Giulio Giorello
Ciao, Giulio
di Antonio Sparzani
(l’altroieri 15 giugno è morto Giulio Giorello, filosofo nel senso più largo del termine, oltre che amico e compagno di percorsi culturali)
non ho voglia di scriverti un necrologio, che già la parola mi fa orrore, ho voglia piuttosto di ripensare e magari raccontare a chi legge qualche episodio della nostra amicizia, amicizia che viene davvero da lontano: ti conobbi quando venisti, col tuo capo di allora, nientemeno che Ludovico Geymonat, a partecipare a un’assemblea studentesca all’Istituto di Fisica in via Celoria negli ultimi ruggenti anni ’60 del secolo scorso. Eravamo entrambi nella nostra terza decina d’anni, assetati di nuovo e, si può anche dire, di rivoluzionario. Ricordo con grande orgoglio che io intervenni nell’assemblea e che Geymonat in persona si complimentò con me, roba da camminare a un metro d’altezza per tutta la giornata.
Un po’ alla volta ci conoscemmo, caro Giulio, e mi pare che iniziammo ad apprezzarci a vicenda, io fisico quasi imberbe, giunto da poco da Pavia, tu filosofo e in più con laurea in matematica conseguita proprio a Pavia, con un grande prof che entrambi in anni diversi avemmo, Enrico Magenes (1923-2010).
Non fummo mai amici intimi, di quelli che si raccontano tutti i loro segreti, ma in qualche modo sapevamo di poter contare l’uno sull’altro. Io vivevo a città studi con la mia moglie di allora e tu stavi, nella stessa zona, coi tuoi genitori; ma, da bravo tombeur de femmes che eri, avevi affittato un appartamentino in via Inama, sempre lì in zona, che fungeva, diciamo, da garçonnière e fosti così gentile da prestarmela quando mi separai da mia moglie, gennaio 1982, e mi lasciasti stare lì finché non trovai un appartamento in cui andare a stare da single.
Venivo a trovarti qualche volta nel tuo studio al secondo piano in uno dei cortili di via Festa del Perdono e ci scambiavamo notizie e opinioni per noi assai interessanti: quando a me serviva qualche ragguaglio un po’ serio di filosofia, tu eri sempre prodigo di ottime informazioni, così come quando tu avevi bisogno per i tuoi studi di qualche dettaglio in più di fisica, ricorrevi al mio aiuto, per quel che riuscivo a darti.
Quello che mi piaceva di te era la varietà di interessi che avevi e che sei andato sempre più ampliando, da Aristotele a Topolino, come oggi dice qualche giornale, e soprattutto l’ironia che mettevi anche nelle tue più serie elaborazioni. Tu mi facesti conoscere Feyerabend e il suo straordinario Contro il Metodo, che a suo tempo mi studiai con grande interesse. Ti dicevi un po’ eretico, ma eretico da ché, poi? Dalla religione della scienza certamente, così come del resto dalla religione tout-court. Sì, ma il tuo ateismo non era di quelli assatanati dello sbattezzo, tanto che volentieri dialogasti con il cardinal Martini e collaborasti con la cosiddetta Cattedra dei non Credenti.
Fosti così gentile da chiedermi di fare qualche lezione del tuo corso bellissimo di filosofia della scienza, sempre sotto la tua supervisione, e per me fu un grande piacere e onore avere davanti una folta platea di studenti veramente interessati alle tante problematiche cui tu li avevi avvezzati. Collaborammo anche in altri scritti e sempre mi piaceva la tua onestà intellettuale, non così frequente neppure tra gli accademici d’oggidì. Amavi l’Irlanda, dove fosti più volte, amavi la birra irlandese e avevi letto e riletto l’Ulisse con raro puntiglio e accuratezza. E soprattutto, quando parlavi, anche se tenevi una conferenza, non avevi quel tono solenne e autoritario che spesso, sempre nell’accademia, si riscontra, ma un tono più pacato, semmai talvolta, quando era il caso, polemico, sembrava quasi che parlassi a te stesso, ancorché citando spesso con precisione le fonti da cui riportavi giudizi e affermazioni. Insomma, non eri noioso da ascoltare, mai.
Non so, perché era un po’ che non ci sentivamo, come mai tu ti sia preso il malefico covid, spero tu non abbia fatto imprudenze, ma so che avevi avuto pochi anni fa problemi cardiaci piuttosto pesanti e questo è stato evidentemente fatale. Mi dispiace molto non poter più usare quel numero di cellulare un po’ speciale a cui mi avevi detto ti potevo chiamare con una certa sicurezza. Se, contrariamente alle tue convinzioni, sei per caso andato da qualche parte che noi qui ignoriamo, confido che tu stia bene e che tu abbia una bella nuova esperienza, che certamente ti piacerà, come sempre ti piacevano tutte le cose nuove e belle.
Da https://www.nazioneindiana.com/2020/06/17/ciao-giulio/
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