si è chiesto, su questo giornale, perché mai non si faccia un’inchiesta a fondo e un dibattito approfondito sul fenomeno del momento: il Movimento 5 stelle. Eppure, negli anni novanta, qui e altrove fiorirono le narrazioni e le riflessioni sul fenomeno dell’epoca, la Lega nord. E si riuscì, in una certa misura, a far corrispondere l’ascesa dei “barbari” del nord a una lettura della società da cui emergevano, a quella che si chiamò la “questione settentrionale”, che di per sé, nell’era della prima globalizzazione, che strappava i territori dai loro destini nazionali, comportava eversioni. Poi i leghisti furono omeopaticamente assorbiti dalla cosiddetta “seconda repubblica”, dal suo campione egemone, Berlusconi, fino ad essere pescati con le dita nella marmellata del denaro pubblico.
Ora il voto siciliano pone una domanda molto interessante – al di là del quesito più serio, ossia come mai più di metà degli elettori ha disertato. Per il Movimento 5 stelle i casi sono tre: o eleggono poche persone, nelle assemblee elettive di vario livello, ed allora hanno gioco facile, non essendo chiamati a formare maggioranze, a tenersi di lato e a dire “fate tutti schifo”; oppure afferrano il 51 per cento, ciò che è accaduto in vari comuni, come a Parma, e allora bisognerà vedere che cosa fanno e come e però questa possibilità è assai difficile immaginarla a livello nazionale; o infine, com’è il caso della Sicilia e sarà probabilmente il caso in Lombardia, nel Lazio e anche nelle eleizoni politiche, il Movimento ottiene plotoni di eletti, e deve quindi dire come farà pesare, ed eventualmente con chi, la forza che gli elettori gli hanno regalato.
Le prime mosse del candidato presidente della Sicilia, Cancelleri, sono significative. Non ha detto: noi stiamo fuori. Ha detto invece a Crocetta, il presidente eletto: seduceteci, fateci proposte che ci piacciono e che possiamo votare. Subito dopo, Cancelleri è andato a Porta a Porta, da Bruno Vespa (come una sua collega consigliera comunale di Bologna era seduta a Ballarò, martedì sera). Cos’è capitato? Che Grillo in persona, il quale invitava i suoi eletti a non andare in tv, ha cambiato idea? Oppure che la tenuta del Movimento, sui comportamenti, mostra delle crepe? Beppe Grillo sa bene come mettere la propria faccia di fianco a quella di altri politici, in tv, ha l’effetto di uno schiacciasassi: tutti diventano uguali, qualunque cosa dicano: è l’inizio dell’assorbimento omeopatico.
Il punto è: chi vota per il Movimento 5 stelle, pur essendo molto spesso parte di un movimento o comitato locale, un normale cittadino che cerca vie per ribellarsi, contro l’inceneritore (come a Parma) e contro gli affaristi-politici che lo vogliono fare a tutti i costi per spartirsi i quattrini, lo fa per rancore, nemmeno più per protesta, sulla base della speranza – paradosslamente conservatrice, come scrive sul nostro sito Gianfranco Ferraro – che basti sostituire i disonesti con gli onesti perché le istituzioni democratiche tornino a funzionare. Ma con questi partiti trasformisti, prontissimi a cambiare berretto per inaugurare la “terza repubblica” – che nelle assemblee elettive dovranno fare i conti.

PIERLUIGI SULLO sul manifesto del 1 novembre 2012


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 Massimo Gramellini  - Compagni di Beppe

 La stragrande maggioranza degli elettori di Grillo proviene dai partiti di centrosinistra. L’analisi dell’Istituto Cattaneo sui flussi del voto siciliano smonta un luogo comune. Ad accendere le Cinque Stelle non è il popolo deluso da Berlusconi, che in Sicilia si è astenuto in massa. Sono il lettore del «Fatto», lo spettatore di Santoro, il progressista stremato dai ghirigori della nomenclatura rossa e rosé, in particolare da quella del Pd, che in cinque anni è passato da 505 mila a 257 mila voti: un trionfo davvero storico. Chiunque si sia preso la briga di togliere l’audio all’ugola di Grillo per leggerne i programmi, si sarà imbattuto in parole come «ambiente», «moralità della politica», «scuola pubblica», «bene comune». Il vocabolario del perfetto democratico. Gli stessi attivisti del movimento, che detestano essere chiamati «grillini», detestano forse ancora di più passare per conservatori, liberali o populisti, le tre tribù (le prime due largamente minoritarie) accampate da vent’anni intorno al totem berlusconiano. 
 Il voto siciliano racconta un’Italia nauseata che vorrebbe sfasciare i vecchi partiti, ma non è altrettanto d’accordo nella scelta del rottamatore. Il nauseato di sinistra preferisce Grillo. Il nauseato di destra, temo, la Santanché. Mentre l’avvocato, il dentista, il piccolo artigiano che hanno votato Berlusconi o Bossi turandosi il naso, adesso se lo sturerebbero volentieri per votare Renzi. Se solo si candidasse alle primarie giuste. 

