Crescenzio a casa sua
Alcuni quadri di Crescenzio Cane
Francesco Virga ci ha, mi ha stimolato al ricordo del
poeta e pittore Crescenzio Cane, del quale è impegno mio, e di chi vuole
partecipare, alla stesura di una memoria che sia duratura e valore di un artista autentico e coerente
fino alla fine. (nlb)
CRESCENZIO CANE
O
DELLA NOSTRA UMANA DIGNITA’
Nicola Lo Bianco
“Se senti due pietre muoversi
è il cuore di Palermo
che respira aria di rabbia.
Se ti parlo di rivoluzione
oggi negli occhi si scontrano
tutti i problemi del mondo e
il cuore di Palermo va a pezzi.
(da IL CUORE DI PALERMO,
Coll. r, 1980)
Crescenzio Cane, l’amico, il poeta, il pittore, il
combattente, lo scontroso, il diffidente, il polemico, l’ arrabbiato
Crescenzio, l’autore della “sicilitudine”, ma anche l’ “ingenuo” Crescenzio,
non è più tra noi:è morto il 13 dicembre 2012, in polemica pure con la morte.
Era nato a Palermo il 25 settembre 1930.
Resta che la poesia, la pittura, gli
scritti in prosa di Crescenzio Cane sono un frammento vivo della storia di
questa città e della Sicilia, e, attraverso di essa ed esemplarmente, del Sud
nostro e altrui: dovunque c’è un Sud nel mondo questa storia gli appartiene.
La storia non Ufficiale, si capisce,
omissiva e bugiarda, ma quella della periferia, poco visibile ed oggi più che
mai oscurata, la storia degli emarginati e degli oppressi, quella dei poveri di
fronte alla storia dei ricchi, quella di chi in definitiva la subisce la storia
e alla fine ne paga il conto totale.
A partire dal dopoguerra la vicenda umana
e poetica di questo nostro scrittore e pittore s’intrinseca con i grandi eventi
che mutano la fisionomia del paese: la fame e la miseria, l’emigrazione, le
grandi lotte popolari degli anni ’60 e ’70, la “mutazione antropologica”,
l’indecenza degli anni ’80, la depravazione economica politica ed intellettuale
degli ultimi venti anni.
I titoli delle sue principali
pubblicazioni possono dare un’idea del percorso letterario, radicato in una
precisa realtà e coerente alle scelte esistenziali dell’uomo: dal
racconto-saggio “La sicilitudine” (’59) (termine coniato dal Nostro e non da
Sciascia come erroneamente si crede e si scrive) a “La radice del Sud” (’60),
dai “Papiri” (’65) a “Edicola concreta” (’68); e poi “La freccia contro il
carrarmato” (’71), “La bomba proletaria” (’74), “Il cuore di Palermo” (’80),
“Lettera alla Libertà” (’85), “La memoria collettiva” (’87), i racconti de “La
strada di casa”, le poesie de “I miei ultimi settantanni” …
Coerenza e fermezza ideologica ( ideologia
come trama di pensiero e punto di vista sociale, non come bieco ideologismo,
per favore) che nel tempo probabilmente gli hanno nociuto.
Crescenzio era ed ha vissuto da
proletario, aveva cinque figli, un modesto stipendio, viveva in una casa
popolare a Borgonuovo Sud.
E’ stato, dal punto di vista delle scelte
culturali, un autodidatta, lontano e alieno da fisime e combriccole letterarie,
non faceva professione di letterato.
Per volontà sua propria, o per diffidenza
dell’ambiente culturale, o per incompatibilità con il clima politico in atto,
non so, da alcuni anni Crescenzio si era isolato.
Eppure la sua poesia e la sua pittura sono
state accompagnate da contributi critici di notevole spessore: Barberi
Squarotti, Davico Bonino, Zavattini, Sciascia, Anceschi, Buttitta, La Duca,
Manescalchi, ecc. …
Per tutti valga la sintesi critica che
trovo in un giudizio di G.Zagarrio:
<…la
poesia di Crescenzio Cane si impone per la sua capacità di tradurre il dramma
esistenziale e storico che stiamo vivendo.>.
L’ho scritto altre volte ed in contrasto
con alcune interpretazioni, a mio parere, parziali e riduttive: non è l’“ideologia”
a promuovere la scrittura di Crescenzio, ma la tensione alla liberazione, al
riscatto personale e sociale.
E’ la pienezza e la dignità dell’uomo,
quando e dovunque venga calpestata, ad accendere l’irrefrenabile impulso a
tradurre poeticamente la rivolta dei sentimenti e il suo tormentato pensare.
Un modo forse per esorcizzare, per trovare
un centro di gravità nel disordine di questo mondo, in ogni caso scrivere per
Crescenzio non è un composè di parole fiorite, ma un’emergenza esistenziale e
stilistica: <Chi scrive deve andare
avanti, fermarsi induce solo a sottoscrivere silenzio e paura>.
(“Viaggio intorno ai miei scritti”)
L’“impresa” del sapere si fa cosciente e
determinata, scrivere <voleva
significare una riflessione che facevo con me stesso per arrivare ad una più
chiara presa di coscienza del mio operato>.
Ma è anche un cruccio <scrivere senza la minima speranza che il mio
scrivere sarebbe servito a qualcosa>.Un “cruccio” che è poi la forza
esplodente della sua poesia
Nel poeta Crescenzio Cane non c’è alcuna
intenzione di formalizzare la vita, non c’è il perseguimento del “quoziente
estetico”.
Egli vorrebbe anzi negarsi alla scrittura
perché sa, appunto, che “non serve”; ma non può, pena il rinnegamento di se
stesso e della classe sociale cui corporalmente appartiene.
Ciò che lo arrovella sta prima e dopo la
parola scritta: il concreto della vita che è “emergenza” e perciò la scrittura
non può che essere anch’essa “emergenza”.Assistiamo così al fascinoso paradosso
di un linguaggio che si pone al limite tra il silenzio dell’oblio e la
dirompenza dell’azione.
Tra il “silenzio” e l’“azione” rimane
sospesa e inappagata l’aspirazione a un mondo liberato dall’ingiustizia e dalla
protervia.
NICOLA LO BIANCO
Grazie Nicola per questo tuo ricordo poetico; sono stato stato 1 volta con Scaldati a casa di Crescenzio,ho visto le sue pitture e l'ho sentito parlare;sono rimasto colpito dalla profondità delle sue parole sincere, apparentemente semplici e nello stesso tempo vibranti.Un Poeta scomodo quando si poteva ancora essere poeti.
RispondiEliminanon so chi sei, ma vedo che hai conosciuto Crescenzio di presenta e in compagnia di un altro grande poeta del teatro, anch'egli mio fraterno amico e talora collaboratore. Chi xsei?
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