 Da LA STAMPA di oggi 31.10.2012
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DON PAOLO FARINELLA – I vespri siciliani del 2012

La Sicilia ha votato per le Regionali: al di là dei risultati matematici, il vero vincitore è il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo e Giancarlo Cancelleri che arrivano al 18,17%. E’ vero che il presidente sarà il candidato Pd, alleato con l’Udc di Casini, ma qui si naviga nel vecchio e non andranno lontano. Sono senza maggioranza. Casini sostiene da sempre la mafia e sarà difficile che se ne discosti adesso. Il Pd ha governato con tutti, compreso Cuffaro e Lombardo, uno in carcere e l’altro indagato per mafia e sperperatore impudico di denaro pubblico. Ora l’alleanza con Casini è solenne, definiva e ufficiale, preludio di un balzo in avanti a livello nazionale.
La Sicilia ha sempre anticipato il trend nazionale: ora ci prepariamo all’alleanza politica nazionale tra Bersani e Casini, senza Vendola e Di Pietro, che in Sicilia sono scomparsi. Non voglio nemmeno pensarci perché sarebbe la morte di quelle parvenze di sinistra ancora rimaste nell’aria. Vendola era nato già vecchio e morto, anche perché sta dimostrando di essere un quaquaraquà in casa e fuori. Di Pietro è pieno di guai dappertutto e la «questione morale» lo perseguita da ogni dove: Liguria, Abruzzo, Italia. Renzi andrà a destra e si porterà via un pezzo di Pd; insomma nel rimescolare le carte, la confusione sarà gigantesca e Babele a confronto un gioco da ragazzi. Tutti penseranno alle alleanze e a dimostrare giurando sulla testa dei propri figli, di essere più al centro degli altri, mentre il Paese langue, muore e soffoca.
Il Pdl dinonsisapiùdichisia sta tornando nella fogna da cui è venuto e speriamo che crepi e crepi davvero. E’ il partito mafioso per eccellenza, il partito raccatta corrotti che si autosalvano con l’immunità parlamentare, dei venduti e dei vuoti a perdere. Opportunisti e falsi, bugiardi e delinquenti.
La Sicilia adesso sarà ingovernabile e se il Pd fosse furbo chiamerebbe il M5S e gli proporrebbe di votare subito una legge/decreto che elimini due terzi di parassiti «deputati regionali» (si chiamano così per legge costituzionale), modifichi i criteri di elezione, smantelli il clientelismo, ponga un limite alle candidature di due legislature, obblighi al doppio turno con collegi uninominali, faccia decadere vita natural durante chi falsifica firme elettorali o fa brogli elettorali, tagli gli stipendi dei politici di almeno tre quarti, tolga tutti i benefit a loro disposizione e ponga la responsabilità in solido per chi causa un danno economico, obbligato a risarcire con i beni personali, estrometta dai pubblici uffici chiunque è accusato di essere colluso con la mafia e altre tre o quattro cose del genere. Lo approvino. Tornino alle urne. Governino. Vinca il migliore.
Alfano «Iena Ridens» aveva promesso che si sarebbe dimesso se non avesse vinto, ora che ha straperso, logicamente è soddisfatto del risultato e, sulla scia del suo maestro e mentitore, andrà avanti ad alfaneggiare con gli occhi spiritati e il sorriso ebete, come di uno che si è appena fatta una canna. Chi vota questa gente … beh lasciamo perdere.
Forse molti si sono dimenticati che nel 2004 Berlusconi in Sicilia vinse con 61 collegi su 61, perché la mafia lo sostenne come sempre. Staremo a vedere. Il Pd e Casini devono allearsi, se vogliono governare con Micciché, figlioccio di dell’Utri e pupillo di Berlusconi. Ha fatto una campagna in puro stile mafioso: facendo finta di allontanarsi dai «padrini», ormai bruciati politicamente, ma mandando segnali di affetto e di rispetto. L’importante è portare i voti, e condizionare il governo dall’interno. Micciché è il referente «nuovo» anzi «antico» della mafia siciliana.
Grillo è stato l’unico che si è piazzato in Sicilia dove è rimasto quasi un mese ed è l’unico che è andato porta a porta a conquistarsi gli elettori senza un centesimo di voto di scambio: il suo 18,17% è tutto merito suo in un contesto come quello siciliano dove vale il 60%. Non condivido tutto quello che dice e grida Beppe Grillo, ma da commentatore politico «dei fatti», dico che Grillo è inevitabile. E’ la cruna dell’ago da cui deve passare la Sicilia e l’Italia. Ora salendo la Penisola, come Garibaldi arriverà a Roma e senza incontri regali a Teano, farà il botto che si sentirà anche al Quirinale, anche al Vaticano e … speriamo che questi siano in grado di scappare a Brindisi, da soli, senza Badogli al seguito.

don Paolo Farinella

Da Micromega  30.10.2012